08
giu

Non dire "no" se non lo mantieni

Sono in fila al banco del pesce al supermercato. Non so bene ancora cosa comprare, osservo l’esposizione mentre attendo che servano i numeri prima di me.
“Etciù!” un bambino tra i 3 e i 4 anni si è posizionato sul gradino del bancone dove poggiano i vetri di protezione.
“Edoardo (nome di fantasia), scendi subito, non si starnutisce lì vicino al pesce”.
“Etciù!” al raffreddor non si comanda.
“Mi hai sentito? Ti ho detto di scendere!”
“Etciù!” resta piazzato tra la testa del pesce spada e le mazzancolle.
“Non puoi stare lì e starnutire. Lo vedi che qui c’è tutto il pesce che la gente compra? Devi scendere! Devi mettere la mano davanti alla bocca, mi stai ad ascoltare?”
“Etciù!” la risposta… senza mano davanti alla bocca.

La mamma è vistosamente arrabbiata. La prossima a essere servita sarà lei. La dinamica è così interessante che non ho ancora deciso che pesci pigliare.
Prende il bambino per un braccio e lo tira giù dal gradino allontanandolo dal bancone “Devi obbedire! Non puoi starnutire sul pesce! Non è igiene”.
Il bambino a tempo di record è di nuovo sul gradino per un altro sonoro “Etciù!” Dalla sua bocca non esce altro. È molto tranquillo.

“Adesso le prendi! Guarda che mi stai costringendo a usare le mani e non puoi dire che non ti avevo avvisato. Come te lo devo dire che non puoi stare sul gradino perché hai il raffreddore e continui a starnutire?” la mamma parla alle sue spalle.
Lui si sposta di qualche centimetro per raggiungere la zona delle sogliole e degli scorfani e salutarli con un “Etciù!”

“Un chilo di anelli di calamari e un sacchetto di cozze” la mamma risponde al commesso che le chiede cosa ha bisogno “e tu, sappi che sei stato davvero disobbediente!”.
La mamma ritira l’involucro, il bambino fa un bel salto lungo giù dal gradino, dà la mano alla mamma e procedono verso il bancone dei salumi.
Io resto lì, col dubbio di cosa ordinare e una domanda che mi frulla nella testa? “Perché smettiamo di credere che possiamo farci obbedire?”

Ordino al volo e torno a casa con una certezza: piuttosto che dire un "NO" che non so far rispettare meglio stare zitti. Quel bambino sembrava molto tranquillo del copione, giravano una scena già vista molte volte, sapeva che poi la mamma non se la sarebbe presa tanto . Sembrava quasi riuscisse a non sentirla.

E i nostri figli che idea hanno di noi? Se diciamo loro un "NO", da 1 a 10, quanto sapremo farlo rispettare?

Questa credibilità la si costruisce soprattutto quando i figli sono piccoli, tra i 2 e i 4 anni. Non si tratta di essere genitori autoritari o che fanno paura. Si tratta di tenere il timone della barca con mano forte, di placare in fretta un capriccio, di dire pochi NO, ma quei pochi farli rispettare.

Se diciamo a nostro figlio di 4 anni che non può prendere la caramella nell’armadio perché è ora di cena e poi andiamo in un’altra stanza, che cosa farà lui? Quanto il nostro NO è dentro di lui?

Raccontateci come la pensate e che esperienze avete rispetto alla gestione dei NO. Un caro saluto.

Pubblicato il 08 giugno 2013 - Commenti (0)
28
mag

Sostenere la fatica

Jacopo rientra da una caccia di due giorni con gli scout. Quest’anno è entrato nel reparto (12-16 anni). A ogni squadriglia è stata affidata una missione, una prova speciale dove dimostrare le proprie capacità.

“Sono sfinito!” si sfila lo zaino e lo lascia cadere a terra.
Io: “Ciao tesoro. Ben tornato! Allora? È stato bello?”
“Posso non andare a scuola domani?”
Il papà: “Avete camminato molto?”
La mamma: “Vuoi fare un bel bagnetto caldo?”
Lui: “Ho la schiena a pezzi. Abbiamo fatto 20 km a piedi con sto’ zaino pesantissimo. Ho dormito poco perché sono venuti dei ragazzi a farci degli scherzi, bussavano alla porta dell’oratorio, io non capivo chi fossero… ci ho messo un sacco ad addormentarmi. Domani voglio stare a letto.
Io: “Adesso vieni a farti un bel bagno e poi ne parliamo”.
Lui si immerge al volo e poi ricomincia: “Non vi chiedo mai di stare a casa. A scuola faccio sempre il mio dovere” VERO! “se una volta vi chiedo di stare a casa me lo potete concedere!!!!!”.
Io: “In effetti non ce lo chiedi mai. Ma se adesso ti riposi…”
Lui: “Se devo andare a scuola devo fare i compiti senza un attimo di tregua”.
Io: “Ieri ti avevo detto di farli prima di partire per la caccia che poi saresti stato stanco!”
Lui: “È vero, ma adesso è andata così e io non ho la forza di farli”.

Lo guardo, lui il mio bambino è davvero sfatto, ha fatto poche assenze, me lo immagino nel suo lettino che si risveglia dopo le 10, rigenerato e poi un po’ di relax sul divano…
Raggiungo mio marito per parlarne con lui, che mi dice: “Secondo me deve andare a scuola. Gli scout sono un’occasione per vivere avventure speciali, magari stancanti, ma che vale la pena affrontare. Non posso pensare che una due giorni scout distrugga e sfinisca fino a far perdere la scuola. Se domani dovesse esserci una partita dell’Inter stai tranquilla che sarebbe pronto a partire alle 5 del mattino a piedi”.
Rifletto. Riguardo il mio bambini che mi interpella con fare speranzoso e occhio mogio. Guardo mio marito. Lo sento sicuro del suo. “J. domani va a scuola”. Non so che posizione tenere e si vede.

Poi mi affido alle parole di mio marito
, forse anche solo per il tono deciso con cui vengono pronunciate: “Alla riunione per i genitori ci dicevano che gli scout educano i ragazzi alla fatica. Noi dobbiamo aiutarli a sentirsi forti”.

E il verdetto è dato: domani si va a scuola con la possibilità di avere una giustifica per i compiti di matematica
. Lui se ne va in camera arrabbiato, chiude la porta e si mette a fare i compiti di italiano. Sparisce per un’ora. Poi torna ed è un’altra persona.
Ride, è tranquillo, chiacchiera coi suoi fratelli. Chiede di poter fare con loro una partita alla Wii. Li sentiamo ridere insieme, giocare con grinta, non c’è più traccia di stanchezza.

La sera prima di addormentarsi gli massaggio le gambe con un olio tonificante.
Il giorno dopo si fa svegliare senza problemi ed esce in orario di ottimo umore. Torna da scuola sereno, nessun indolenzimento. Mi chiede se può andare a giocare a pallone da un amico.
“Certo tesoro!”

Penso alla ricchezza della genitorialità di coppia
, una mano morbida per coccolare e una mano forte per sostenere, un cuore che sente e una testa che vede oltre. Mi piace pensare che mamma e papà possano essere diversi e complementari. Mi piace ogni tanto sospendere la mia visione dei fatti e accettare con fiducia il punto di vista di mio marito. È successo la prima volta che abbiamo sostenuto i nostri bambini a dormire nel loro lettino.
Succede ogni volta che ci traghetta in tempi rapidi fuori da un capriccio. Mio marito mi ha aiutato a vedere la forza che c’è nei miei figli e che il mio abbraccio stretto non mi avrebbe permesso di scoprire. Mi piace vederlo autorevole e capace di sostenere la fatica di una conquista.

Dopo la fatica di lasciar condurre a lui il gioco, scopro la gioia del traguardo.

Sono orgogliosa del mio piccolo scout che ha dimostrato di essere davvero forte.
E voi cosa ne pensate? Vi capita di essere in disaccordo nella gestione di una scelta educativa o di un permesso da dare o non dare? Quali strategie adottate per trovare un accordo? Quali emozioni sperimentate? Un caro saluto a tutti

Pubblicato il 28 maggio 2013 - Commenti (1)
20
mag

Quali risposte alle domande sulla fede?

