Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
22
ott

La cura del cibo

Mio marito ha iniziato la dieta. Vorrei parlare con voi di cibo, di quello che sto scoprendo nel mio ruolo di diet-coach, buone abitudini per tutti, grassi e magri, grandi e piccoli:

Si può cucinare senza usare grassi: l’ho sentito dire tante volte ma di fronte a una padella vuota, ho sempre fatto il mezzo giro con l’olio. E invece, in questi giorni, ho provato: ho scaldato le pentole anti-aderenti e poi ho cotto soffritti (li chiamo così per intenderci), ragù, scaloppine, frittate, risotti, etc. senza usare un goccio d’olio, se non a cottura ultimata. Ho superato un tabù e i risultati sono stati ottimi. L’olio a crudo è un alimento eccellente (in dosi moderate), soffritto si denatura.

Si può vivere senza mangiare un dolce a fine pasto. So che per molti di voi ciò è già ovvio, ma in casa nostra, per molto tempo, abbiamo coltivato quest’abitudine. Caterina, dopo la pappa, dice: “Ato, ato!” (gelato). L’occasione della dieta ci ha permesso di ricontrattare con i bambini il tempo per i dolci: colazione e merenda; a fine pasto solo per le occasioni speciali. I figli hanno metabolizzato la nuova regola in un lampo… noi abbiamo faticato molto di più.

Variare gli alimenti e fare pasti completi (carboidrati, proteine, grassi e vitamine). Oggi ho preparato dei maxi hamburger con pane fresco, carne e erbe aromatiche, pomodori e zucchine alla griglia e un tocco di ketchup… un pasto completo che ha riscosso grande soddisfazione in tutti.

Quando che mi metto ai fornelli penso ai miei figli, ai loro gusti e alla loro salute… mi immagino le loro facce di fronte a ogni piatto . Voglio condividere con voi qualche piccolo trucco che in casa nostra ha raccolto buoni successi:

- la frutta con gli stecchini: dire che per merenda c’è frutta mi fa raccogliere fischi e lamenti. Presentare un piatto con diversa frutta tagliata a pezzi e sistemata in modo originale, e offrire a tutti i bambini gli stecchetti che solitamente usano per mangiare i bocconcini di pollo al fast-food (li vendono nei supermercati) ha fatto acquisire molti punti a questa merenda… le volte in cui hanno anche partecipato alla composizione del piatto, ho svuotato le scorte di frutta.
- La pastina con la cannuccia… poter bere così il brodo di verdura ha fatto acquisire molto fascino alla pietanza e ha ridotto drasticamente gli sbrodolamenti. Aspetto consigli, le buone pratiche di casa vostra, le fatiche che vi trovate ad affrontare attorno alla tavola.

Fatevi servire e buon appetito a tutti!

Pubblicato il 22 ottobre 2010 - Commenti (2)
14
ott

Mamme e lavoro

L'altro ieri al radiogiornale: «Le donne lavoratrici italiane sono tra le meno tutelate in Europa».

Il 27% delle donne abbandona il lavoro dopo il primo figlio. I tre motivi che portano a questa scelta obbligata sono: mancanza di parenti a cui chiedere aiuto, mancanza di nidi, impossibilità di ottenere un part-time. In Italia le donne che hanno ruoli di potere sono pochissime. Se è vero che i talenti sono ugualmente distribuiti tra uomini e donne, è insostenibile che la distribuzione dei ruoli di potere sia quasi esclusivamente col fiocco azzurro: nel Parlamento più dell’80%, nei vertici delle banche il 99%, tra i dirigenti aziendali il 97%, etc.

In NORVEGIA le cose vanno diversamente: media figli per ogni donna 1,98, in aumento. Le pari opportunità sono state definite per legge e ora sono una consuetudine: nel Parlamento più della metà dei governanti sono donne e le aziende, per essere quotate in borsa, devono avere almeno il 40% dei dirigenti donne. Queste trasformazioni hanno stimolato le famiglie ad avere più figli. La maternità è ben tutelata e fare la mamma e lavorare è un sogno possibile. Per le donne sono previste 56 settimane all’80% dello stipendio (più di un anno) e un congedo pagato per i papà di 10 settimane. La quota prevista per i papà è, per legge, prendere o lasciare: o i papà ne beneficiano o va persa. Questo fa sì che oggi ne godono più del 90% dei papà lavoratori. Un quarto si prende fino a 3 o 4 mesi di congedo. È normale trovare gruppi di papà che si accordano per gestire i bambini piccoli. A farlo sono professionisti dalla carriera brillante, ingegneri, politici, manager, etc. non temono di essere penalizzati per questo, lo fanno tutti, a tutti i livelli sociali. Gli asili nido offrono un servizio per tutti i bambini. La coppia può organizzarsi nella gestione dei figli contando su molte opportunità.

Le donne dovrebbero poter uscire e rientrare dal mondo del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli senza subire penalizzazioni o perdita della propria posizione lavorativa. Smettere di lavorare per prendersi cura dei figli deve essere una scelta, non un ripiego forzato. Nello stesso tempo è ingiusto che lavorare significhi non potersi prendere cura dei propri bambini.

