Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
29
feb

I figli non nascono liberi

“Sali in macchina che è tardi… veloce!”
P. (5 anni): “Voglio stare davanti!”.
“Non puoi, devi metterti dietro”.
P. “Io voglio stare davanti… papà l’altro giorno ha fatto stare J. (11 anni) davanti”.
“Lui è più grande, tu sei piccolo e devi stare dietro!” Urla e capricci.
“Conto fino a tre, se non sali dietro e non ti metti subito la cintura… non vai alla festa di Luca!”
“Io voglio stare davanti!” lamenti vari.
“Uno…” capricci. “Due…”
P: “Uffa, non è giusto!”
“Tr…”
“E va bene, vado dietro, però J. è stato…”
“Il discorso è chiuso. Non voglio sentire una parola, devi ubbidirmi perché so cosa è giusto fare!”… silenzio
…qualche attimo dopo: “Mamma, davanti è pericoloso perché scoppia l’ice-berg?”
“Eh?...” poi mi si accende la lampadina
“...proprio per quello, vedi che le cose le sai?”.

Potrei citare centinaia di esempi in cui un figlio pretende di fare quello che vuole: a tavola, in bagno, davanti all’armadio dei vestiti, prima di fare i compiti, etc. infinite situazioni nelle quali chi sta crescendo sente un’incontenibile desiderio di affermare se stesso. “Non voglio mettere la sciarpa perché mi da fastidio”. “Voglio cambiare la maglietta perché si è sporcata con una goccia di sugo”. “A colazione voglio solo i biscotti con le gocce di cioccolato perché mi piacciono e tu sei una mamma cattivissima perché non me le vuoi comprare!” Il rischio è quello di sentirsi dire: “Sei una mamma cattiva!” mentre si definiscono le regole e le si fanno rispettare.

Un figlio non nasce libero. È giusto che un bambino fin da piccolo lotti con tutte le sue forze per ottenere quello che vuole ma dall’altra parte deve trovare un genitore capace di discriminare ciò che è adatto a lui da ciò che non lo è. Non è una responsabilità del bambino decidere quello che gli fa bene e quello che gli fa male, attribuire a lui il peso di questa valutazione significa caricarlo di un compito sopra la sua portata. Cosa mangiare, quanta televisione vedere, quando andare a letto, quanto tempo dedicare alle tecnologie… sono tutte dimensioni che devono essere governate dagli adulti.

J. (11 anni) “Mamma, tutti i miei compagni giocano molto di più di me alla WII. Io devo fare prima i compiti e poi gioco solo mezz’ora… non è giusto… tu non mi vuoi fare felice… allora smetto di fare bene i compiti appena tornato da scuola!”.
“Benissimo! Però sappi che fino a che non hai finito i compiti la WII non la tocchi e il tempo massimo è quello stabilito!”.
Alla fine, dopo parecchi sbattimenti di porte e lamentazioni i compiti vengono fatti, i malumori spariscono e la mezz’ora di WII (che poi sfora sempre di un po’) ha il gusto di sempre o forse anche un po’ meglio. Questa visione a me ha cambiato la vita: sono io che devo decidere cosa è meglio per mio figlio, finchè non avrà muscoli e cervello a sufficienza per farmi capire che è pronto, che è forte abbastanza per decidere. Un bambino di due anni non può decidere cosa vuole nel piatto. Pensarsi un genitore forte, con la G maiuscola, che sa e può prendere in mano la situazione mi ha dato il coraggio, con mio marito, di non scoraggiarmi di fronte a capricci, pianti e urla.

C. (3 anni) è capace di mettere in scena show da oscar per fare a modo suo. “Conto fino a tre… “ coi piccoli è la strategia che ci aiuta a non perderci in spiegoni lunghissimi. I miei figli non hanno paura di noi ma sanno che sappiamo farci ubbidire. Manteniamo quello che diciamo. “Grazie papà che ci hai portato a mangiare la pizza in questo posto bellissimo. Sei un genio!” Essere autorevoli non significa umiliare i figli ma valorizzare tutte le loro potenzialità delimitando la pista su cui sono in grado di correre.