J. (12 anni) prima di addormentarsi: “Mamma, ma tutti quelli che hanno creduto nell’Islam, quando muoiono e poi non trovano di là Allah in cui hanno creduto… saranno un po’ arrabbiati?”.
“Non saprei… ma come fanno a venirti certe domande a quest’ora?”
“Cioè, pensa a uno che tutta la vita ha creduto nella reincarnazione e poi non si reincarna… una bella fregatura!”
Penso a quale prete posso disturbare per una consulenza teologica alle ore 23.
Lui continua: “E che delusione per i faraoni che credevano di far sopravvivere l’anima diventando mummie e facendo costruire piramidi!”
“Pensa agli schiavi che dovevano costruirle senza poterle usare per salvare le loro di anime”.
“Appunto! Mi spieghi come facciamo a essere sicuri che solo il nostro Dio è quello giusto e tutti gli altri stanno sbagliando? La mia compagna di classe è musulmana, lei sta sbagliando tutto? Lei non può andare in paradiso?”
“Tutte le grandi religioni invitano l’uomo a lodare Dio e vivere in armonia con i fratelli. Questa è la strada per la salvezza. Madre Teresa di Calcutta diceva:

- C'è un solo Dio, ed è Dio per tutti; è per questo importante che ognuno appaia uguale dinnanzi a Lui. Ho sempre detto che dobbiamo aiutare un indù a diventare un indù migliore, un musulmano a diventare un musulmano migliore ed un cattolico a diventare un cattolico migliore. Crediamo che il nostro lavoro debba essere d'esempio alla gente -“.

Mi ritrovo nelle domande di mio figlio, più volte anch’io mi sono chiesta come la salvezza possa raggiungere tutti i confini della terra, come la testimonianza possa andare a braccetto con la libertà di credo e con il riconoscimento del valore altrui. Se la Verità è una, chi la possiede?

Come educare i nostri figli?

La scuola è un’occasione continua di incontro con altre culture e religioni. L’integrazione e il dialogo lì sono un fatto quotidiano. La conoscenza tra i bambini rende possibile la nascita di legami saldi, le differenze non sono più un problema. L’amicizia facilita l’incontro ed è questa la base anche nei progetti su larga scala. La Comunità di Sant’Egidio che ha tra i suoi obiettivi fondanti l’ecumenismo, parte proprio dalla costruzione di relazioni di stima e fiducia tra le persone.

Il vero male è crescere figli senza speranza. Educare alla fede nel trascendente è regalare a un figlio la voglia di porsi domande e di accogliere la risposta di un Dio che si è Rivelato. Per noi l’Altissimo ha il volto di un Dio che si rivela in un Figlio fatto uomo tramite lo Spirito Santo... cosa sperare di meglio per sentirsi prossimi al cielo?

Vi consiglio due cartoni animati per parlare di fede con i vostri bambini. Il primo è nelle sale nei prossimi giorni e si intitola: Epic e il mondo segreto. (Animazione, Usa 2013, 86 minuti) Una storia di lotta tra il male e il bene dove mondi diversi si possono incontrare solo con gli occhi di chi sa credere nell’invisibile. “Solo perché non hai visto qualcosa non vuol dire che non esista!”

Il secondo è un bellissimo film di qualche anno fa: Ortone e il mondo dei Chi (Animazione, Usa, 2008, 88 minuti). È la sorprendente storia del simpatico elefante Ortone che mentre sta facendo un bagno rilassante in un fiume sente una voce misteriosa provenire da un granello di polvere che fluttua nell’aria. Scoprirà che su quel puntino, adagiato su un trifoglio in fiore, vive la Città di Chi non So, abitata dai microscopici Chi. E lui cosa pensò? Cominciò il suo rovello, c’era per forza qualcuno su quel piccolo granello… so di averti sentito dire qualcosa, lo so, ma dove sei?

Un bellissimo film per la famiglia (consigliato anche ai bambini dai 9 anni in su) è Il sole dentro (di P.Bianchini, Drammatico, Italia, 2012, 100 minuti). Prende spunto da una storia vera: due ragazzi africani scrivono una lettera "Alle loro Eccellenze i membri e responsabili dell'Europa" per descrivere la condizione dei bambini nel loro Paese e chiedere aiuto e decidono di imbarcarsi clandestinamente nel vano carrello di un aereo diretto a Bruxelles per consegnarla personalmente. Il film narra in parallelo la storia di Rocco, un ragazzino senza famiglia e di Thabo bambino prelevato dall’Africa da un’associazione di calcio che poi lo abbandonato alla stazione di servizio dell’autostrada perché non ritenuto abbastanza promettente. Rocco riesce a ritrovare l’amico e insieme decidono di mettersi in viaggio verso il paese di origine di Thabo dove vive la sua famiglia. Una storia piena di spunti per confrontarsi in famiglia e rovesciare molti luoghi comuni.

Che domande vi fanno i vostri figli sulle religioni? Come educate alla fede? In che occasione vi è sembrato di toccare con mano la possibilità che persone con credi diversi possano fare unità? Cosa avete imparato dai vostri figli sul tema di integrazione? Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 20 maggio 2013 - Commenti (1)
08
mag

La sfida del mangiar sano

C’è un giovane nutrizionista, molto simpatico e diciamocelo tra di noi, anche parecchio affascinante, che si aggira un po’ in tutti i media e che dispensa consigli e ricette per un’alimentazione sana e nutriente. L’esperto in questione si chiama Marco Bianchi e sfido chiunque tra voi a non averlo mai visto, letto o sentito di qui o di là negli ultimi due anni.

Ha fatto tv, radio, scritto libri, consulenze per i principali quotidiani. La sua missione? Aiutarci a mangiare meglio e più sano. Le sue regole: usare il cibo non semplicemente come qualcosa che ci alimenta, ma anche come qualcosa che nutre il nostro benessere e la nostra salute. La scienza alla quale fa riferimento il suo lavoro si chiama NUTRACEUTICA che è una contrazione di due parole: nutrizione e farmaceutica. Facendo un po’ di ricerca ho scoperto che il termine è stato inventato coniato dal Dr. Stephen De Felice nel 1989 e fa riferimento alla capacità che alcuni alimenti hanno di produrre effetti benefici e salutari sulla salute umana. Ovvero: il cibo come nutrimento ma anche come medicina, grazie ad alimenti funzionali che sono molto digeribili, ipoallergenici e ricchi di principi attivi naturali di verificata efficacia.

Marco Bianchi ha il merito di aver compilato la lista dei cosiddetti MAGNIFICI 20, ovvero di quelle famiglie di alimenti che non dovrebbero mai mancare nella nostra dieta (e in quella dei nostri figli) per rendere ciò che mangiamo un reale strumento che non solo ci alimenta ma veicola al tempo stesso benessere e aiuta a prevenire le principali cause di malattia di cui è afflitta l’umanità in tutto il mondo

1. Quinoa & Soia
2. I Germogli
3. Le Alghe
4. I Semi Oleosi
5. Olio di Lino e Olio di Oliva
6. Spezie ed Erbe Aromatiche
7. Aglio e Cipolla
8. Cavoli e Famiglia
9. I Verdi
10. Gli Spinaci
11. Il Pomodoro
12. Gli Arancioni
13. I Legumi
14. Il Pesce Azzurro
15. Gli Agrumi
16. I Rossi
17. L’Uva
18. La Frutta Secca
19. Il Malto
20. Il Cioccolato

In un interessantissimo documento che potere scaricare all’indirizzo qui sotto sono sintetizzati i principi generali ai quali orientarsi per organizzare la dieta alimentare della famiglia. Ci sono concetti tanto semplici quanto rivoluzionari. Uno tra tutti è che chi fa una colazione a base di latte zuccherato e biscotti (che non sono mai solo 4 –dose consigliata sulla confezione- ma molti di più) va incontro ad un rapido aumento della glicemia che determina un’iperproduzione di insulina che a sua volta fa abbassare la glicemia, determinando un senso di fame che porta ad introdurre nuovamente zuccheri (merenda di metà mattina) che però fanno immediatamente rialzare la glicemia e quindi l‟insulina, determinando una nuova fase di ipoglicemia (per cui si arriva a pranzo con il buco nello stomaco) e cosi via in un circolo vizioso che alla lunga può portare al sovrappeso e all’obesità.

http://www.istitutotumori.mi.it/istituto/documenti/cittadino/Il_cibo_dell'uomo.pdf

La sfida per le mamme è molto complessa. Io fatico a trovare alternative gradite ai bambini, soprattutto per la colazione, dove il tempo è poco. I magnifici 20 sono alimenti ottimi ma come utilizzarli per preparare piatti gradevoli ai bambini? O mangi la minestra o salti la finestra: quanto questo detto è ancora valido? Raccontateci cosa succede attorno alla vostra tavola, aneddoti, successi e/o fallimenti, ricette, etc….Vi aspetto.