Gli economisti dicono che le pari opportunità non sono fondamentali solo per l’equità, ma anche per l’efficienza economica. Nella nostra nazione, l’obiettivo della partecipazione al mondo del lavoro del 60% delle donne, decretato dalla Comunità Europea, è ben lontano dal poter essere. Fare la mamma casalinga come ripiego fa soffrire, vedere i propri talenti atrofizzarsi, sentire la nostalgia dell’incontro con i colleghi, essere insoddisfatte… non rende certo madri migliori. Io ho scelto di stare a casa. Molto del mio lavoro lo posso svolgere da qui grazie a Internet. Per molte donne però questo non è possibile.

Da ultimo, la notizia della nuova stretta sui permessi per assistere i familiari disabili, part-time, congedi, aspettativa, mobilità per i dipendenti pubblici, annunciata dal Ministro Brunetta, rende la Norvegia sempre più lontana. Raccontateci cosa ne pensate e aspetto le vostre storie. Se volete saperne di più vi consiglio la puntata di Presa Diretta “Senza donne” da cui molti dei dati qui sopra sono tratti. Per vederla:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-cb48e85d-a5a4-404c-97b0-716111bfe349.html?p=0

Pubblicato il 14 ottobre 2010 - Commenti (2)
05
ott

Scuola: fare i compiti

«Hai tempo fino alle sette».
«Sono le tre… mancano quattro ore…».
«Hai molti compiti?».
«Un po'».
«Sai che se non fai in tempo a finire, vai a scuola senza compiti fatti?».
«Uffa! Lo so… quante volte me lo devi dire? Lasciami un po' di relax…».
«Relax… Basta saperlo».

Discorso chiuso. Io taccio e osservo. Lui si sdraia sul divano col suo fumetto preferito. Riemerge dopo 54 minuti. «Ho fame? Posso fare merenda?».
Una fetta di pane e cioccolato e una mela dopo scende in cortile a giocare col pallone. Arriva un mini-vicino richiamato dai colpi della palla che sbattono sul cancellone. «Ciao, entra che facciamo due tiri». 17:12.

«Ho vinto!», mio figlio gira a torso nudo scuotendo la maglietta. 18:00. Mi imbavaglio contro la tentazione di annunciare l'ora esatta.
«Mamma?».
«Eh?». «Che ore sono?». «Le sei». L'amico: «Mi dai la rivincita?». «Al cinque però».
Ricominciano a giocare. Non ce la farà mai, dovevo legarlo alla sedia, questa volta giuro che lo mando a scuola senza compiti…

18:12 «E Marco dov’è?». «È andato a casa. Gli ho detto che dovevo fare i compiti». Si sistema sul tavolo con i quaderni e il libro e inizia a studiare. «Te la posso ripetere?». Lo ascolto mentre taglio i pomodori. 18:40 «Ok, adesso faccio matematica». «Tra poco devo apparecchiare…». 18:58 «Finito!». «Hai fatto tutto?». «Sì. Vado a giocare».

Jacopo è in quinta. Non è sempre andata così. Spesso l'ora limite è stata trasgredita, non è semplice calcolare il tempo di una cosa, soprattutto se vuoi con tutto il cuore che finisca in fretta. Ogni volta abbiamo contrattato la giusta sanzione per poter sforare nei tempi: «Finisci dopo cena ma per tre giorni i compiti li fai appena arrivato a casa».

Genitori TIMER, questa è la dimensione che abbiamo deciso di presidiare. Sostenere i nostri figli perché diventino capaci di gestire il loro tempo tra dovere e piacere. Se sono loro a decidere il QUANDO l'impegno è nettamente superiore. Imparare a progettare un tempo sufficiente e di qualità per fare la fatica che serve, niente di più e niente di meno.

Perché il QUANDO invece del COSA? Perché il cosa è già presidiato dalle insegnanti.
È vero, se leggo che mia figlia (Alice, 7 anni) ha scritto mngiare, perché le "a" ogni tanto spariscono, glielo dico e lei corregge. Quando però sette giorni fa mi ha detto: «Guarda mamma, ho sistemato un tavolino in camera mia, così faccio qui i compiti in santa pace». Io le ho fatto i miei complimenti e da quel giorno non ho più controllato niente. Chissà quante A sono saltate…

Un buon TIMER mi garantisce un risotto al dente. Perché non dovrebbe funzionare coi compiti? Cosa ne pensate? Come va in casa vostra la gestione dei compiti? Che fatiche e che soddisfazioni avete raccolto nella vostra esperienza? Se vi va, raccontate il vostro ruolo di educatori nella gestione dei compiti con una metafora.

Pubblicato il 05 ottobre 2010 - Commenti (1)
30
set

Fast food

  “Papà, dai muoviti…” “Ho troppa fame! Quando arriviamo?” “Ci siamo quasi… devo solo trovare parcheggio” “Mamma, davvero possiamo scegliere quello che vogliamo?” “Certo! Oggi potete prendere tutto… se no che festa è?” “Io voglio tutto maxi” “Dai scendete, siamo arrivati!” Si prendono tutti per mano e salgono per il vialetto pedonale. “Avete visto quante piante profumate ci sono?” “Belle! Possiamo correre?” “Va bene… aspettateci però alla casetta di legno”