Cosa ne pensate di queste affermazioni? Vi sentite genitori forti o deboli? Quali sono le fatiche che sperimentate nella gestione della quotidianità? In che occasioni avete constatato che essere direttivi significa preservare il bene dei propri figli? Aspetto le vostre considerazioni. Un caro saluto a tutti!

Pubblicato il 29 febbraio 2012 - Commenti (2)
21
feb

Dare i numeri

1, 2, 3, 4 ripenso ai miei figli, controllo che ci siano tutti, una ginnastica che ripeto 100 volte al giorno: J. è a calcio, A. in palestra, P. sta colorando e C. è di là in camera. Una check-list che mi viene spontanea quando sono in macchina e mi giro per vedere se sono tutti dietro, o quando faccio dentro e fuori per accompagnare e riprendere. Il controllo numerico è come il salvataggio automatico del pc, è programmato a intervalli brevissimi.
41° di febbre, J: “Mamma, aiutooo! Ci sono i coccodrilli. Aiutooo mi mordono”. Mio marito lo stringe forte e io con un asciugamano provo a scacciarli “Tranquilli tesoro, ti proteggiamo noi”. La notte più lunga della nostra vita ad abbattere mostri invisibili… almeno per noi. 37° … si può tornare a scuola, si può tornare a lavorare.
250° per una pizza croccante… 80° per asciugare le meringhe e mille altri numeri per preparare ogni giorno pasti sani e accettabili agli occhi dei piccoli e dei grandi.
6 i posti a tavola quando ci siamo tutti e un sacchetto di pasta da 500 g.
Non basta. Le date dei compleanni, le feste da inventare e le candeline  da spegnere che se quest’anno decidessimo di metterle tutte su una sola torta ne servirebbero 109.
5 le stelle che mi piace trovare nelle recensioni del film che stiamo per andare a vedere al cinema, perché qualche volta pensare alla coppia fa bene.
I 10 minuti che alla fine perdo prima di uscire e mio marito aspetta e s’innervosisce. E poi i numeri che mi dimentico, i 3 colloqui con i professori di mio figlio che ho fissato con attenzione e poi ho dimenticato fino a quando non c’era più modo di recuperare. I professori hanno chiesto a lui conferma dell’appuntamento. J. ha risposto candidamente: “Si sarà di certo dimenticata!” Una figura degna di Paperissima. Una dimenticanza che mi ha fatto sentire una mamma da 4, non affidabile.
Grazie al cielo la sera ho preparato la pizza e mi hanno dato 10 e lode.

Che voto mi do come mamma? Una domanda da non farsi. Qualcuno di autorevole diceva che quello che a un figlio serve è una mamma sufficientemente buona. Un 6 può bastare per far crescere un figlio sicuro. Una meta raggiungibile che sotto la fatica regala la soddisfazione di una vita spesa bene!

Quali sono i numeri importanti a casa vostra? In cosa vi sentite sicuri nel vostro ruolo di genitori? Quali sono le aree invece in cui vi sentite inadeguati e vorreste essere migliori? Vi capita di dare i numeri? Raccontateci le vostre medie e i punti di eccellenza… insieme daremo grandi numeri! Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 21 febbraio 2012 - Commenti (3)
10
feb

L’amore al tempo delle elementari

(foto Thinkstock)
(foto Thinkstock)

D. mi ha sollevata, mi ha fatto girare e mi ha stampato un bacio sull’orecchio. Io ero più alta, lui era forte. La maestra era appena fuori dalla porta, ora che eravamo in quinta il caffè lo beveva lì. Sono tornata a casa emozionata come quando, pochi mesi dopo, Paolo Rossi segnò il primo goal nella finale contro la Germania.

Un bambino può innamorarsi? E quando succede come vive questo sentimento? Sono molti i ricordi che noi genitori possiamo serbare nel cuore, momenti puri e intensi: biglietti scambiati di nascosto sotto il banco, consulti segreti con l’amico/a del cuore di lui o di lei, guance arrossate per l’imbarazzo, etc. Condividere questi ricordi con i nostri figli è un’esperienza stimolante per tutta la famiglia: «Mamma, ma dove l’hai baciato? E tu a lui piacevi? Papà, tu hai mai mandato i bigliettini a qualcuna?». Ai bambini piace fare un sacco di domande, vederci ancora emozionati a distanza di anni, magari impacciati nel mostrarci in questa veste insolita. Oggi come ieri il cuore continua a battere.