Un ricetta per un dessert buono e sano:

Crema alla pesca e cannella con pinoli e cioccolato (2 porzioni)
1 pesca noce grande, 2 tazze di latte di riso, 1 cucchiaio di zucchero di canna, 30 g di fecola di patate o amido di riso (o di mais), un pizzico di cannella, 2 cucchiaini di farina di mandorle, una manciata di pinoli, un cucchiaio di gocce di cioccolato fondente
Lavare e sbucciare la pesca e frullarla con il latte di riso e lo zucchero di canna. Aggiungere il liquido alla fecola poco a poco mescolando con una frusta. Quando tutti i grumi saranno sciolti, mettere sul fuoco a fiamma moderata e mescolare fino al raggiungimento della densità ottimale. Affinché la crema sia ben cotta e non sappia di farina, dovrà cuocere almeno 4-5 minuti dall’ebollizione.
Aggiungere i pinoli, la farina di mandorle e la cannella, mescolare bene, quindi versarla nei bicchierini. Lasciar raffreddare e conservare in frigo. Prima di servire guarnire con altri pinoli e un po’ di granella di cioccolato fondente. (questa è altre ricette sono presenti sul sito http://www.imagnifici20.it/)

Ecco due interessanti libri scritti da Marco Bianchi per l’alimentazione dei bambini:

Tesoro salviamo i ragazzi, M.Bianchi, Kowalski, 2012

I cibi che aiutano a crescere
, M.Bianchi e L.Titta, Mondadori Electa, 2013

Pubblicato il 08 maggio 2013 - Commenti (1)
30
apr

Suore di oggi: storie per nutrire l'anima

Due libri usciti nelle ultime settimane mi hanno fatto molto riflettere. C’è un filo rosso che li lega: la protagonista in entrambi i casi è una suora.
 
Nel primo libro c’è suora Maria Laura Mainetti, uccisa 13 anni fa da tre ragazze adolescenti residenti a Chiavenna, il paese in cui operava il suo apostolato. Una loro concittadina Silvia Montemurro, da poco laureata e specializzata in criminologia, ha dedicato il suo primo romanzo intitolato L'inferno avrà i tuoi occhi (Newton Compton) proprio a quell’evento. Lo ricostruisce prendendo spunto da alcuni documenti ufficiali utilizzati nel dibattimento giudiziario che ha portato alla condanna delle tre colpevoli, ma anche recuperando appunti dal proprio diario. Lei era lì, era un’adolescente costretta a confrontarsi con un fatto sconvolgente, capitato nel paese in cui viveva. I protagonisti erano persone del suo mondo.

Nel secondo libro autobiografico, dal titolo suggestivo Io ballo con Dio (Mondadori), la protagonista, suor Anna Nobili, racconta la storia della propria conversione. Dopo una vita spesa a fare la cubista in discoteche e la ballerina in programmi televisivi, Suor Anna descrive in modo complesso e profondo il bisogno di trasformazione ed elevazione verso nuovi significati del proprio esistere fino alla decisione di dedicare la propria vita a Dio.
 
Questi due libri non hanno solo in comune il fatto che tutte le vicende raccontate ruotino intorno a donne che hanno vissuto in modo pieno e totale la chiamata di Dio. Entrambi i volumi infatti parlano del processo di crescita degli adolescenti. Le protagoniste dell’efferato romanzo e la stessa adolescenza di Suor Anna sembrano contaminate da un male di vivere e da un vuoto profondo che ha alle spalle un disperato bisogno di amore, affetto ed attenzione sincera.

Si legge nelle pagine di entrambi i libri la fatica nell’attraversare una fase del proprio ciclo di vita in cui tutto sembra dover avvenire nel qui ed ora, in cui l’unico desiderio è essere viste e ammirate, incluse nella vita degli altri senza avere alcuna idea di come e dove condurre la propria.

Io, come genitore, credo che questi libri raccontino la fame di infinito di cui è necessario nutrire il cuore, la mente e la vita dei nostri figli e che può essere soddisfatta solo se noi adulti sappiamo chi siamo. Servono testimoni credibili capaci di alzare lo sguardo, di avere sogni e speranze che vanno al di là del mito del successo, della popolarità, dell’essere ammirati per come si appare e non per come si è. Ecco, leggendo questi due libri, come mamma ho sentito forte il bisogno dei giovanissimi di un mondo di adulti capace di stare al loro fianco con una voglia di amore libero e incondizionato, con un desiderio di accompagnarli senza manipolarli, di sostenerli senza aspettative, se non quella di aiutarli a diventare chi realmente vogliono essere.

Suor Anna nella sua autobiografia racconta di aver avuto bisogno di Dio perché ciò che era diventata non corrispondeva a ciò che lei profondamente sentiva di voler essere.
Vanessa, la protagonista del romanzo della Montemurro, ritorna dopo anni sulla scena del delitto alla quale lei stessa ha contribuito e si interroga su cosa davvero voleva e cosa desiderava nel periodo della vita in cui ha lasciato che il male si servisse di lei e sconvolgesse la vita sua e di tutte le persone implicate in questo tragico evento.

In tutte e due le storie rimane sullo sfondo la bellezza della grazia di Dio
che attraverso le persone ordinate, suore e sacerdoti in primo luogo, regala alle nostre comunità e alla nostra vita un’occasione per educare lo spirito. Come mamma mi interrogo sulla mia capacità di far vedere e apprezzare ai miei figli il dono magnifico che i preti e le suore della nostra parrocchia sono per ciascuno di noi.

E voi avete mai parlato con i vostri figli del grande dono che le persone ordinate (suore, preti, diaconi, etc.) sono per le nostre comunità? Vi è capitato con i vostri bambini di pensare a piccoli o grandi gesti di attenzione da dedicare loro (es. un invito a cena, un biglietto d’auguri, il dono di un dolce, etc.)? Avete qualche ricordo particolarmente caro, nel vostro percorso di crescita, per cui dire grazie a un prete o una suora? Se avete voglia, condividetelo con noi. Un caro saluto.

Per chi ha figli adolescenti, vi consiglio di proporre a loro la lettura di questi due volumi. Nella loro unicità e particolarità hanno molto da insegnare. E se li leggete anche voi, potreste discuterne insieme.

Pubblicato il 30 aprile 2013 - Commenti (0)
16
apr

I nonni: un dono da custodire

È il compleanno di mia suocera.
Caterina (4 anni): “Quanti anni compie la nonna?
“Ottantadue”.
C.: “Tanti! Allora è davvero grande!”
“È già, però lo vedi come è in forma? Adesso andiamo a casa e vediamo cosa hanno organizzato i tuoi fratelli per farle festa”. Li ho lasciati con la cugina e un grande cartellone da decorare per gli auguri.
C.: “Mangiamo la torta?”
Io: “Ho comprato i pasticcini, alla nonna piacciono molto”.
C.: “Buoni!”
Io: “Però mettiamo lo stesso le candeline”.
C.: Bello, ne mettiamo ottantadue?”
Io: “Credo non ci siano abbastanza pasticcini”.
C.: “Allora ne mettiamo tre”.
“Direi che così si può fare”.

A volte sono troppo di corsa per aiutare i miei figli ad avere piccoli o grandi gesti di attenzione nei confronti dei nonni. Chiamarli quando c’è un problema o un bisogno è spontaneo. Se mi si rompe la lavatrice mio papà è la prima persona che mi viene in mente. Lui sa aggiustare sempre tutto o almeno non si stanca di provarci. Se devo uscire al volo per una riunione chiamo mia mamma per chiederle di venire qui coi bambini. Magari mi dice che non può, ma io ci provo comunque.

Quando i nonni rivendicano il diritto di essere irreperibili ci resto male
, mi sembra quasi di subire un torto perché un figlio ha il diritto di essere aiutato dai genitori, lo dice la natura delle cose. Oppure no? Il confine tra chi aiuta chi è molto sottile e muta col passare degli anni.