 “Possiamo già salire sull’albero?” “No, prima mangiamo poi potete arrampicarvi” Scegliamo il tavolo rosso rotondo. Sistemiamo Caterina nel seggiolone di legno. “Cosa volete?” Chiede papà. “Io sei polpette rosse e dieci crocchette” “Io voglio il panino con i semi neri e la bruschetta” “Io gli spiedini di frutta con lo zucchero a velo…” Torna il papà con un sacco di cartoccini di carta colorata e tutti mangiano contenti. Le polpette rosse di pomodoro e avena, il pane croccante con i semi di papavero, le spremute. Ognuno se la cava da solo, con gli stecchini e le mani. Mangiamo e ridiamo. Poi c’è il gioco per tutti. Oggi trovano una trottola. Jacopo riesce a farla girare più degli altri. Caterina si gode le crocchette di patate e carote al forno. Ogni volta non bastano mai. “Che buono il nettare di melograno. Assaggia i chicchi nel bicchiere”. “Anche il frappè di cachi è meraviglioso!” “Mamma, possiamo andare a giocare?” “Prima sistemate i vassoi” “Ok” “Ricordatevi di separare bene i rifiuti” “Va bene, ce l’hai già spiegato l’altra volta”

Pietro si mette a fare il percorso sensoriale mentre Alice gioca nella cucina di legno e Jacopo sale e scende dalla casetta sull’albero. Io e mio marito ci gustiamo la torta di castagne e pinoli con la piccola fuori nel giardino.
 
  DRIIIN…. La sveglia mi riporta alla realtà. “Mamma, oggi è domenica, ci avevi promesso di andare a mangiare l'hamburger!”   Io sogno un fast food per le famiglie, un luogo dove andare a mangiare senza spendere come al ristorante, dove non ci si sente in colpa per quello che i bambini mangiano, con uno spazio per giocare… Soffro nel pensare che l’unica possibilità per le famiglie sia quella che non vorremmo mai scegliere.
 
Cosa ne pensate? Qual è la vostra esperienza di pranzi fuori? Come regolate l’accesso ai fast food nella vostra famiglia? Un caro saluto a tutti, e un pensiero speciale per le mamme che leggono dall’estero… magari possono raccontarci qualche esperienza alternativa sul tema.

Pubblicato il 30 settembre 2010 - Commenti (4)
20
set

Farina del vostro sacco

  Questa settimana vorrei riprendere alcuni spunti tratti dai vostri messaggi, frammenti di vita quotidiana carichi di spunti per pensare.  
  Un papà dice: “Il prossimo lunedì… riprenderò a lavorare e sarà un gran dispiacere non vivere 24h su 24h con i miei due figli di 8 e 10 anni che riprenderanno la scuola…” (Momo). È bello vivere in una casa in cui c’è il gusto di stare insieme, dove la felicità non è altrove. A volte la voglia di partecipazione abbonda: “Diamo la parola a turno (ci vorrebbe un semaforo che indichi quando uno può iniziare a parlare, perché i lamenti sono continui, tipo "parla sempre lui").” (Barbarave)
 
 I nostri figli sono pieni di domande e di racconti, vogliono essere guardati con attenzione. Essere genitori è tanto bello quanto faticoso, servono energie sempre nuove per coinvolgersi nella relazione con i figli; se siamo in riserva annaspiamo di fronte alle troppe richieste e rischiamo di pensare ai figli come a “una razza da intrattenere: in pizzeria si va con il game boy per farlo star buono, in auto si compra il mini lettore dvd…, al supermercato gli facciamo comprare ciò che si vuole per non incappare in qualche capriccio vergognoso... insomma ma non si EDUCA più nessuno?” (Molli) Terrò queste parole sul comodino per il mio esame di coscienza. Servono però momenti alla coppia per ricaricare le batterie e per riuscire a ricavare qualche spazio di libertà gli spunti non sono mai troppi: “i lunedì i bimbi mangiano nei loro tavolini o in cameretta ascoltando musica o vedendo un cartone animato... per loro una festa per noi una cena dove possiamo parlare...” (Molli)

 Le sfide sono molte, ma non dobbiamo rattristarci: “domenica alla Messa, durante un momento di scoraggiamento poiché mio figlio era veramente indomabile… non ce la facevo più e ho affidato il piccolo a mio marito e io sono scappata in sacrestia e confesso di essermi messa anche a piangere! …mio figlio si è messo seduto sui gradini dell'altare e ha ascoltato quasi tutta la predica senza muoversi... e al momento della Consacrazione si è pure inginocchiato! Per me questo è stato davvero un miracolo” (Lelli83).

 Chiedere aiuto è spesso la scelta migliore, soprattutto per noi mamme
che tendenzialmente ci sentiamo insostituibili (e un po’ lo siamo).   Prendo spunto dalle parole di Lelli per invitarvi al confronto: vi è capitato di chiedere aiuto a qualcuno per affrontare una sfida con i vostri figli nella quale vi siete sentiti al tappeto? Com’è andata? Quest’estate io ho scoperto di essere inefficace nel convincere mia figlia Caterina (2 anni) a stare seduta nel suo seggiolone, me la ritrovavo sempre in braccio senza quasi accorgermene. Mio marito mi ha fatto notare che due anni sono un po’ pochi per dettare le regole. Lui l’ha messa seduta al suo posto, lei ha pianto due minuti, poi ha ripreso a mangiare tranquilla. Ho dovuto ammettere che aveva ragione… Da quella sera, quando lei mi tende le braccia implorante io passo il testimone al marito e mi godo la zuppa!          

Pubblicato il 20 settembre 2010 - Commenti (0)
03
set

Bilancio di fine estate

Oggi fa molto caldo, troppo per chi deve ricominciare a lavorare, ancora di più per chi ha fatto vacanze bagnate. Per le mamme casalinghe, invece, le vere ferie sono alle porte: figli a scuola e  casa vuota, o quasi. Tenete duro, il più è fatto!  