M. (11 anni) con un suo compagno ha lavorato sodo per comporre una canzone da dedicare a due compagne. Hanno trovato gli accordi, scritto le parole, provato e riprovato per poi arrivare pronti alla grande prima di fronte a una classe emozionata e divertita. J. (11 anni) è tornato da scuola con il bigliettino di un’amica: «Ti piaccio?» e una croce da mettere sul SI o sul NO. Lui ha risposto: «No, però mi sei simpatica», un bel modo per dirle che per lui il tempo dell’amore è ancora lontano. Alcuni genitori si sentono interpellati in questi giorni dai loro figli per il regalo di San Valentino. Bambini anche molto piccoli vogliono comprare qualcosa per un’amica speciale che in alcuni casi si chiama già fidanzata. Cosa può rispondere un genitore? Mi è capitato di vedere adulti entrare coi figli in cartoleria e vagliare tutte le possibili alternative da finanziare per i progetti amorosi della prole.

Ma a un figlio serve questo tipo di supporto? E soprattutto è sensato pensare che un genitore dia dei soldi a un bambino delle elementari per un pegno d’amore? Perché l’amore finanzi il mercato c’è tempo, a quest’età è bello pensare a un amore a costo zero, che il regalo sia qualcosa di personale, un prodotto della creatività. «Se vuoi regalare qualcosa devi darti da fare, fatti venire un’idea per preparare qualcosa di molto bello che parli di te». Ci sono poi figli a cui il cuore batte solo per gli amici e l’altro sesso resta un universo che genera scarso interesse. Ogni volta che chiedo a mio figlio (11 anni) se c’è qualcuna che gli piace mi guarda con aria scocciata e mi dice di no e soprattutto che non sono affari miei. Il suo cuore batte per il calcio, per gli amici, per le sfide con la WII, per i calci che tira al pallone…

In questi giorni ho rivisto Lilli e il vagabondo che è appena stato rilanciato (in dvd e blu ray). E’ la storia di una cagnolina che si sente non più amata dopo che i suoi padroni sono diventati genitori. Così fugge e viene strappata dalle grinfie dell’accalappiacani, grazie all’intervento salvifico di Biagio, che nel tempo diventa il suo amico del cuore e poi l’innamorato che la trasporta nel territorio dell’amore. Biagio si dichiara a Lilli, di fronte a un enorme piatto di spaghetti e polpettine in un’atmosfera romantica fatta di cielo, luna e stelle e fisarmonica di sottofondo. Questo amore li rende uniti e inseparabili capaci di affrontare grandi sfide. Insomma Biagio prima fa a Lilli da papà, poi da amico e quindi da fidanzato. Un bel percorso da proporre ai nostri figli per capire davvero cos’è l’amore. Prima vederlo testimoniato in famiglia, dagli adulti di riferimento, poi sperimentarlo all’interno di una relazione protetta con gli amici e magari con un amico del cuore, senza le complicazioni sentimentali. Infine nel caldo abbraccio di qualcuno che trasforma tutto e dà senso a tutto. Un percorso che mi piacerebbe per ogni mio figlio e naturalmente anche per tutti i figli di chi mi sta leggendo ora. Credo che questo sia il ruolo di noi genitori: essere testimoni credibili dell’amore, comunque ci sia andata nella vita.

E i vostri figli quanto vi raccontano dei loro sentimenti? Vi è capitato di ascoltare le confidenze amorose o le delusioni di un figlio? Come aiutate i vostri ragazzi a imparare l’amore? Quanto spazio ha in casa vostra la possibilità di condividere emozioni forti? Buona settimana a tutti.

P.S. Un piccolo regalo: ascoltate sul YuoTube E. Finardi che descrive il suo primo amore nella canzone Katia, tratta da Acustica (1993).