I genitori che invecchiano sono diversi da quelli che conoscevamo
e i nipoti sono una splendida occasione per provare a rigiocare parti di sé magari inesplorate. Mi piace vedere i miei genitori con gli occhi dei miei figli, abbandonare i miei occhiali e aprirmi a nuove visioni. A volte non è facile perché magari abbiamo ancora qualche ferita da medicare. Un papà che non ha mai giocato con noi può diventare un nonno che insegna a un nipote a tirare la carta con gli elastici. Una nonna che ha sempre detestato gli impegni fissi può farsi convincere dai nipoti ad organizzare sempre la cena del martedì dai nonni. Piccoli miracoli di cambiamento che magari abbiamo rincorso per tutta una vita. Il legame tra nipoti e nonni è un’occasione per tutti per scrivere un’altra storia.

A noi genitori il compito di educare i figli alla cura degli affetti. Una telefonata prima di andare a letto ai nonni è un gesto da imparare. Ci sono sassolini nella scarpa che ci disturbano, che ci tengono in trappola e non ci fanno andare avanti. Vorremmo risarcirci di torti subiti e la tentazione di farci mettere in scacco da essi è forte. Il riscatto però passa solo dal perdono, la vera libertà che ci fa dire col cuore ai nostri figli: “Chiama i nonni e invitali a cena, dobbiamo fare festa!”.

E voi cosa ne pensate? Vi sentite nonni amati o trascurati? E voi figli che siete diventati papà e mamma, che rapporto avete con i vostri genitori? Quali cambiamenti a generato nelle relazioni famigliari questa nuova fase di vita?

Consiglio questo bellissimo libro per allenare il cuore a vivere alla vita come un’avventura costellata di occasioni per essere migliori, fino all’ultimo respiro. E poi, Paulette…, di Costantine Barbara (Einaudi 2012)

Pubblicato il 16 aprile 2013 - Commenti (2)
04
apr

Leggere e fare insieme

A volte le buone idee arrivano un po’ per caso.
L’altra mattina ero in biblioteca con i miei figli e poco, prima di uscire, mi è caduto l’occhio su questo libro che ho sfogliato un po’ di fretta.
Ho capito subito che chi l’aveva inventato sapeva parlare ai bambini.
A volte capita di imbattersi in libri per l’infanzia che, per quanto corti, sembrano non finire mai. E poi invece ci sono quelli che catturano l’attenzione di tutti, che non vorresti mai smettere di rileggere, che piacciono a grandi e piccini. IL LIBRO MATTO, di Zuber Éléonore, edizioni EDT Giralangolo (2012 - Dai 4 anni) è uno di questi. L’idea è semplice, ogni pagina è suddivisa in tre parti: in alto il personaggio, nel mezzo l’azione che fa, sotto il contesto dove l’azione avviene. Per esempio: la mamma passa l’aspirapolvere in sala. Voi potete decidere di girare solo una delle tre parti della pagina e allora la situazione cambia: Il papà passa l’aspirapolvere in sala (per molte mamme potrebbe essere un’immagine molto desiderabile). Se girate poi la parte sotto potrebbe succedere: Il papà passa l’aspirapolvere sul campo da pallone (perché si sa che i papà hanno spesso in mente quello!). Insomma, un libro per giocare e ridere insieme che non si vorrebbe mai smettere di sfogliare. Ma non ci siamo fermati qui.

Tornati a casa, abbiamo deciso di costruirci un libro matto tutto nostro. Abbiamo ritagliato dei cartoncini bianchi (20X35 cm) e abbiamo tracciato due linee, una a 7 cm a partire dal margine superiore e l’altra da quello inferiore. Abbiamo segnato su ogni foglio il punto dove disegnare il collo in modo che tutti i personaggi possano poi possano essere montati e rismontati come nel libro matto originale.

Ecco alcuni esempi della nostra produzione: la nonna (parte alta) scende a tutta velocità (parte centrale) sulla pista da neve (parte inferiore); l’aliena Verdina – atterra col suo razzo – su un prato fiorito; il pirata Barbanera – spara una bomba col suo cannone – nel mare, etc.

Ora non ci resta che montare il libro con una rilegatura ad anelli e tagliare le tre parti delle diverse pagine. L’originale è di certo più bello ma noi siamo molto orgogliosi della nostra produzione.

Qualche altro suggerimento:
E poi? E poi? E poi? Le fiabe di Cenerentola, Pollicino e il gatto con gli stivali continuano, di Roberto Piumini (Nuove Edizioni Romane, 2011, dai 6 anni)
Io mi sono divertita un sacco a leggerlo con i miei bambini.

Dalla mia finestra di Lodovica Cima e Ilaria Faccioli (Ape Junior 2012, dai 4 anni)
Un libro divertente da guardare e leggere con i più piccoli. Una caccia al tesoro tra le pagine per scoprire cosa vedo dalla mia finestra e per poi continuare il gioco con la fantasia.

Quali sono i vostri libri per bambini preferiti? Vi è capitato di restare meravigliati davanti alle pagine di un libro che vi siete messi a leggere ai vostri figli? Aspettiamo i vostri consigli!

Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 04 aprile 2013 - Commenti (0)
29
mar

Prenderli per mano sul cammino della fede


Ma tutte le religioni credono nel Paradiso e nell’Inferno?
Mamma, io ho paura che quando moriamo poi non ci ritroviamo più!
Andremo in cielo col nostro corpo? Ci ricorderemo di chi siamo stati sulla terra?
Veramente Gesù è salito in cielo? E anche sua mamma? Volavano?
Il cielo dove vanno i morti è quello che noi vediamo qui in alto o ce n’è un altro?
Io ho paura che poi tutto finisca.

Come far incontrare le domande dei nostri figli con l’esperienza della fede?
Come avvicinare gli eventi della settimana Santa alle emozioni dei bambini, alle paure che sentono nella pancia?

Le domande e i dubbi nella mente dei bambini nascono da soli, compaiono all’improvviso e non si mettono a tacere, almeno per un po’.
Un bambino piange di fronte alla morte di un criceto e di un pesciolino rosso e nella sua testa fa capolino la scoperta che quello stato è per sempre. Non è come nei cartoni animati. Vi guarda per la prima volta con la consapevolezza che neanche voi avete poteri magici per non morire.
E noi che risposte diamo alle domande dei nostri bambini? Noi che magari abbiamo tante ferite nel cuore, tante domande a cui cerchiamo di dare senso, tanti dubbi. Che volto di Dio siamo capaci di testimoniare credibilmente?

La prima volta che ho provato a rispondere a queste domande dei miei figli mi sono sentita ridicola. Mi sembrava di raccontare una favola, sentivo il rumore delle mie parole e le verità che credevo pietre angolari mi sono sembrate piume in balia del vento. “Poi ci troveremo tutti e ci riconosceremo” e pensavo a quanti piedi hanno calpestato la terra dall’origine del mondo ad oggi. “Gesù è salito in cielo” per la prima volta le parole che nel Credo corrono veloci mi hanno lasciata incerta e stupefatta. Per me questo è stato un nuovo punto di partenza, l’occasione di provare la fede col fuoco, di ricercare la roccia a cui ancorare tutto. In questi giorni di Passione e Risurrezione cerco una volta ancora le parole per dire la mia fede.

Attorno alla croce deve essere davvero successo qualcosa di inaudito. Se quegli uomini che avevano tradito, che non sapevano vegliare, che erano scappati, hanno trovato il coraggio di urlare al mondo la loro fede, qualcosa di grandioso deve essersi piantato nel loro cuore. Qualcosa di molto più forte della paura di morire. La loro fede è diventata certezza, forte come le spade. Lasciavano tutto, vivevano in comunione l’uno con l’altro. Hanno urlato così forte che ancora oggi la loro testimonianza continua fino ai confini della terra. Ancora oggi abbiamo la grazia di gioire per una fumata bianca che regala al mondo un uomo che riempie di speranza il nostro cuore.

Con questi sentimenti nel cuore, proviamo a metterci in ginocchio per guardare negli occhi i nostri figli, proviamo a infondere in loro la fiducia nella vita, regaliamo loro la voglia di stringerci gli uni agli altri per avvicinare il cielo alla terra.

