Don Sciortino

di Col. Mario Giuliacci

Mario Giuliacci è un meteorologo, personaggio televisivo e colonnello italiano. E' laureato all'Università La Sapienza di Roma. E' autore di diversi libri sulla meteorologia. Attualmente cura su LA7 la rubrica del meteo per il fine settimana.

 
18
mag

Furiosi incendi in Canada

Hai visto mai


Negli ultimi mesi le regioni interne del Canada Occidentale, in particolare Alberta, Saskatchewan e Manitoba Meridionale, hanno dovuto affrontare un grave periodo di siccità che ha inaridito il terreno e messo a dura prova le attività agricole. Ma cosa ancor peggiore, nei primi giorni di questa settimana intensi e secchi venti, con la complicità del terreno povero di umidità e della vegetazione assai asciutta, hanno favorito in tutta la regione lo sviluppo di numerosi devastanti incendi, le cui enormi nuvole di fumo sono diventate visibili anche dallo spazio. 
Nell’immagine, scattata dagli strumenti a bordo del satellite Terra della NASA, si possono difatti distinguere le nubi di cenere e fumo che si estendono dalle regioni centrali di Alberta e Saskatchewan fino ai Territori di Nordovest, oscurando il cielo su fette di suolo canadese lunghe centinaia di chilometri.

Lunedì 16 maggio, giorno in cui è stata scattata l’immagine, il Governo dell’Alberta ha comunicato che sul territorio dello stato stavano divampando ben 116 incendi, di cui 34 fuori controllo. Già il giorno successivo il numero degli incendi è sceso a 100, di cui “solo” 22 fuori controllo, ma la gravità della situazione ha comunque spinto alcune compagnie petrolifere che trivellano nella regione e diverse aziende di trasporto a sospendere l’attività, mentre le autorità dello stato di British Columbia hanno preso la decisione di inviare ben 330 vigili del fuoco per dar man forte ai colleghi dell’Alberta. Attualmente la situazione, benché in generale sotto controllo, rimane ad alto rischio incendi.

Pubblicato il 18 maggio 2011 - Commenti (0)
18
mag

Clima primaverile e pressione sanguigna

La primavera, si sa, è la stagione più capricciosa, mutevole e imprevedibile. Ma l’incessante altalena, da un giorno all’altro, della temperatura, dell’umidità e della pressione dell’aria – tipica appunto della stagione - si ripercuote anche sulla nostra pressione sanguigna la quale in genere diviene mutevole e instabile come il tempo.
Quando il barometro cala bruscamente oppure quando fa caldo, la pressione sanguigna tende a scendere al di sotto dei normali valori e questo è il motivo per cui, in tali situazioni, ci si può sentire stanchi e svogliati. Se il giorno dopo il barometro è in rapida salita oppure fa freddo, potete essere certi che la vostra pressione tenderà a portarsi al di sopra dei valori normali, una situazione non certo ideale per gli ipertesi e che è fonte spesso di fastidiosi mal di testa, perché l’organismo non fa in tempo ad adeguare la propria risposta a mutamenti così rapidi della pressione atmosferica.

Il balzo all’insù della pressione sanguigna è in genere tanto accentuato quanto più si abbassa la temperatura rispetto al giorno prima.
Ma la pressione può subire sbalzi anche nel corso della medesima giornata perché in primavera non sono infrequenti le situazioni in cui fa caldo nel tardo mattino e nelle ore centrali del giorno mentre nel tardo pomeriggio la temperatura si abbassa bruscamente per l’arrivo di qualche acquazzone.
Comunque, finché dura la variabilità primaverile, i medici raccomandano agli ipertesi di non cambiare la quantità prescritta di farmaci, perché, per rincorrere gli umori del tempo, sarebbe necessario correggere la dose di giorno in giorno, una cosa ovviamente irrealizzabile. Solo verso la fine di maggio, quando il caldo diviene sempre più frequente e durevole, può diventare consigliabile, in alcuni casi, ridurre le dosi, specie se ci si sente molto affaticati nelle gambe.