  Veniamo al bilancio di questa stagione ormai in chiusura: Siete felici della vostra estate? Quali esperienze vi hanno arricchito e quali invece appesantito?  Noi abbiamo trascorso delle belle vacanze, soprattutto una meravigliosa vacanza in montagna dove ogni giorno abbiamo trascinato quattro bambini nella favolosa scoperta della bellezza nascosta nelle strade in salita.

 L’esperienza che più ci ha toccato però è stata quella di trascorrere qualche giorno a casa senza figli (ospiti felicissimi di nostri cari parenti…GRAZIE!) Ci siamo ritrovati coppia dopo anni da genitori. A volte capita di fantasticare su questo momento, ci si dice: “Ti ricordi quando andavamo al cinema, …le scalate in quota, le vacanze in treno, il footing tutti i giorni insieme, etc,” poi si scopre che nella vita di coppia non c’è la funzione rewind. 

 Non basta riavvolgere il nastro per ritrovare le note della vita a due. Occorre riscrivere la partitura, riaccordare gli strumenti, studiare e faticare per ritrovare le antiche passioni. È stato solo un assaggio, troppo poco per trarne conclusioni. Di certo ci ha fatto bene. Abbiamo fatto tante cose e anche niente, stando insieme noi due soli. Ci siamo amati e annoiati, tutto serve per rimettere in circolo energie. Una cosa che ho capito è che i nostri figli sono pronti a spiccare il volo. I miei non volevano quasi più tornare a casa. Pietro una sera al telefono, preso dalle troppe cose da fare mi ha detto: “Mamma ti appoggio qui, ma non ti chiudo”… e mi ha mollato lì, in attesa.   

  E voi, cosa mettete nei cassetti dei ricordi dell’estate 2010? Per qualcuno saranno stati anche mesi difficili, e il bilancio potrebbe confrontarsi con qualche cicatrice.  Che immagine usereste per raccontare questo tempo di vacanze con la vostra famiglia? Se ne avete voglia condividete con noi un ricordo.   Grazie ai molti insegnamenti che continuate a regalare al blog con le vostre testimonianze.  

Pubblicato il 03 settembre 2010 - Commenti (3)
23
ago

Sorprese a costo zero

Le vacanze stanno ormai per finire e tra poco ci ritroveremo tutti a foderare libri e attaccare etichette ovunque. Prima però di rituffarci nei ritmi scolastici c’è ancora un po’ di tempo per qualche momento di svago. Oggi vorrei condividere con voi una semplice idea per proporre ai vostri bambini un momento di gioco magico a costo zero. Lo voglio fare perché so che ognuno ha nel cassetto idee grandiose già sperimentate o magari solo progettate… vorrei tanto conoscerle per rinnovare un po’ i miei repertori. E so di non essere la sola in attesa di suggerimenti.

La sorpresa che vorrei condividere è assolutamente grandiosa, nel senso che è voluminosa, ingombrante, misteriosa, coinvolgente: GIOCARE CON LE SCATOLE. Cercate nei pressi di casa vostra una grande rivendita di elettrodomestici e presentatevi lì con una macchina dal bagagliaio capiente. Fate provviste di scatoloni, più grandi sono meglio è (ideali quelli dei frigoriferi e delle lavatrici). In genere nei pressi del ritiro merce c’è un area per la raccolta della carta. Se siete fortunati dovreste recuperare parecchio materiale senza spendere un euro (piegateli bene altrimenti non ci stanno). Il gioco è fatto. Occorre un cortile o un giardino abbastanza ampio. Se avete la fortuna di averlo benissimo; se abitate in un condominio potete chiedere il permesso per utilizzare gli spazi comuni (tutti i bambini vorranno partecipare al vostro gioco) mentre se non disponete di aree adatte, provate a cercare qualche altra mamma o papà interessati a collaborare con voi e a mettere a disposizione il loro cortile.

Procuratevi dello scotch da pacco, un taglierino (che useranno solo gli adulti) e tutto il materiale che la vostra fantasia saprà suggerirvi (stoffe, pennarelli, tempere e pennelli, etc.). I bambini impazziranno dalla gioia nel costruire case, cunicoli, percorsi, nascondigli… e voi con loro. Potete, se vi è utile, darvi un tema per realizzare un unico insieme di costruzioni (es. la città al contrario, il labirinto dei mostri, etc.). È bene poter disporre di parecchio tempo, quindi proponete l’attività nel fine settimana o in una giornata in cui siete piuttosto liberi. Il successo è assicurato.

Un ultimo consiglio: tenete d’occhio il giorno in cui passano a ritirare la carta! Le operazioni di smaltimento sono gli unici effetti collaterali dell’impresa. Tre dei miei figli compiono gli anni tra agosto e ottobre… quindi questi per noi sono giorni caldi in cui progettare feste a tema sempre nuove. Aspettiamo le vostre idee, raccontateci i vostri momenti di festa, i giochi più riusciti, le sorprese che sono entrate a far parte del vostro scrigno dei ricordi… Grazie in anticipo e un caro saluto a tutti. Leggo sempre con molto interesse tutti i vostri messaggi, continuate a condividere le vostre piccole e grandi sfide.