Buona Pasqua e se vi va raccontate come condividete con i vostri figli questi misteri di fede.

Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 29 marzo 2013 - Commenti (0)
21
mar

Bambini e cellulari

È un dato di fatto: molte famiglie oggi fanno fatica ad arrivare a fine mese. Ciò nonostante i soldi spesi per l’acquisto di tecnologie di ultima generazione sembrano non risentire della crisi. 

Un’indagine svolta da Eurispes e Telefono Azzurro (2012) su un campione di 1.100 bambini e 1.523 ragazzi rivela che il 62% dei bambini (con meno di 12 anni) italiani ha un cellulare personale che utilizza per diverse ore al giorno per giocare, mandare sms, telefonare, fare foto, ma anche per collegarsi a internet e usare social network. Il 44,4 % dei bambini acquisisce un cellulare tra i 9 e gli 11 anni mentre il 17,6 % ne ha uno prima dei 7 anni. Il telefonino viene utilizzato fino ad un'ora al giorno dal 21,9% dei ragazzi, da una a due ore al giorno dal 14,7%, da due a quattro ore dal 14,5% e mai dal 7,2%. Solo l'1,2 per cento dei ragazzi italiani non ha un cellulare. Mio figlio dodicenne è tra questi. Lui il cellulare non l’ha mai chiesto e noi ci siamo guardati bene dal proporglielo.

L’altro giorno è tornato a casa da scuola con la brutta di un tema: Scrivi un testo su vantaggi e svantaggi del cellulare e sull’utilizzo che ne fai. – "Guarda mamma che traccia ho scelto”.

Leggo: …Parto col dire che io non ho il cellulare e sono ancora vivo…. Se c’è una persona che mi convince a non prendere il cellulare è mia cugina (15 anni): lei lo ha ricevuto in quinta elementare e fino alla prima media è rimasta come prima, ma dalla seconda in poi ha iniziato a vivere attaccata al telefonino messaggiando in ogni momento della giornata… tira fuori il cellulare anche mentre giochiamo a calcio o mentre stiamo parlando… (devo ricordarmelo quando urlo a mia nipote che siamo stufi di averla con noi sempre con il telefonino in mano).

Aggiunge che forse fra un po’ litigherà anche lui per averlo. E noi come reagiremo? Cosa gli risponderemo? La terza media, per me e mio marito è sempre stata la soglia minima per la contrattazione ma l’altro giorno, ho sentito chiara la tentazione di mettere subito in mano un telefonino a mio figlio. Doveva andare agli allenamenti organizzati dalla scuola e non faceva in tempo a tornare a casa per pranzo. Si era organizzato con un gruppo di amici per prendere una focaccia al bar e poi andare insieme in palestra. “Poi ci fermiamo un po’ al campo a giocare a pallone, tornerò per le sei”.

Tutto un giorno senza contatti. Tanti spostamenti senza la possibilità di sentirsi, di verificare che tutto sia a posto. Non solo: nelle scorse settimane, come periodicamente accade, si è sparsa la voce tra i ragazzi della presenza di un uomo sospetto nei pressi della scuola. Tante voci diverse, poche informazioni, nei ragazzi tanta paura e confusione. Fino a ieri mi era facile dire che mio figlio poteva tranquillamente fare a meno del cellulare.

Oggi è più complesso trovare le motivazioni profonde a questa scelta. Eccone qualcuna.
Ogni volta che lavoro a scuola con ragazzini di dieci anni scopro che l’accesso a materiale pornografico è molto facilitato da cellulari sempre connessi. Con noi educatori non hanno nessun problema ad ammettere che gli è già capitato di imbattersi in immagini e video sessualmente espliciti, magari durante una gita o a casa di un amico. Il cellulare è spesso il mezzo che rende ciò molto semplice.

Molti ragazzi hanno profili Facebook ben prima dei tredici anni imposti dal social network e col loro cellulare scattano e pubblicano foto loro e di amici senza particolari attenzioni alla privacy. Molti genitori dichiarano di non avere accesso ai cellulare dei figli. Spesso si dicono incapaci di regolamentarne l’uso e osservano impotenti il loro ragazzo che trascorre molto tempo a messaggiare e/o a scaricare app gratuite per nuovi giochi.

Qual è quindi l’età giusta per mettere in mano un cellulare a un figlio? Il tema non è semplice e credo che non esistano risposte valide a priori per tutti. Una cosa è certa, quando sarà il momento, sceglieremo un cellulare di prima generazione e cioè senza accesso a internet. In casa nostra ci sono pc sempre connessi in cucina, che possono essere utilizzati liberamente.

La nostra presenza è il miglior filtro
. Molti genitori purtroppo, per motivi di lavoro sono costretti a stare fuori casa per molte ore. In questi casi le regole e le restrizioni sono ancora più necessarie. La rete è piena di trappole e mettere nella mani di un figlio un cellulare che le può attivare tutte senza nessuna fatica è giocare una partita troppo sbilanciata. E pazienza se mio figlio si arrabbierà un po’ se il suo cellulare non sarà proprio al passo coi tempi, mi sembra un fatica tollerabile per lui e per noi.

Voi come la pensate? A che età pensate sia giusto dare a vostro figlio un cellulare? Che esperienze avete a tale proposito? Un caro saluto e aspetto i vostri consigli per chiarirmi le idee.

Per saperne di più su questa sfida evolutiva: A. Pellai, E ora basta!, Kowalski, 2010  

Pubblicato il 21 marzo 2013 - Commenti (1)
05
mar

Una scuola di cucina - parte prima

Mamma cosa c’è oggi per pranzo?
Tante cose buone.
E cioè?
Fidati, cose buone.
Dici sempre così e poi…  


E poi? E poi succede spesso che dopo essere stata parecchio in cucina a scegliere, pulire, tagliare, lavare, impastare, cuocere e tanto altro ancora, il commento è lo stesso: “Oh no! Perché hai fatto questo?” Grazie al cielo non va sempre così. A volte preferisco andare sul sicuro e di fronte a una pizza appena sfornata i commenti sono in genere positivi (anche se qualcuno chiede perché non la compriamo invece di farla in casa).

Altre volte invece scelgo la strada in salita, perché sono convinta che sia quella giusta, perché credo nel valore della varietà, perché il gusto va educato e per tanti altri buoni motivi che mi spingono a sopportare le smorfie di disapprovazione che leggo evidenti sulle facce dei miei figli (grazie al cielo quasi sempre non su quella di mio marito). Di fronte a creme di verdure, cavoli di qualsiasi natura, cereali che non siano grano o riso, la domanda è: “Ma perché tu devi sempre fare nuovi esperimenti? Non puoi cucinare sempre la pasta al pomodoro che a noi piace tanto?”

In effetti mi risparmierei parecchie fatiche: un po’ di acqua che bolle, pasta, un sugo pronto, e voilà il pranzo è servito. Sono certa che potrei andare avanti per settimane senza sentire un lamento.  Se poi per finire offrissi affettati e formaggi verrei incoronata subito regina della cucina: “Sei una cuoca bravissima!” In effetti in casa nostra non va così. Io mi ostino a proporre tanti cereali (a volte integrali a volte no) frutta e verdura, legumi, e poi tutto il resto con moderazione. Quando andiamo a cena dai nostri più cari amici, i miei figli adorano le scaloppine al limone preparate con un panetto di burro, sognano bis e tris di quella morbidezza saporita. Io gioisco con loro di quell’eccezione, proprio perché tale resterà. La sfida in cucina è infrangere queste associazioni: CIBO SANO = SCHIFEZZA e CIBO GOLOSO = ALIMENTI DI BASSA QUALITA’ NUTRITIVA.

Per fare questo mi è venuta un’idea, a partire da un fatto successo qualche tempo fa a casa nostra: nostro figlio maggiore (12 anni) si è offerto spontaneamente di preparare la cena con i fratelli “Però decidiamo noi cosa cucinare”. Ho dato un ok incondizionato e la macchina dei preparativi si è avviata. Lui ha cercato su internet delle ricette. Ecco il menù: pasta con i wurstel, millefoglie di verdura, tortini alle carote e mandorle.

