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mar
Un figlio su quel pullman
Stavano tornando da una vacanza sulla neve, da una delle settimane più belle della loro vita. Desiderata, supplicata, conquistata, alla fine erano riusciti a esserci e ne era valsa la pena. Quando i figli sono piccoli siamo noi a spingerli verso l’esterno. Loro ci vogliono vicini, sono abituati a fare tutto con noi, a essere accompagnati, scortati.
“J. (9 anni) a catechismo adesso vai da solo”.
“No mamma, ti prego, accompagnami. E se incontro un bullo?”
“Vai tranquillo, devi solo fare poca strada (abitiamo a 400 metri dall’oratorio) e a quest’ora c’è un sacco di gente, ce la puoi fare!”
“Ti prego! Vieni con me”.
“No. Devi andare e tornare da solo. Stai molto attento ad attraversare”.
La stessa cosa abbiamo detto ad A. E così per la palestra o la cartoleria in piazza. Abitiamo in una piccola cittadina, il traffico è modesto, ci si conosce un po’ tutti. Possiamo osare. Nessuno dei nostri figli ha un cellulare e quindi non abbiamo modo di verificare che siano arrivati a destinazione, dobbiamo credere che tutto sia andato per il meglio e aspettare il loro rientro. Le prime volte ero agitata. Li ho anche seguiti da lontano per verificare che se la cavassero. Mio marito mi ha aiutato a placare le ansie, a lasciarli andare. Tra qualche anno saranno loro a voler andare da soli, useremo tutte le nostre forze per moderare i loro slanci. Ci chiederanno di uscire, di andare in vacanza con un amico, di stare fuori la sera. Noi li sosteniamo perché imparino a stare lontano dai pericoli e a comportarsi bene.. Li ammiriamo nel vederli crescere, gioiamo quando tornano felici da una trasferta con la squadra di calcio. I figli, nelle loro sperimentazioni, rimettono in discussione quello che hanno appreso in famiglia per costruire una nuova sintesi… molte volte anche migliore di quella che noi abbiamo provato a impostare per loro.
I figli nascono per viaggiare e i genitori per attenderli. Non ci sono parole per raccontare il dolore dei genitori all’obitorio di Sion. Chi gli è prossimo avrà modo di fare sentire tutta la solidarietà che in questi momenti non è mai abbastanza. Tutti noi che assistiamo da lontano alle immagini del loro dolore possiamo solo essere prossimi nella preghiera per chi crede. Una cosa concreta però la possiamo fare tutti. Possiamo continuare a lasciare i nostri figli liberi di andare. È quasi tempo di gite e di decidere le vacanze estive. Tutti noi ci sentiamo interpellati pensando ai viaggi che anche i nostri figli faranno in pullman, alle gallerie che dovranno attraversare, ai pericoli nascosti ovunque. Eppure il valore di una settimana bianca ben vissuta con amici e insegnanti è troppo grande e importante. Lo è per tutti quelli che torneranno a casa felici di riabbracciare i loro genitori. Ma lo è anche per chi a dodici anni è morto in un incidente. Spero con tutto il cuore che nessun genitore prenda su di sé oltre il dolore per la perdita del figlio, il rimpianto o il senso di colpa per aver messo il proprio bambino su quel pullman. Gli effetti di chi trattiene per paura i figli sono meno evidenti, forse oggi si vedono solo i vantaggi, ma se si guarda la vita dall’alto si scopre la verità. Un genitore che non lascia sperimentare ai figli le gioie di una gita, di una vacanza, di un’esperienza di gruppo fa un grave danno al proprio bambino. Genera una morte con la “m” minuscola che si alimenta di piccole rinunce fino a diventare potente e distruttiva.
Quei genitori che oggi piangono un dolore infinito, resteranno per sempre nel mio cuore quando dovrò scegliere per il bene dei miei figli. Li penserò quando li lascerò andare verso qualcosa di buono, nonostante i rischi che questo comporta. E che i genitori siano uniti nel sostenere le esplorazioni che fanno bene ai figli. Che nessuno dica mai: “Te l’avevo detto di non mandarlo!”
Pubblicato il 16 marzo 2012 - Commenti (3)