Pubblicato il 23 agosto 2010 - Commenti (3)
16
ago

Vacanze al villaggio

Poter trascorrere le vacanze in un villaggio è un lusso non per tutti. Ammettiamo però di poterci permettere questa scelta, in qualità di genitori: cosa pensiamo del villaggio come luogo turistico per  la famiglia? Io la penso come una nuova terra di missione. I preti dovrebbero spendere parte del loro ministero in questi luoghi di vacanza di massa. Quindici giorni all’anno in cui dismettere la veste talare e indossare T-shirt e costume e incontrare le famiglie. Quelle così e quelle cosà. Altro che Messe con pochi fedeli, ogni sera un bagno di folla in panciolle, pronta a godersi lo spettacolo. È vero, i don non soffrono certo di disoccupazione, ma tra un Grest e un campo estivo, perché non investire un po’ di energie in Costa Smeralda o a Torre del Faro?

Il tempo delle vacanze è un’occasione per la famiglia in cui ricompattarsi. Si sta insieme dalla mattina alla sera e si fanno un sacco di cose. Nei villaggi capita però che genitori e figli si intravedano appena. Cosa non mi piace:

- Gli animatori dei mini club: in genere è la loro prima esperienza e non hanno competenze particolari. Ti vengono incontro delle belle ragazze giovanissime con un enorme sorriso, ma basta questo per garantire ai nostri figli momenti di svago che fanno bene? Per renderli protagonisti non basta chiedere ai bambini: “Siete pronti?” “Non sento, più forte!” “Più forte!”… farli gridare e mettere musica a tutto volume… questo è caos.

- Le scenette dei cabaret all’Alvaro Vitali, dove i doppi sensi e le volgarità sono il solo motore per strappare una risata. E i nostri figli sono lì, a bocca aperta, magari capiscono poco, ma non gli sembra vero di assistere a tutto ciò che in genere è vietato dai genitori.

- I buffet. È difficile educare al rispetto dei beni, a non sciupare il cibo di fronte a una distesa di alimenti in grado di sfamare un campo profughi. Ci si guarda attorno e si vedono piatti zeppi di ogni cosa, abbandonati lì, per correre a prendere qualcos’altro.

Descritto così, sembra l’inferno. Ammetto che ci sono anche aspetti positivi. Più volte mi sono goduta con la famiglia splendide settimane di vacanze ai villaggi. Si possono fare un sacco di sport, cimentarsi nei tornei, incontrare altre famiglie, conoscere animatori pieni di curiosità e intraprendenza. Vi invito a discutere su cosa fa bene alla famiglia in vacanza. Raccontateci le vostre esperienze.

Ho chiesto a mia figlia cosa le piace della vacanza al villaggio. Lei è stata telegrafica: la baby dance, gli animatori simpatici che fanno ridere (la scenetta del diavolo piscia piscia è rimasta per loro mitica), che tutti i giorni si possono mangiare le patatine fritte.
Questo è il vero problema!

Pubblicato il 16 agosto 2010 - Commenti (2)
07
ago

Mamme in attesa

Quando una donna diventa mamma? È una questione d’istinto o di abitudine? Roberta qualche tempo fa ha scritto nel blog di aspettare un bimbo. Ho stampato nel cuore la gioia davanti ai test di gravidanza positivi… a essere sinceri davanti al quarto la gioia è stata preceduta dalla meraviglia… va beh diciamo anche da un vertiginoso panico.

Il messaggio di oggi è dedicato a tutte quelle donne che stanno diventando mamme per la prima volta, che si apprestano a quel passo di non ritorno, a un cambiamento di stato, a una rivoluzione. Le emozioni dell’attesa sono moltissime, la natura ha pensato bene di darci nove mesi per prepararci al meglio a questa trasformazione. Da principio ci sono le ecografie (accompagnate da una serie di compagni di viaggio più o meno invadenti: nausee, sonnolenza, etc); poi la possibilità di scegliere i colori per ricamare lenzuola e bavagli. I suoi primi movimenti, all’inizio così difficili da distinguere. Poi lo sentiamo chiaramente, per un po’ è un’emozione solo nostra, fino a che, un giorno chiamiamo tutti e proviamo a condividerla.

Il papà avvia il primo gioco con suo figlio: il campo è la pancia della mamma e loro si inseguono, si spiano fino a incontrarsi e intuirsi. Tra i tre e i sette mesi in genere ci si sente pieni di energie, ci si prepara per il grande incontro. E poi gli ultimi mesi, quelli in cui la pancia è enorme, che cammini per strada e tutti ti guardano e ti chiedono quando nascerà. E tu provi a rispondere e ti godi le piccole attenzioni che molte persone, anche sconosciute ti regalano: un posto sul tram, saltare la coda alla cassa del supermercato (questo io non l’ho mai provato), etc.

E quando è tutto pronto, iniziano le gite ai monitoraggi: sei lì che senti il suo cuore galoppare e speri che qualche contrazione faccia capolino. Uno, due, tre monitoraggi e poi, all’improvviso succede, capisci che sta accadendo qualcosa di importante e devi correre, per quanto ti è possibile. Per chi deve affrontare un cesareo l’appuntamento è dato ma l’emozione non è certo di meno. A me hanno sempre indotto il parto, nessuno dei miei figli si è deciso ad uscire da solo… sognavo di avere le contrazioni mentre ero in fila in posta… Raccontateci le vostre emozioni dell’attesa, le paure e le gioie. Auguri a Roberta e a tutte le mamme in attesa. Ringrazio di cuore tutti quelli che continuano a condividere le proprie storie. Grazie a Lelli83… tieni duro, le cure che regali ai tuoi figli sono un Inno gradito a Dio.