Io ho contribuito solo nel mettere a disposizione gli strumenti necessari alle preparazioni. II risultato è stato sorprendente. Mi sono accorta che tante regole implicite della nostra tavola erano state messe in pratica senza bisogno di dire niente. Non avevano esagerato con i wurstel, il secondo era eccellente (mi sono salvata la ricetta), per non parlare del dolce. E tutti hanno mangiato tutto con molta soddisfazione, verdure comprese! Qual è stato l’ingrediente segreto? Facile. Mettere le mani in pasta. Se i bambini cucinano quello che c’è nel piatto è più buono.

Da questo presupposto mi è venuta un’idea: e se si organizzasse una scuola di cucina nelle case? Se genitori e figli imparassero insieme a usare cibi insoliti, poco noti e magari anche sorprendentemente buoni? Per fare questo però serve qualcuno che metta a disposizione il proprio sapere e chi meglio di un chef che fa della buona cucina la propria missione?  Così ho contattato il cuoco del miglior ristorante della mia città e gli ho detto se era disponibile a questo esperimento: guidare un piccolo gruppo di genitori e figli, nella cucina di una casa privata per realizzare una ricetta che concretizzasse i seguenti criteri:

Dieta mediterranea; Regionalità (nel nostro caso Lombardia); Stagionalità degli ingredienti; Utilizzo di cibi spontanei reperibili in natura (se possibile); Prodotti locali; Preferenza di alimenti di origine vegetale e/o secondo le proporzioni della piramide alimentare; Costi contenuti; Realizzabile con strumenti di uso comune. Lo chef ha dato la sua disponibilità gratuita. E ora si passa alla pratica. Quale ricetta ci proporrà? Cosa ne uscirà? Può una cucina casalinga reggere a un tale esperimento? E soprattutto: come commenteranno i figli la ricetta? Riuscirà a far apprezzare ingredienti sani e nutrienti di solito rifiutati?

A breve la risposta. Intanto aspetto vostri racconti su quanto il tema alimentazione è per voi caldo. Vi riconoscente in queste sfide? Un caro saluto a tutti.  

Pubblicato il 05 marzo 2013 - Commenti (0)
21
feb

Tanti motivi per essere uno scout

Io non sono mai stata una scout. A pochi metri da casa mia, quando ero bambina, osservavo con curiosità i gruppi di ragazzi che, in pieno inverno, se ne stavano coi pantaloncini corti e con grandi zaini sulle spalle. Mi colpiva il loro foulard, credevo fossero esploratori, avventurieri, esseri speciali. A me nessuno ha mai proposto di diventare una scout e io non ho mai chiesto se fosse possibile diventare una di loro. 

Appena i miei figli sono stati in età da scout, abbiamo subito proposto loro di diventare dei lupetti: hanno accettato di provare e ora abbiamo in casa A. che è un lupo della legge (gruppo dei lupetti dagli 8 agli 11 anni) mentre J. è passato da poco in reparto (gruppo dai 12 ai 16 anni). Io sono molto fiera di quest’appartenenza e un po’ rimpiango quello che anch’io avrei potuto vivere. Aldilà dei pensieri nostalgici però, quello che come genitori ci ha spinto a caldeggiare questa esperienza ai nostri figli, è che di fatto è una proposta educativa molto stimolante e in controtendenza. Lo penso da mamma ma soprattutto da educatrice. Il metodo scout ha principi che mettono in gioco tutte le potenzialità dei ragazzi e li aiutano ad avere più fiducia in loro stessi.

Per tutti i genitori che ci stanno pensando e soprattutto per quelli che non ci hanno mai pensato, ecco alcuni buoni motivi perché un figlio diventi uno scout:

  • Allena alla FATICA. Baden Pawell, il fondatore degli scout diceva: È con lo sforzo che si diventa forti. Quando A. ha partecipato alla sua prima caccia (uscita di due giorni) aveva 8 anni. Lo zaino sulle sue spalle era enorme. L’ho portato io fino alla tana (sede Scout) poi l’ho passato a lei certa che non ce l’avrebbe mai fatta a portarlo. Il giorno dopo, quando siamo andati a prenderla era entusiasta: «Sai mamma, ho portato sempre io lo zaino, abbiamo camminato per più di un’ora e io non ho avuto bisogno d’aiuto!».
  • Mette il GIOCO alla base del coinvolgimento dei bambini: - Giochiamo, non limitiamoci a guardar giocare gli altri - (B.P.) In ogni riunione, caccia, vacanza, è sempre previsto un momento di gioco. I capi invitano il gruppo ad uscire anche quando fa freddo, quando pioviggina (con indosso la cerata), quando nevica, ogni occasione è buona per correre all’aperto, sfidarsi, rincorrersi, aiutarsi. E poi si canta e si balla, ci si diverte coi bans che fanno fare mosse ridicole. Adoro quando i grandi tornano a casa con una nuova canzoncina da insegnare ai più piccoli
  • Stimola al MOVIMENTO e al contatto con la NATURA - L'uomo che è cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere- (B.P.). In estate è prevista una vacanza in un luogo a stretto contatto con la natura.
  • Promuove l’incontro con l’altro e la CONOSCENZA DI SÉ. «Siamo stati tre ore attorno al fuoco e a turno tutti ti dicevano pregi e difetti». «Non sarà stato facile per qualcuno sentirsi dire dagli altri cose poco belle». «Ma no papà, i capi ci avevano spiegato come dire le cose e poi prima o poi toccava a tutti, quindi era meglio dire la verità senza offendere nessuno».
  • Mette alla prova e rende PROTAGONISTI - La felicità non viene stando seduti ad aspettarla - (B.P.) «Mamma per conquistare la specialità devo organizzare le olimpiadi per tutto il gruppo». La specialità è un obiettivo concreto che il ragazzo, con l’aiuto dei capi si pone per migliorarsi. Cuoco, disegnatore, sarto, giornalista, amico della natura... le aree in cui cimentarsi sono moltissime.
  • È DIVERTENTE e ECCITANTE «è stato bellissimo, abbiamo giocato su un maxi tappeto insaponato scivolosissimo», «per attraversare il torrente ci siamo tolti gli scarponi», «abbiamo fatto il gioco notturno nel parco», etc.
  • Stimola la SPIRITUALITÀ accompagnando la preghiera con gesti concreti di condivisione. Alla veglia di Natale tutti, genitori compresi, hanno costruito un cubo sul quale scrivere sei cose belle per cui rendere grazie al Signore.
  • NON VENDONO niente, i bambini ci vanno con le tasche vuote (l’unica eccezione è per la caccia dove si pagano le spese per il trasporto e l’offerta alla struttura ospitante).
  • Accompagna il processo di SEPARAZIONE tra genitori e figli legato alla crescita: nelle vacanze non sono previsti contatti tra i ragazzi e le famiglie, ci si pensa da lontano.
  • DISINTOSSICA DALLE TECNOLOGIE: nelle cacce e nelle vacanze non sono ammessi cellulari, videogiochi, etc.
  • Allena la CREATIVITÀ, ne sa qualcosa il nonno che viene spesso coinvolto nella costruzione di qualche marchingegno
E tanto altro… Lo scoutismo è un allegro gioco all’aperto dove uomini e ragazzi, possono vivere insieme l’avventura come fratelli crescendo in salute e in felicità in abilità manuale e in disponibilità a servire il prossimo. (B.P.) Cosa ne pensate?

Avete figli o nipoti scout o lo siete stati voi? Qual è la vostra esperienza a proposito? Quanto i fatti di cronaca (il dramma di Chiara è ancora vivo nei cuori di tutti) che coinvolgono gli scout incidono sulla vostra percezione di questo movimento? Aspetto i vostri messaggi. Un caro saluto.

Pubblicato il 21 febbraio 2013 - Commenti (2)
13
feb

Con la testa e con il cuore

Noooo! Mi hai rubato il mio posto sul divano. Adesso ti faccio vedere io! E se poi in cielo, dopo che siamo morti, non ci riconosciamo? Io non voglio che poi non stiamo più insieme! Mi ha rotto la mia scatola, ci avevo messo tantissimo a decorarla! E’ tutta rovinata. Ho segnato due minuti prima della fine della partita… mi sono tutti saltati addosso… hai sentito il mio urlo? Io non mangio più. Luca mi ha starnutito nel piatto! Wow, chi mi ha messo questo regalo sotto il cuscino?