Pubblicato il 10 febbraio 2012 - Commenti (1)
01
feb

Buone idee

IDEE PER DORMIRE
Nel cuore della notte, Luca (8 anni) si precipita nel lettone dei genitori. Non sente ragioni, vuole stare lì con loro e accetta di tornare nel suo letto solo se papà o mamma si fermano lì con lui. Dice che ha bisogno di sentirli vicini, che non vuole stare da solo. I genitori cercano di rassicurarlo, ma Luca non riesce a farcela, ha proprio bisogno della loro presenza fisica, di sentire che ci sono. Dopo qualche notte di pellegrinaggio la mamma ha un’idea geniale, gli propone una nuova forma di contatto. Gli dice che loro sono lì vicino, poi lega un lungo filo alla testata del letto e spiega a Luca che terrà l’altro capo nella sua mano, così saranno uniti tutta notte da quel filo. Se si sveglierà, potrà tirare un po’ e la mamma gli risponderà con un colpetto. Sarà il loro linguaggio segreto per sentirsi vicini senza bisogno di muoversi, restando ciascuno nel proprio letto. Il bambino ascolta incuriosito l’idea della mamma e poi si addormenta tranquillo con il cordino a portata di mano. Per qualche notte la comunicazione via filo continua: Luca da un colpetto e la mamma risponde. Questo basta a tranquillizzare il bambino. Con questa idea Luca riesce a vincere le sue paure e dopo qualche tempo non chiede più di usare il filo.

IDEE PER FARE FESTA
Un gruppo di famiglie si trova d’abitudine per festeggiare l’ultimo dell’anno insieme. Quest’anno sono davvero in tanti e Carlo e Elena sono la famiglia di turno per l’ospitalità. Elena tema di non farcela poi Carlo ha un’idea. Affida la gestione della festa ai figli (12 minorenni dai quattordici agli otto anni). Fa una breve riunione con loro e il 31 pomeriggio si danno appuntamento per iniziare i lavori. Lui consegna loro i materiali per apparecchiare e per gli addobbi, dice che le mamme  consegneranno tutti i cibi preparati per la festa (che loro dovranno organizzare – nessuno prevede la cottura), e gli suggerisce di mettersi eleganti per gestire la festa. Risultato: gli otto adulti vanno al bar a bere l’aperitivo fino all’ora di cena mentre i ragazzi lavorano in autonomia (Carlo si è dato reperibile ma non è stato mai chiamato). Gli adulti increduli al bar teorizzano sui possibili disastri. Arrivati trovano una schiera di ragazzi con camicia bianca e grembiuli pronti ad accoglierli. La stanza è addobbata in modo splendido: hanno costruito ghirlande e fiocchi, appeso lustrini, gonfiato palloncini. Ogni ragazzo ha il suo ruolo, c’è l’addetto al vino che ha sistemato un campanellino sul tavolo da suonare ogni volta che qualcuno ha bisogno, c’è chi serve, chi sistema le portate. I ragazzi si sono preparati il loro tavolo in cucina. Risultato: i grandi hanno goduto di un’esperienza straordinaria. Hanno potuto cenare serviti e riveriti ma soprattutto hanno contemplato i loro figli prendersi una responsabilità e giocarsela al meglio. È stata per tutti una festa da ricordare.

IDEE PER UN INVITO
P. (5 anni) l’altro giorno è tornato da scuola con un messaggio nella bottiglia. Un compagno ha portato alla classe gli inviti per la sua festa di compleanno: un raduno di Pirati. Ogni bottiglietta era stata dipinta con cura e aveva attaccato sopra una piccola mappa. All’interno era arrotolato l’invito con legata attorno una cordicella per tirarlo fuori. Mio figlio era entusiasta. Un invito pieno di messaggi scritti e non scritti. Un’idea che non costa niente ma che vale un tesoro.

Raccontate le buone idee che avete avuto oppure che vi hanno raccontato. La pratica quotidiana è per i genitori un’ottima palestra per affinare intuito e soluzioni creative… quindi facciamo tesoro delle scoperte condividendole! Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 01 febbraio 2012 - Commenti (1)
25
gen

Parlare della morte

“Adesso non voglio più sentire una parola. È tardi, devi dormire!”
 “Mamma, una cosa ancora… ma quando muori mi lasci una cosa che hai preparato per me?”
“Eh?... … Cosa hai detto P. (5 anni)?”
“Il Paolo (un parente da cui i bambini sono stati ospiti a pranzo nelle vacanze di Natale) ci ha detto che la sua mamma ha scritto su una pallina dell’albero – Per Paolo dalla tua mamma – e lui adesso ce l’ha ancora quella pallina, ce l’ha fatta vedere. Una pallina bellissima, d’oro”.
“Ah però, che bella storia…”.
“Mamma, me la fai anche per me prima che muori?”
“Eeeemmhh……Ok. Adesso dormi… Subito! Non voglio più sentire una parola”.