Pubblicato il 07 agosto 2010 - Commenti (0)
30
lug

Una Messa del tutto speciale

Domenica scorsa, alle 10,30 siamo andati a Messa in oratorio. Io e mio marito siamo aspiranti cattolici, nel senso che ci proviamo. La domenica andiamo a Messa tutti insieme e l’impresa non è facile. Fatichiamo ad arrivare puntuali e niente è più imbarazzante di entrare a Messa iniziata con uno o più passeggini cigolanti alla ricerca di un’area occupabile.

Per fortuna hanno inventato le messe del percorso Battesimi. Nella nostra parrocchia tutte le famiglie che battezzano un figlio, vengono poi invitate a una S. Messa in oratorio all’anno specifica per loro, nella quale viene consegnato un segno. Il tutto si chiude con un momento di convivialità. Detto con parole concrete una Messa con gadget e rinfresco. Il successo dell’iniziativa è totale. Le famiglie sono sempre moltissime, spesso molte disabituate alle celebrazioni domenicali. I nostri figli impazziscono e perfino Pietro, che è il più brillante dei 4, riesce a starci dentro. L’idea che se sta buono durante la Messa può abbuffarsi poi di patatine gli dona una quiete insperata.

Oggi è successo un fatto particolare che vorrei condividere con voi, soprattutto con chi in materia di fede ha idee diverse. A un certo punto della Messa, proprio poco prima della Consacrazione il prete (un don giovane, trent’anni, una specie in estinzione) ha chiamato tutti i bambini sull’altare. Noi genitori ci siamo guardati in faccia e il pensiero è stato comune: “È matto!”. I bambini presenti erano più di trenta, dai 2 ai 6 anni, con una concentrazione di 3/4enni. Loro non se lo sono fatti dire due volte, tutti si sono diretti verso il don. Potete immaginare l’altare di una cappella dell’oratorio: per quanto spazioso è ovvio che per starci tutti occorre stringersi, fare più file, accalcarsi attorno alla mensa. Ho pensato, minimo gli tirano la casula o si appendono alla tovaglia. In queste Messe c’è sempre un brusio di fondo. Avremmo partecipato a più di venti celebrazioni, mai c’è stato un momento di silenzio assoluto. Oggi è successo. Il prete ha consacrato pane e vino e ha letto anche tutta la preghiera dopo circondato da tutti quei bambini. Non volava una mosca. È salita sull’altare anche Caterina, la nostra piccola, che riesce a parlare anche coi sassi. Niente. Non una sillaba.

Dopo il Padre Nostro il prete ha congedato tutti i piccoletti. Un miracolo. Per me è stato un momento di altissima teologia. I bambini guardavano l’altare e stavano zitti. Magari stavano pensando all’orsetto spelacchiato lasciato in macchina o alle altalene da basso o alle patatine… non so. Nessuno ha detto loro di stare zitti, l’hanno capito da soli. Un mistero. Raccontateci, se vi va, COME LA VOSTRA FAMIGLIA VIVE LA DIMENSIONE SPIRITUALE, le fatiche e le scoperte con i vostri bambini. Buona settimana.    

Pubblicato il 30 luglio 2010 - Commenti (1)
23
lug

Baci appassionati

  Oggi ho portato Pietro e Caterina al parco giochi in bici. Il caldo a casa era intollerabile. I due si sono avventurati tra le piante e i giochi per esplorare l’ambiente. C’erano altri bambini in giro con i loro genitori. Dopo un po’ il mio sguardo si sofferma su una panchina un po’ defilata: ci sono due adolescenti che si baciano appassionatamente. Pietro decide di andare ad arrampicarsi proprio sugli attrezzi a pochi metri da loro. Penso che se anche cadesse di testa dal piolo più alto, loro non si accorgerebbero di nulla. Neppure le nostre urla disperate li distoglierebbero dai loro baci, forse neanche le sirene dell’ambulanza (per fortuna Pietro non è caduto!). Io e mio marito ora non riusciremmo a stare appiccicati così a lungo neanche con una pistola alla tempia… con questo caldo poi... Quei due sono incollati, infaticabili, irraggiungibili. Dieci, venti, trenta minuti senza una pausa. Li osservo spesso, mio figlio non si sposta da lì e nello stesso campo visivo tengo a fuoco entrambi. Un po’ li invidio. Io e mio marito di movimento ne facciamo parecchio, i figli e il lavoro ci assorbono tutto il giorno. La sera ci ritroviamo sfiniti, ci mettiamo a fuoco solo dopo un po’. D’estate poi la vivacità dei figli sembra inesauribile, si va tutti a letto più tardi, io e lui riusciamo a parlarci davvero, solo molto tardi. E i baci belli, quelli che durano, hanno bisogno di energia. Il tempo corre e spesso rimandiamo a domani l’appuntamento per stare un po’ vicini. Grazie al cielo ogni tanto ci diamo degli appuntamenti di coppia, solo per noi, rubati a tutto. Lì ricarichiamo le batterie; può essere una cena insieme, una passeggiata, un pomeriggio in casa da soli o, qualche volta, un breve viaggio. Lì riscopro le labbra morbide e umide di mio marito, le stesse che mi appassionavano quando eravamo fidanzati. Sono brevi attimi, sufficienti per riassaporare la passione di quei due ragazzini sulla panchina. Attimi, perché ora la vita è piena di tanto altro. Essere genitori senza un compagno a fianco è difficile. Molte mamme e molti papà la sera, dopo essersi dedicati ai figli, si ritrovano da soli, senza una relazione di coppia a cui appoggiarsi. Il tema di questa settimana è denso: che peso ha l’affettività di coppia nella tenuta energetica di un genitore? Quale spazio riuscite a ritagliare per la cura della vostra coppia? Quali sono le fatiche dei genitori che non vivono più una dimensione di coppia? E soprattutto… c’è qualcuno che si bacia ancora come quei due ragazzi? Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 23 luglio 2010 - Commenti (3)
16
lug