 

Frasi di questo genere le sentiamo tutti i giorni, colorate di pianti, risa, urla, sospiri, sbuffi, pugni sbattuti e tanto altro ancora. Ognuna di queste frasi contiene una connotazione emotiva, serve a raccontare rabbia o paura, sorpresa o felicità.  Le emozioni colorano le nostre giornate, sono il motore della vita. In una stessa giornata ci capita di sentirci felici e annoiati, arrabbiati e divertiti. Per esempio, in questi giorni a casa mia siamo tutti ammalati per una delle influenze più virulente e contagiose che io ricordi, a memoria di mamma. Questo stato delle cose, ci porta a sperimentare la meraviglia di stare tutti insieme “in una vacanza forzata” mentre tutti gli altri sono a scuola o al lavoro.  Ma al tempo stesso, questa convivenza, entro le mura di casa, senza la possibilità di “diversivi in esterno” perplacare gli animi, ci fa sperimentare un bel po’ di emozioni affaticate e impegnative. Per esempio ieri mio figlio P (6 anni), mentre mi lavavo i denti,è salito sulla bilancia in bagno, dicendo: “Mamma, hai visto quanto peso?”. Non ho fatto in tempo a leggere il suo peso sullo schermo, che lui, senza nessun preavviso, si èmessoa saltare a due piedi sulla malcapitata bilancia  generando un certo sconquasso negli ingranaggi. Nella stessa giornata, lo stesso figlio aveva già fatto cadere il telefono, mosso la dama su cui giocavano i fratelli costringendoli ad un’interruzione forzata della loro partita che si era quasi conclusa, ed è solo una piccola selezione delle molte cose  fatte  per errore dal suddetto figlio ieri. Dopo la gara di salto mondiale sulla bilancia ho sentito un moto d’ira invadermi. Gli avrei urlato: “Ma ti sei bevuto il cervello?” e le mani stavano per muoversi da sole. Ma poi la parte più razionale di me ha gestito in altro modo la situazione. Se avessi lasciato fare alle emozioni il povero P. se la sarebbe proprio vista brutta. Succede sempre cosi: le emozioni arrivano, si attivano dentro di noi, si fanno sentire nel corpo e attraverso di esso, e spesso ci fanno fare cose di cui poi – in un secondo tempo -  ci pentiamo, se non impariamo a gestirle. In effetti, imparare a riconoscere le emozioni, interpretarle, esprimerle è un processo complesso. Ci sono bambini che riescono a raccontare quello che sentono con assoluta naturalezza, altri che ne sono incapaci. Un po’ è carattere, un po’ è abitudine. Educare emotivamente i nostri bambini significa offrirgli le chiavi per affrontare la complessità della vita.Per questo dobbiamo diventare gli allenatori emotivi dei nostri figli, ovvero aiutarli a costruire una buona sintesi tra ciò che la loro “pancia” sente e ciò che la loro testa pensa ed elabora come significato. In quest’epoca in cui ai nostri figli viene chiesto di essere sempre felici, in cui le emozioni negative e faticose sono utilizzate in TV solo per fare audience, in cui la rabbia trasforma spesso un ragazzo insicuro in un bullo che semina il terrore dentro alla sua classe, sta a noi genitori accompagnare i  figli lungo il percorso “giusto” alla scoperta della verità delle emozioni e non della loro rappresentazione artificiale che invade sempre più tutti i mezzi di comunicazione.

  1. Che differenza c’è tra EMOZIONE E SENTIMENTO?
  2. Quali sono le SEI emozioni di BASE che troviamo in tutto il pianeta?
  3. Qual è il modo migliore per sbarazzarsi di un’emozione NEGATIVA?
  4. Cosa sono i neuroni specchio?
  5. Cos’è l’intelligenza emotiva?

Se non siete sicuri sulle risposte a queste domande e soprattutto se cercate un buon libro da sfogliare con i vostri figli (che sia anche bello e pieno di curiosità) ecco qui un’idea: Muriel Zürcher, Stéphane Nicolet, Argh! Uffa! Urrà! Rabbia, gioia, spavento, batticuore… Guida completa alle emozioni. Editoriale Scienza, 2013

E in casa vostra come si gestiscono le emozioni? Vi capita di perdere il controllo con i vostri bambini? Quanto i vostri figli condividono con voi i E in casa vostra come si gestiscono le emozioni? Vi capita di perdere il controllo con i vostri bambini? Quanto i vostri figli condividono con voi i loro stati d’animo? Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 13 febbraio 2013 - Commenti (1)
29
gen

Dallo zapping al cinema

In questi mesi invernali, si sta molto più in casa e una delle questioni più frequenti da risolvere in breve tempo coi figli è: come usare la Tv? Sia chiaro: se lasciassi a loro la risposta, la Tv sarebbe sempre accesa, i miei figli sarebbero quattro angeli seduti davanti allo schermo e io potrei sbrigare molte faccende e concedermi un po’ di tempo libero. Insomma, la Tv sarebbe uno splendido pifferaio magico capace di ipnotizzare i figli e di farli stare zitti e tranquilli per un bel po’. Forse litigherebbero sulla scelta del programma: la più piccola vorrebbe Peppa Pig mentre il più grande non smetterebbe mai di vedere partite. Alla fine potrei moltiplicare gli schermi presenti dentro casa, così ognuno potrebbe somministrarsi i programmi del cuore, senza tanto disturbo e interferenze con i fratelli che ha a fianco.

E invece, insieme a mio marito, abbiamo scelto di appartenere al gruppo dei genitori che rompono perché, rispetto all’uso della Tv, hanno le idee abbastanza chiare.

In casa nostra c’è solo un piccolo televisore in un angolo recondito della casa. La nostra abitazione non era dotata di antenna e noi non l’abbiamo fatta mettere così con una piccola antenna attaccata all’apparecchio riusciamo a vedere solo tre canali Rai.

 I soldi dell’antenna li abbiamo però investiti in un alto progetto:  abbiamo comperato un videoproiettore e lo abbiamo collegato ad un lettore dvd. Le immagini sono poi proiettate su un maxischermo di tela che ci ha permesso di costruirci in salotto un sorta di sala cinema. Ora so che molte famiglie combattono per arrivare alla fine del mese e che un video-proiettore e uno schermo di tela sono una spesa impegnativa, ma vi assicuro che non lo sono più di un televisore di grandi dimensioni, ormai presente in molte case.

Abbiamo poi messo a disposizione dei figli molti dvd. In casa negli anni, ne abbiamo riempiti quattro cassettoni. Cosa abbiamo ottenuto? Che ogni giorno i nostri figli devono accordarsi su quando vedere un dvd insieme e soprattutto su quale vedere. Fino ad ora, c’è andata bene. I cartoni dei più piccoli piacciono ancora al più grande e allo stesso tempo, molti dei film amati dal più grande vengono goduti con gioia anche dai più piccoli. Due esempi concreti degli ultimi giorni.

Tutti si sono guardati con grande divertimento L’era glaciale 4. I due piccoli ne hanno riso a più non posso, i due grandi, memori dei precedenti episodi già visti, si sono appassionati a conoscere l’evoluzione delle vicende dei personaggi protagonisti che negli anni sono diventati dei veri beniamini per loro. Tra l’altro va proprio detto che queste serie hanno il merito di essere curate in ogni aspetto, di far ridere molto e alla fine facilitano la co-visione genitori e figli considerato che io e mio marito ci siamo trovati seduti in poltrona a guardarlo insieme a loro e a divertirci insieme.

Anche il nuovo episodio del Diario di una schiappa 3 ha fatto “sfracelli” in casa nostra ed è piaciuto a tutti. Quando lo scorso dicembre nostro figlio più grande ha ricevuto un buono da spendere in un multi-store che offriva libri, cd e dvd la sua scelta per l’utilizzo del buono è caduta sul primo episodio tratto dal libro. Lo ha visionato con tutti i suoi fratelli e poi se lo sono guardato e riguardato un sacco di volte. E così è successo anche con i successivi episodi su dvd.