Sono tornata in camera da letto un po’ frastornata. Ho detto a P. che si può fare ma nella pancia sento che l’argomento crea un certo turbamento. Quando lo devo fare? Devo scendere in pantofole a recuperare una pallina tra quelle appena riposte nel garage? Posso aspettare domani? Devo cercare qualche svendita di palline nuove? La faccio firmare anche dal papà? O aspetto… forse l’ha detto così, forse si dimentica… Sarà il caso di prepararne una per ogni figlio onde evitare che al dolore per la dipartita si scateni anche una lotta fratricida.
Per tutti i genitori è una scoperta piuttosto inevitabile prendere atto della facilità con cui i bambini sanno e vogliono parlare della morte. Noi adulti scantoniamo e loro insistono, chiedono, fanno supposizioni fino a che, di fronte alle nostre reazioni smarrite, imparano che di alcune cose è meglio non parlare. Se però i figli trovano genitori sereni, che con la morte magari ci litigano ma non la ignorano, allora le paure possono essere raccontate, ripetute e poi addomesticate.

Un bellissimo libro sul parlare della morte coi bambini, avvincente e commuovente come un romanzo, è Così è la vita. Imparare a dirsi addio (di Concita De Gregorio). Sulla copertina c’è una fascetta che dice: “Ora che so tutto su come si sono estinti i dinosauri, posso sapere anche come è morto mio nonno?”. Geniale! Ecco una breve testimonianza estratta dal libro: “Giovanni aveva dieci anni quando è morta la sua mamma. La sera prima lo hanno portato a dormire da una zia, quando è tornato a casa gli hanno detto che la mamma era partita per un viaggio molto lungo. Lui l’ha aspettata… all’inizio dell’estate, suo padre e le zie gli hanno annunciato: da domani ci trasferiamo in campagna e lì troverai una bellissima sorpresa. “Ero felice, il giorno più felice della mia vita – mi racconta oggi che sono passati quarant’anni…- ero sicuro, ma proprio certo che la sorpresa fosse mia madre che era tornata e mi aspettava lì. Mi sono lavato, pettinato, profumato e vestito per lei… Quando siamo arrivati, dopo molte ore, nella vecchia casa di campagna mio padre prima ancora di entrare mi ha accompagnato al granaio, forse lei era lì dentro? Dietro un albero, forse lei era lì dietro? Poi mi ha detto chiudi gli occhi e quando li ho riaperti mi ha mostrato il regalo. Era una bicicletta”.

Ora scusate ma devo andare a cercare delle palle di Natale. Delle palle piene di vita che sarà bellissimo posizionare insieme sull’albero il più a lungo possibile. E voi come riuscite a parlare della morte con i vostri figli? Che domande vi fanno? Vi è capitato di trovarvi in difficoltà? Alcuni tra quelli che leggeranno avranno magari vissuto da vicino un lutto. A loro va il nostro affetto sincero e se hanno le parole per raccontarci la loro storia, la conserveremo come una memoria preziosa. Buona settimana.  