Le paure della notte

Grazie a Dio che ci sono i papà. Tutti e quattro i nostri figli dormono nella stessa stanza, eppure, nonostante l’affollamento, la paura trova spazio. Ognuno ha la sua. Caterina (20 mesi) piange a ogni separazione, non vorrebbe mai che ci allontanassimo da lei. Pietro (4 anni) prima aveva il terrore dei dinosauri (una sera mio marito ha letto una storia sul T-Rex entrando molto nella parte. Risultato: Pietro e Alice hanno pianto per mezz’ora) ora è il turno dei sogni brutti. Alice (6 anni) è la più creativa anche nelle paure: prima aveva il terrore delle streghe, poi della mamma di Coraline (un cartone animato che vi consiglio di comprare ai vostri figli dopo i 18 anni se non volete fare le notti in bianco) e ora ha paura del futuro… mi spiego? Ce ne vuole a confortarla. Jacopo (9 anni) è uscito dal tunnel delle paure. Ne ha avute tante: paura della morte (voleva sapere cosa succede dopo, tipo se in Paradiso si gioca a calcio) della guerra, cosine così. Stanotte due su quattro hanno avuto paura. Alle 2 si è svegliata Caterina. Io sono stata lì a tenerle la manina stesa per terra, in attesa che prendesse di nuovo sonno, poi sono strisciata fuori dalla stanza, ma lei, si è accorta e ha ricominciato a chiamare. “Silenzio, è ora di dormire!” le ho detto con tono deciso, convinta di quello che dicevo. Io non sono per i metodi drastici, soprattutto con i bambini molto piccoli. Sono però convinta che, dopo averli molto rassicurati, coccolati e ninnati, arriva un momento in cui sostenere il distacco. Devono sentire che papà e mamma sono certi che quella è la cosa migliore per loro. Bene, ora mi chiedo: perché quando dico io basta, Caterina continua a urlare e invece quando lo dice mio marito lei si calma? È possibile che in una semplice parola, in un BASTA, si nasconda una gamma di messaggi paralleli che una frugoletta di 20 mesi riesce a cogliere? Il mio basta non convince. Lui è credibile. Io posso anche immedesimarmi nella matrigna di Biancaneve e sfoderare un BASTA ruggente. Lei sente: “Ancora… ancora!” Consiglio a tutte le mamme sfinite da notti tormentate di rinforzare il ruolo del papà. Fategli scoprire il potenziale che c’è in loro, magari nascosto in un sonno pesante.   Alle 2:30 si è  svegliato Pietro in preda al terrore: una mandria di animali ha invaso il suo letto. Abbiamo provato a scacciarli ma erano davvero troppi, anche per mio marito. L’unica via di fuga è stato migrare nel lettone. Capita poche volte, ma di fronte a certe invasioni, non abbiamo ancora trovato il basta giusto. Raccontateci che rapporto hanno i vostri figli con le paure e come le affrontate. Buona settimana a tutti e buone vacanze a chi è in partenza.  

Pubblicato il 16 luglio 2010 - Commenti (0)
07
lug

A proposito di pagelle

“Com’è andata la pagella di tuo figlio?”

“Bene, grazie. Molto bene. Siamo davvero… davvero soddisfatti. E quella del tuo?

“Bene, grazie. Anche lui è stato bravo”

…Nessuna traccia di superlativi… minimo non ha un dieci, forse neanche un nove.

Il pensiero corre veloce. Ci si sente impacciati quando tra le mani abbiamo quel pezzo di carta che racconta nostro figlio con dei numeri. Arriviamo dalle insegnanti o dai professori pieni di attese, vorremmo sapere tutto. Cerchiamo di intuire, dalle poche parole che accompagnano la consegna della pagella, l’idea che hanno dei nostri figli. Vogliono bene ai nostri ragazzi? Li apprezzano?

La scuola è una grande occasione per appassionarsi al sapere. Percepirsi inadeguati zavorra il viaggio della crescita.

Io ricordo un professore di italiano: quando spiegava, gli si sporcavano di bianco gli angoli della bocca; erano per me i segni della sua passione, della foga con cui ci raccontava le storie. Lui mi ha fatto sentire per la prima volta originale.

Se penso ai miei figli spero non trovino mai educatori indifferenti. Per il resto i voti sono solo numeri.