Pubblicato il 18 maggio 2011 - Commenti (0)
17
mag

Gli albori della meteorologia sinottica

Diventa meteorologo

Nel Rinascimento vengono inventati i primi strumenti meteo: l’anemometro e l’igrometro (Leonardo), il pluviometro (Castelli), il termometro (Galilei), il barometro (Torricelli) e nel 1650 Ferdinando II, Duca di Toscana, fa realizzare la prima rete di osservazione del tempo.
Però solo agli inizi dell’800 si fa strada la convinzione che il tempo dipenda dallo spostamento di perturbazioni di qualche migliaio di km e si intuisce che per la comprensione dei fenomeni meteo occorra la rappresentazione sinottica delle osservazioni su un’area più vasta possibile. Erano questi gli albori della meteorologia sinottica, che segnerà profondamente la scienza del tempo fino ai giorni nostri.

Agli inizi del 1800 le prime mappe meteo, tracciate sulla base di osservazioni raccolte per posta, fanno intuire la stretta relazione tra vento e pressione, formulata poi da Buys-Ballot. Bisogna tuttavia attendere l’invenzione del telegrafo (1835) perché l’analisi sinottica del tempo possa essere eseguita in tempo reale.

Ma fu un tragico evento a far nascere la prima rete sinottica: nel 1854 una tempesta sul Mar Nero, durante la guerra di Crimea, distrusse la flotta anglo-francese impegnata contro la Russia. Un’’indagine arrivò alla conclusione che la catastrofe si sarebbe potuta evitare mediante una rete di osservazioni sinottiche che avrebbe consentito di prevedere l’arrivo della tempesta. Nacquero così i primi servizi meteo in Inghilterra (1861), Francia (1863) e Italia (1866).

Dall’analisi di routine delle mappe si scoprì che il maltempo è sempre accompagnato da estesi centri di bassa pressione (cicloni mobili). L’evidente correlazione tra tempo e cicloni mobili fece ritenere che per la previsione del tempo bastasse determinare la posizione futura del ciclone, estrapolandone lo spostamento sulla base di più mappe cronologicamente ordinate, Ma il metodo non portò i risultati sperati e i primi insuccessi gettarono molta acqua sui primi entusiasmi, tanto che agli inizi del 1900 tali mappe erano ormai finite nel dimenticatoio.

Pubblicato il 17 maggio 2011 - Commenti (0)
16
mag

Sole: sorge e tramonta prima a Roma o Milano?

Un paesaggio al tramonto
Un paesaggio al tramonto

Curiosando

L’ora di levata e di tramonto del sole dipende ovviamente soprattutto dal meridiano del luogo (la cui posizione, come noto, è espressa mediante la longitudine ) perché nelle località più ad est il sole sorge e tramonta ovviamente prima di quelle ad ovest e questo nella misura di circa 4 minuti per ogni grado di differenza in longitudine.
Siccome Milano ha longitudine 9° est e Roma longitudine 12° est (ossia Roma è 3° più ad est di Milano), questa significa che a Roma il sole dovrebbe sorgere e tramontare, durante tutto l’anno, 12 minuti prima che a Milano.

Ma questo sarebbe rigorosamente vero se le due città fossero anche alla stessa latitudine (ovvero sullo stesso parallelo), cosa che non è. In realtà questo anticipo di Roma su Milano è variabile nel corso dell’anno perché, il sole, nel suo moto apparente, in estate si porta, nel nostro emisfero, verso più alte latitudini cosicché nelle località a nord di Roma (in estate più illuminate) si riduce, rispetto alla Capitale, il ritardo nella levata ma nello stesso tempo, aumenta il ritardo nel tramonto.
Viceversa, in inverno il sole si porta a sud dell’equatore e pertanto nelle località più settentrionali del nostro emisfero, a parità di meridiano, il sole sorge dopo e tramonta prima che nelle località più meridionali. Pertanto in autunno-inverno a Milano il sole aumenta il ritardo nella levata rispetto a Roma mentre si riduce, fino ad annullarsi, il ritardo, sempre rispetto a Roma, con cui il sole tramonta a Milano.

Pubblicato il 16 maggio 2011 - Commenti (0)
12
mag

Tempesta di Sabbia in Africa Occidentale

HAI VISTO MAI

Tra domenica 8 e lunedì 9 di questo mese una gigantesca tempesta di sabbia ha oscurato i cieli di una vasta regione dell’Africa Occidentale. L’enorme nuvola di sabbia, allungata da est a ovest per almeno 1100 chilometri, è stata fotografata anche dal satellite Terra della NASA: nell’immagine, scattata domenica 8, si riconosce una spessa nuvola di sabbia che si estende nel verso dei paralleli lungo l’Africa Occidentale, passando attraverso Mauritania, Mali e Burkina Faso. In particolare su Mali Meridionale e Burkina Faso è chiaramente riconoscibile il bordo meridionale, ondulato, dell’enorme nube di polvere e sabbia, mentre il limite settentrionale della tempesta si confonde con le regioni occupate dalle dune sabbiose del Sahara, che dall’alto appaiono più o meno dello stesso colore.