A volte ci piace proporre la visione di film di animazione meno noti, come le bellissime favole di Hayao Miyazaki (es. La città incantata o Ponyo e la scogliera) oppure Kirikù e la strega Karabà di Michel Ocelot. All’inizio i nostri piccoli spettatori sono un po’ prevenuti perché la grafica e i ritmi sono molto diversi da quelli a cui sono abituati. Ma la magia delle immagini e dei suoni quasi sempre riescono a catturarli e capita poi di restare un sacco di tempo a discutere dei diversi modi con cui si può raccontare una storia. Come mamma credo che, aver scelto di proporre ai nostri figli dvd di qualità e una visione di questo tipo, ha permesso di trasformare il tempo davanti allo schermo in una vera esperienza. Non ci sono interruzioni pubblicitarie a disturbare e frammentare la visione, che avviene in compagnia di tutti gli altri. A volte i più piccoli si lamentano perché sono i grandi a scegliere cosa vedere, a volte la situazione s’inverte. In generale, però il processo decisionale devono gestirselo tra di loro e noi interveniamo il meno possibile.

 Da tutto questo è derivato uno scambio interessante tra i nostri figli e i loro amici: i primi approfittano degli inviti a casa d’altri per guardare una partita o tenersi aggiornati su qualche programma in voga. I secondi fanno richiesta esplicita di essere invitati a casa nostra per godersi una bella serate cinema.

E in casa vostra come gestite la Tv? Quali sono i programmi che selezionate per i vostri bambini? Che cartoni animati o film consigliate agli altri genitori per organizzare una serata cinema? Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 29 gennaio 2013 - Commenti (1)
21
gen

Piccole donne e consumi

Mia figlia (4 anni) impazzisce per trucchi e rossetti e quando trova qualcuno disposto a metterle lo smalto sulle unghie non sta più nella pelle. Oggi, sfilandomi davanti con un paio di fuseaux e una borsetta, mi ha chiesto: “Sono bella? Sembro una modella?”. Noi non abbiamo la tv in casa e io non mi trucco (qualche volta mi piacerebbe anche farlo ma non ho mai imparato).

Dove le mie bambine abbiano potuto coltivare la passione per tutto ciò che è rosa e luccicante resta un mistero. Se però navigo su Internet, osservo le pubblicità quando vedono la tv dai nonni, guardo il corpo delle Winx che troneggia sui loro copriletti qualche sospetto mi viene. Vorrei condividere con voi tre esempi in cui il mercato punta all’accelerazione della crescita delle bambine.  

Il marchio parigino Jours Après Lunes ha lanciato una linea di lingerie- reggiseni, canottiere, coulotte – per bambine dai 4 ai 12 anni. Le modelle utilizzate per la campagna pubblicitaria sono appunto bimbe, truccate, vestite/svestite come modelle adulte, provocando l’indignazione della Francia.

Qui potete guardare il video che lancia la linea per il 2013.   



Le feste di compleanno nelle Beauty Kids sono in crescita anche in Italia. La festa è organizzata in una salone di bellezza al quale solitamente avevano accesso solo le mamme. La novità prevede la creazione di spazi e servizi per l’intrattenimento di gruppi di bambine che possono così vivere un’esperienza fuori dall’ordinario.

 I servizi offerti sono molteplici, vanno dalla realizzazione di acconciature, all’extension all’idromassaggio, al trucco e parrucco, alla decorazione delle unghie e spesso si conclude con una passerella indossando sontuosi abiti da miss. Il fenomeno è in crescita e in rete di possono trovare aziende che promuovono i loro servizi con pacchetti feste di tutti i tipi. Negli Stati Uniti questa tipologia di feste è già in voga da diversi anni e l’offerta di proposte ormai ha raggiunto livelli inimmaginabili.





http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=vIge6jZ8r6U&feature=endscreen  

 I “bambini accelerati” sono una grossa fonte di investimenti e di guadagni: se sono dei cloni degli adulti, se pure in miniatura, ad essi e ai loro genitori si può proporre una gamma di prodotti molto più ampia e articolata di un tempo.

 Un esempio noto è la scelta di creare i personaggi delle Bratz, cartoon che propone alle bambine modelli nei quali identificarsi e per raggiungere i quali e necessario possedere sempre nuovi oggetti. Dal 2001 hanno fatto irruzione sul mercato le Bratz, che trascorrono il loro tempo ad occuparsi del proprio aspetto e a fare uno shopping estremo, che avvia le bambine alla carriera di consumatrici.

Il sito ufficiale delle Bratz ha l’obiettivo primario di orientare gli acquisti delle giovani aspiranti star www.bratz.com  

La sigla riassume perfettamente questa filosofia che ha affascinato e tutt’ora ispira milioni di ragazzine:

Bratz con noi forever,
corpi da modelle,
trucco da star,
eleganti, sexy, glamour,
colors e punk.
Vivi Bratz!!


Qui sotto il video della sigla.

Cosa ne pensate? Aspetto i vostri commenti. Una caro saluto a tutti. 

Pubblicato il 21 gennaio 2013 - Commenti (1)
10
gen

Il fascino dei Marshmallow

Stamattina dopo aver accompagnato C. (4 anni)  alla materna, mentre scendevo la rampa d’uscita, mi sono imbattuta casualmente prima in uno, poi in un altro bambino, con i rispettivi genitori, che salivano felici con in mano una busta di marshmallow. Di certo non si erano accordati e quella coincidenza mi ha acceso parecchi pensieri. Una cosa accomunava quei due bambini: il desiderio di portare in classe quel tesoro prezioso.

A scuola c’è una regola precisa per chi vuole portare degli alimenti da condividere con gli altri: non si possono portare prodotti preparati in casa. Questo norma tutela la sicurezza di tutti, in quanto non potrebbero essere garantite in altro modo il rispetto delle condizioni igieniche nella preparazione del cibo. Questa regola sta un po’ stretta a molte mamme, specie a quelle più dotate di estro artistico in cucina. Per loro è difficile accettare che si festeggi in classe il compleanno del figlio con una torta confezionata con le stelline (che nel caso ne restasse una si può conservare fino al prossimo compleanno) piuttosto che con una soffice ciambella appena sfornata.

Alla fine però è ragionevole per tutti accettarla e mettersi il cuore in pace. Quello che però non capisco è perchè quest’accortezza preventiva su ciò viene mangiato dai nostri figli venga totalmente disattesa di fronte a cibo sconsigliato da qualsiasi nutrizionista o pediatra. Una caramella, nella fase d’inserimento può fare la differenza, può essere una piccola spinta verso un traguardo difficile. Ma se ogni bambino della scuola porta almeno una volta al mese (sottostimo) una busta di caramelle, l’impatto procapite giornaliero per smaltire tale bottino diventa considerevole.

È integralismo pensare che alla riunione di inizio anno si invitano i genitori a non portare caramelle di tutti i colori e di tutte le forme? Suggerire prodotti alternativi per soddisfare le golosità improvvise dei piccoli scolari quali gallette, grissini all’olio d’oliva, succhi di frutta. Oppure cambiare genere, considerato che la scuola dal punto di vista nutritivo offre ai bambini già tutto quello di cui hanno bisogno: piccoli adesivi, vecchi calendari da ritagliare, tatuaggi, etc. Alternative per riempire di colore la vita dei nostri bambini senza riempirli di zucchero.

A propito di marshmallow ho scoperto due cose molto interessanti: la prima è che si possono fare in casa. Anche in questo caso questi scenografici dolci sono pieni di zucchero ma nessuna traccia di coloranti e additivi misteriosi. Qui (http://www.youtube.com/watch?v=UvWcO69-Q-o) un cuoco vi accompagnerà in tutto il procedimento. Se si deve trasgredire, che almeno sia un’esperienza magica e memorabile come la creazione di tante nuvole bianche.

E poi una scoperta interessantissima
: l’uso di queste caramelle per un test che ha coinvolto moltissimi bambini. La ricerca prevede che il bambino resti in una stanza da solo con davanti un marshmallow. Chi conduce l’esperimento spiega al piccolo che se riuscirà resistere 15 minuti senza mangiarlo ne avrà poi un altro in premio. Il risultato è prevedivile: c’è chi resiste e chi no. La ricerca continua indagando gli stessi bambini anni dopo e scoprendo che c’è correlazione tra come hanno reagito all’esperimento e i loro risultati scolastici o la loro capacità di mettersi in relazione con gli altri.

Per chi vuole saperne di più leggete qui il dettaglio della ricerca. Un motivo in più per resistere ai capricci da caramella. http://towritedown.wordpress.com/2012/06/11/marshmallow/

Pubblicato il 10 gennaio 2013 - Commenti (0)

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Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

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