Pensando agli educatori che animano le nostre scuole darei:

1 a quelli che fanno sentire qualcuno uno zero;

2 a quelli che conoscono solo il pronome personale IO;

3 a quelli per cui l’orario di lavoro è solo un conto alla rovescia;

4 a quelli per cui insegnare è un ripiego

5 a quelli per cui potrei non diverrà mai posso;

6 a quelli che ci provano;

7 a quelli per cui ogni ragazzo è una potenza;

8 a tutti quelli che sognano l’alfabeto e si svegliano col sorriso;

9 a quelli che amano l’intervallo e le gite;

10 a quelli che regalano le ali.


Condividete nel blog la vostra esperienza con il mondo della scuola, sia come genitori che come alunni e, se ne avete voglia, divertitevi a creare la vostra pagella. Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 07 luglio 2010 - Commenti (2)
23
giu

Dare parola alle emozioni

Alice (6 anni) sta risistemando la bici nel garage. Erano giorni che aspettava quest’uscita sulle due ruote col nonno. Sento aria di tempesta. “Fa traballare il manubrio, non è sicura. Si vede che ha paura!”, mi dice mio padre con tono secco. Alice si precipita di sopra e mi prende per mano: “Vieni dentro.” Scoppia a piangere: “Sono rimasta male …- singhiozza -… Il nonno ha detto che ho paura…” disperazione. Entra il nonno in cucina. Io spiego: “È triste! È rimasta male perchè le hai detto che ha paura”. “C’è mica da scherzare… con le macchine è pericoloso. Lei non è sicura, sbanda. Nella discesa stava venendo giù piano, io sono andato un po’ avanti… ha sbandato e poi è caduta. Non c’è mica da piangere, su, basta… uff, cosa sarà  mai…” saluta e se ne va. Lei piange. Arriva mio marito: “Emergenza emotiva. Fate largo. Io voglio parlare bene con Alice.” Si sdraiano, lui sul parquet, lei sulla sua pancia. “Mi spiace, il nonno ti ha detto una brutta cosa!” Jacopo fuori campo: “Il nonno si è spaventato. Ha detto così per quello…” Alice: “Tu stai zitto! Quella cosa bellissima che avevo in mente… è diventata una cosa bruttissima…” Il papà le chiede: “Cosa ti rende così triste?” “Il nonno a me vuole meno bene… lui preferisce portare in bici Caterina (2 anni). Con lei usa sempre parole dolci. Con me mai.” Per fortuna ci sono i papà! Ecco il nocciolo del problema. Alice è molto triste perché pensa che il nonno non le voglia bene, che preferisca la sorella a lei. Poterlo raccontare… dopo molte lacrime… l’ha tranquillizzata. Mio papà è una brava persona… solo che è in fatto di sensibilità è un ciocco di legno… dice le cose come è capace. Credo che sarà difficile cambiarlo… Sarà più probabile che Alice imparerà a prenderlo per com’è, a dare il giusto peso alle sue reazioni. La famiglia è un’ottima palestra emotiva; purtroppo i tempi frenetici a volte annullano la possibilità di spiegarsi, si andare oltre l’apparenza. Alice poteva continuare a piangere senza raccontarci la vera paura. Questa volta ci è andata bene. Raccontateci lo spazio che in casa vostra trovano i sentimenti, come siete usciti da qualche ingorgo emotivo. Buona settimana a tutti. Evviva… ha scritto un papà!


Pubblicato il 23 giugno 2010 - Commenti (1)
15
giu

Parlare della morte con i figli

Qualche giorno fa è morta un’anziana vicina di casa. Ai miei figli era molto simpatica. Sapeva cucire, un’arte misteriosa, di cui in casa nostra non c’è traccia, e poi prestava loro libri splendidi: Rodari, Ende, manuali per i lavoretti… In pochi giorni è caduta, è andata in ospedale e non è più rientrata a casa.

Pietro (4 anni), quando torna dalla scuola materna e passa davanti alla sua finestra mi chiede spesso: “La Emma è morta?”

Io sono in imbarazzo, lui lo chiede forte. I vicini sentono. “Dov’è adesso?” “Torna?”

Sempre gli stessi interrogativi. Mi ricorda quello che è successo. Lo ricorda a tutti.

Quando Jacopo aveva la sua età, mi faceva un sacco di domande: “Mamma ma se tu muori non torni più? E il papà?”

Io avrei voluto regalargli la spensieratezza: “Stai tranquillo bambino mio, mamma e papà staranno sempre con te fino a cent’anni”, ma con quale verità potevo mantenere la promessa?

Bambino mio, i genitori si prendono cura dei loro bambini, in genere li vedono crescere e muoiono quando sono anziani. Ma nessuno sa il momento della propria morte. Una cosa certa è che noi possiamo rendere speciale ogni giorno che viviamo insieme. Io e te stasera ci possiamo coccolare e farci compagnia di fronte a una paura così grande, che hanno tutti. Possiamo dire una preghiera a Gesù perché ci protegga a lungo e ci aiuti a volerci bene. Lui ha detto che dopo la morte ci ritroveremo tutti insieme in cielo. Noi saremo mamma e figlio per sempre”.

Lui ha continuato a piangere. La fede è un passo faticoso. Io l’ho abbracciato e per molti giorni abbiamo continuato a parlare di questa sua paura, finché gli è venuta voglia di parlare di altro.

Il silenzio e la superstizione non tengono lontano la paura.

Ringrazio tutti i lettori di questo blog e le mamme che hanno scritto: la loro testimonianza mi commuove e mi riempie di nuovo slancio. Continuate a raccontarvi (aspettiamo anche qualche papà).

Pubblicato il 15 giugno 2010 - Commenti (1)
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