Ed in effetti proprio il Deserto del Sahara rappresenta un enorme serbatoio da cui, soprattutto fra tarda primavera ed estate, si generano colossali tempeste di sabbia. In questo periodo dell’anno difatti le dune del deserto sono così arroventate dal sole che l’aria vicino al terreno, come in un pentolone d’acqua sui fornelli, tende a ribollire e a salire verso l’alto all’interno dell’atmosfera: in tali condizioni aumentano considerevolmente le probabilità che anche una debole ventilazione possa trasportare nell’aria i granelli che si trovano sul terreno, e se poi il vento diviene intenso lo strato di sabbia e polvere che si trasferisce nell’atmosfera può essere così spesso da oscurare completamente il cielo.

Pubblicato il 12 maggio 2011 - Commenti (0)
11
mag

La primavera, stagione dell’amore

CLIMA E SALUTE



La maggiore luminosità e il maggiore tepore della primavera provocano anche un’iperattività in tutte le nostre funzioni vitali e una maggiore produzione di ormoni, come quelli che regolano la riproduzione. Ecco perché nell’uomo, così come negli animali, in primavera esplode la libido. Ma uomo e donna rihanno reazioni diverse. L’uomo raggiunge il top del desiderio nelle giornate primaverili un po’ più fredde e, di solito, di primo pomeriggio.

Per la donna il momento sessualmente più stimolante cade quando inizia il tramonto e nelle giornate primaverili un po’ calde. Tuttavia le stagioni influenzano non solo il desiderio ma anche la fecondazione perché la concentrazione di spermatozoi segue un preciso andamento stagionale: bassa in estate fino a raggiungere il minimo in settembre (-20 % rispetto alla media ); più elevata in autunno inoltrato e in inverno, con massimi valori a fine novembre e in febbraio ( + 10% ).

Pubblicato il 11 maggio 2011 - Commenti (0)
10
mag

Dai Greci al medioevo impera l’astrologia

DIVENTA METEOROLOGO


Con le prime grandi civiltà orientali l’osservazione del cielo e degli astri diviene quasi un culto. E così non sfugge la correlazione tra la ricorrenza dei cicli celesti e le variazioni stagionali, tanto che negli astrologi dell’epoca matura la convinzione che le alterne vicende atmosferiche dipendano solo dal moto delle stelle e dei pianeti e, in particolar modo, dal Sole e dalla Luna. Tale interpretazione astrologica del tempo resisterà tenacemente per millenni fino al Rinascimento.

La più antica testimonianza sui primi tentativi di prevedere il tempo giunge dalle civiltà mesopotamiche e ancor più dalla civiltà ebraica della cui meteorologia empirica si trovano frequenti riferimenti nelle Sacre Scritture. Con la civiltà greca, accanto all’interpretazione astrologica dei fenomeni atmosferici, si afferma gradualmente un atteggiamento più razionale, fondato sull’esperienza delle osservazioni.
Questo nuovo tipo di approccio è documentato da numerosi passi di Omero, da Le opere e i giorni di Esiodo, dal Libro dei sogni di Teofrasto, da I fenomeni di Arato e dall’Almagesto di Tolomeo. Ma la testimonianza più importante è senza dubbio la Meteorologica di Aristotele. I principi esposti nell’opera, a parte alcune corrette intuizioni, hanno in genere scarso fondamento scientifico; tuttavia hanno costituito la base indiscussa delle conoscenze atmosferiche per quasi 2000 anni.
L’interesse per i fenomeni del tempo si ritrova anche nella civiltà romana, come documentato da Seneca e da Plinio, senza però nulla aggiungere a quanto i Greci credevano di sapere. Nel Medioevo, impera incontrastata l’astrologia e la meteorologia subisce una profonda involuzione poiché, complice l’influenza della civiltà araba, si rafforza la credenza nell’influsso degli astri sul tempo, di cui oggi troviamo ancora traccia negli almanacchi popolari. Tra il ’400 e il ’500, trovano successo opuscoli sui quali venivano pubblicate previsioni del tempo per tutto l’anno, elaborate alla luce delle classiche regole dell’astrologia. (fine prima parte…)

Pubblicato il 10 maggio 2011 - Commenti (0)
09
mag

I terremoti cambiano il clima?

Una drammatica immagine scattata dopo il terremoto di marzo in giappone.
Una drammatica immagine scattata dopo il terremoto di marzo in giappone.

IL terremoto in Cile nel marzo 2010, quello del Giappone del marzo 2011 e lo tsunami in Indonesia nel 2004, provocarono uno spostamento dell’asse di rotazione terrestre di qualche metro.  Siccome  un modifica dell’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita della terra intorno al sole, modifica anche  l’inclinazione dei raggi solari in arrivo  sulla Terra  ne consegue che potrebbe avere ripercussioni sul clima del pianeta.

     In realtà 6 metri di spostamento non sono  tali da poter provocare un  minimo effetto sul clima. Ve lo dimostriamo con il seguente esempio. L’asse di rotazione della terra ha una periodica oscillazione di 23.000 anni lungo una traiettoria circolare (come una trottola, che oltre a ruotare intorno al proprio asse,  “barcolli”). Il fenomeno,  noto come “precessione degli equinozi”,  fa sì che l’asse di rotazione terrestre  si sposti  di circa 3 km rispetto alla posizione occupata un anno prima. Ma nonostante ciò  gli effetti cumulativi  della precessione sul clima si avvertiranno non prima  di qualche migliaio di anni. Figuriamoci  allora se il clima può essere influenzato da  di una modifica di inclinazione  di 6 appena metri.

Pubblicato il 09 maggio 2011 - Commenti (0)
05
mag

I tornado negli USA


I tornado sono gigantesche e violentissime trombe d’aria che in primavera si formano con una certa frequenza nelle Grandi Pianure americane. La scorsa settimana però è stato battuto un vero e proprio record, che ha costretto addirittura il presidente americano Obama a inviare aiuti federali nello stato dell’Alabama. Tra il 27 e il 28 aprile nell’arco di appena 24 ore, si è difatti formato un numero impressionante di tornado, ben 312, che hanno devastato le regioni sud-orientali degli Stati Uniti, causando nel complesso circa 340 vittime: mai a memoria d’uomo si erano visti così tanti tornado nell’arco di appena 24 ore! E tra i più violenti c’è sicuramente quello che ha colpito Tuscaloosa, in Alabama: largo quasi tre chilometri, accompagnato da venti che soffiavano a oltre 250 chilometri orari, nell’attraversare la cittadina questo tornado ha trascinato via con sé automobili, piante e abitazioni, uccidendo 32 persone e ferendone altre 600. All’inizio di questa settimana velivoli della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia americana che si occupa di studiare oceani e atmosfera), per verificare i danni prodotti, hanno scattato foto aeree di Tuscaloosa, confrontate poi con quelle nell’archivio di Google Earth. La potenza distruttiva del tornado che ha attraversato questa località appare allora evidente: piante e abitazioni che caratterizzavano il paesaggio (foto in alto, fonte Google) prima del passaggio del tornado sono in gran parte scomparse (foto in basso, fonte NOAA), spazzate via dalla furia degli agenti atmosferici, quasi avessero subito un vero e proprio bombardamento.

In questo inizio di 2011, come confermato dal Servizio Meteorologico Nazionale degli Stati Uniti, sul suolo americano si è contato un numero insolitamente alto di tornado: dall’inizio dell’anno sono già circa 800, di cui oltre 300 proprio nell’ultima settimana di aprile! Ogni anno negli Stati uniti si contano 1000-1200 tornado: un numero che è andato notevolmente aumentando negli ultimi decenni, come confermato dal fatto che nell’immediato Dopoguerra si osservavano solo 300-400 tornado all’anno.

Pubblicato il 05 maggio 2011 - Commenti (0)
04
mag

Quella luce di primavera che ci stanca

Con la primavera le giornate si allungano, la luce diviene più intensa, i colori più brillanti. Gli occhi percepiscono ovviamente questa differenza cromatica rispetto agli sbiaditi e incolori raggi solari dell’inverno. Le informazioni luminose sono convogliate sulla retina e, da qui, in parte verso la corteccia visiva attraverso i nervi ottici e, in parte, verso la parte più profonda del cervello ove un nucleo ad hoc  di cellule “quarzate”, misura, giorno dopo giorno, la lunghezza della giornata solare sulla base della numero di ore con luce o con buio.

     E’ in questo modo che il cervello, ad inizio primavera, viene avvertito che l’ambiente atmosferico sta cambiando  e che è giunto il momento di sintonizzare le funzioni vitali del corpo  con l’allungamento progressivo del giorno e con il corrispondente accorciamento della notte.  Ma non tutti riescono a stare al passo con gli incalzanti ritmi imposti  all’organismo dal rapido aumento, giorno dopo giorno, del numero di ore con luce ed ecco allora quel senso di spossatezza e di stanchezza muscolare e quei faticosi risvegli al mattino che la saggezza popolare ha sintetizzato nel famoso proverbio: “Aprile, dolce dormire!”.

Pubblicato il 04 maggio 2011 - Commenti (0)
03
mag

Impariamo a prevedere

Un'antico barometro.
Un'antico barometro.

Chi  non ha provato emozione e stupore di fronte  a un  temporale,  un arcobaleno , una nevicata , una ovattata giornata nebbiosa! E non c’è da meravigliarsi, visto che i più affascinanti fenomeni naturali sono proprio quelli atmosferici. Ecco perché, d’altronde, non c’è poeta che sia rimasto indifferente al  loro fascino.

     Ma sono moltissimi anche coloro che, al di là del loro contenuto poetico, si interrogano anche sul  perché dei fenomeni atmosferici.  E tra i curiosi dell’atmosfera sono molti gli appassionati  che scrutano in modo scientifico il cielo onde riuscire, addirittura, a cogliere tutti quei sintomi  precursori di un imminente mutamento del tempo locale. Questo atteggiamento, del resto, è lo stesso tenuto da sempre  dal contadino allo scopo di meglio proteggere dalle avversità atmosferiche il raccolto dei campi.

     Ma per prevedere l’evoluzione del tempo oggigiorno i meteofili possono contare  non solo, come ha fatto per secoli il contadino, sulle “osservazioni a vista” del cielo, ma anche su una serie di strumenti, ormai accessibili a  tutti, come l’anemometro,  il barometro, l’igrometro e il termometro.  E così, attraverso i dati di vento, pressione, umidità e temperatura dell’aria misurati, istante per istante, da tali strumenti, non solo potrete meglio comprendere i fenomeni meteo ma riuscirete anche ad azzardare previsioni locali fino a  6-12 ore.

     Insomma con questi strumenti potrete improvvisarvi meteorologi, seppure…in erba.   Noi comunque in questo corso di “meteorologia on line” vi aiuteremo  non solo a comprendere meglio i fenomeni osservati a vista e con gli strumenti, ma vi sveleremo, appunto, anche… i trucchi per fare una buona previsione locale sulla base delle misure della vostra stazione meteorologica o  di quella a voi più vicina o sulla base  di altri dati reperibili su Internet, come quelli relativi ai radiosondaggi in quota, ai satelliti e radar meteorologici e alle mappe previste di pressione, temperatura, umidità e vento.

Pubblicato il 03 maggio 2011 - Commenti (0)
02
mag

Perché le nuvole… non cadono

Il vapore liberato da oceani, mari, laghi, fiumi e vegetazione viene trasportato verso l’alto dalle correnti aeree ascendenti di varia natura: moti convettivi al di sopra delle superfici più soleggiate, sollevamento forzato sul lato sopravvento agli ostacoli orografici, sollevamento al passaggio di un fronte freddo e o di un fronte caldo, risucchio dell’aria verso l’alto là dove sta passando la bassa pressione di una perturbazione atlantica o nord africana.

     Nell’ascesa verso pressioni via via minori, l’aria si raffredda, per espansione, di 1° C circa ogni 100 metri, fino a raggiungere, prima o poi, la saturazione. A questo punto sarebbe naturale attendersi che, qualora l'ascesa prosegua, l’ulteriore raffreddamento determini la condensazione del vapore acqueo ovvero l’unione delle molecole di vapore eccedente, generando in tal modo goccioline di nube (droplet). Ma come fa la nube a restare sospesa nel cielo? Insomma perché, seppure in modo lento, il peso delle sue goccioline (diametri intorno a 10-50 millesimi di millimetro e concentrazioni di 300-600 milioni per m3)  non la fa cadere verso il suolo?

     Ebbene, in realtà le microscopiche droplets galleggiano nell’aria perché sostenute dalle stesse correnti ascendenti che hanno portato alla formazione della nube stessa.

Pubblicato il 02 maggio 2011 - Commenti (0)


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