Pubblicato il 25 gennaio 2012 - Commenti (1)
18
gen

Una giornata al museo

“Mamma, io ci vado comunque!”
“Certo tesoro, però se ti senti male me lo devi dire…”.
“Sto bene. È solo che ho bevuto il tè in fretta… mi è tornato su…”
“Credo che avremmo qualche problema se vomiti sulle macchine di Leonardo”.
A. (8 anni) è in bagno con la mano davanti alla bocca.
“Portiamo in macchina una bacinella… per sicurezza, ma adesso andiamo… ci stanno aspettando”.
Facciamo il giro della città per recuperare le altre amiche e partiamo per una giornata speciale. Lo sapevate che essere alto per un sommergibilista del Toti non era un vantaggio? E che per molti giorni ventisei uomini vivevano sott’acqua nello spazio di un monolocale con un unico wc e un solo lavandino?
“Chissà che puzza!”
La guida sorride: “Si dice che fumassero anche”.
Un’altra guida ci accompagna nella mostra temporanea su Archimede: “Sapete che un giorno, mentre Archimede si stava facendo il bagno” - lui non abitava in un sommergibile - “e rifletteva sulla teoria del peso dei corpi nell’acqua, tutto d’un colpo, è saltato fuori pazzo di gioia per l’idea che gli era venuta e si è messo a correre per Siracusa gridando Eureka?”
“Nudo?”
“Proprio così!”
“Mamma, ma era pazzo!”
Una gita al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano è un’avventura per tutta la famiglia. Per tutti c’è da vedere, da toccare, da provare… ognuno col suo passo.
“Giura che il pile è fatto con un filo ottenuto dalle bottiglie di plastica?”
“Giuro”
“E perché lo fanno pagare se è fatto di immondizia?”
Abbiamo visitato la mostra temporanea Buon Appetito. L’alimentazione in tutti i sensi, aperto fino a giugno. Sapete quanto movimento serve per bruciare le calorie di una patatina del sacchetto? Ci siamo sfidati con dei pedali a mano per smaltire cibi diversi… mia figlia a casa ha detto a suo fratello:
“Non ti fai idea di che fatica si fa per una singola patatina!
 Le bambine ci hanno tirato dentro alle cabine del telefono a gettoni: - Cos’è questa?
Una navicella spaziale? Ci sono mille buone ragioni per andare in gita a un museo della scienza e della tecnica, perché un è conto dire che il suono della voce muove l’aria, altro è veder ballare dei chicchi di riso mentre un gruppo di dieci bambini urla a squarciagola. Scoprire la materia delle idee, renderla visibile, analizzabile e quindi comprensibile. E poi i tanti laboratori a cui il biglietto del museo dà accesso: quello delle bolle di sapone, quelli sull’elettricità, sui sensi, sulle nano tecnologie, etc. Piccoli e grandi possono mettere le mani in pasta. E noi le abbiamo messe anche nel gesso, diventando piccoli scalpellini del Duomo per un’ora: “Mamma è il giorno più specialissimo!”
Le guide sono molto appassionate e soprattutto entusiaste nell’interagire coi bambini. Improvvisavano racconti, scenette e dibattiti per rendere interessanti e comprensibili concetti complessi. Un’alternativa ai parchi divertimenti, forse un po’ meno adrenalinico ma di certo non meno interessante!

Se volete saperne di più su tutti i laboratori e gli eventi in programma consultate il sito del museo. Raccontateci un’esperienza speciale che avete fatto coi vostri bambini, una gita, una meta che volete consigliare agli altri genitori. Aspetto i vostri consigli e racconti! Buona settimana.

Pubblicato il 18 gennaio 2012 - Commenti (2)
12
gen

La ripresa

“Hai preparato la cartella?”
“Mamma mi provi la lezione?”
“Devi ancora farti la doccia?”
“Perché stasera non possiamo più vedere un film tutti insieme?”
“Io non ho sonno, voglio giocare ancora”.
“Non riesco a ritrovare il libro di lettura… chi me l’ha preso?”
“Io non voglio andare alla scuola materna perché tutti mi prendono in giro!”
“Io voio andale alla cuola ma viene anche mamma”.
“Mi serve una matita H3... e adesso come faccio se non c’è in casa?”
“Cosa mi metti per merenda… ti prego non dirmi frutta!”
“Mamma, vieni. Quando ci sono ancora vacanze?”
“Ops! Nello zaino ho trovato un arancio!”

Alle 23 riusciamo a spegnere le luci anche se C. (3 anni) va avanti a cantare la Bella lavanderia ancora per parecchio. Che bilancio fare di queste vacanze? Quanto tempo siamo riusciti a passare insieme, quante cose belle abbiamo fatto con i nostri figli e con i nostri compagni? La cosa più bella per me è stata camminare tutti insieme. Costringere, perché altrimenti avrebbero di certo preferito il divano o la tv, i nostri figli a uscire di casa per esplorare un territorio, una salita o una discesa. Abbiamo passeggiato nelle terre della Lunigiana, colpite di recente dall’alluvione, abbiamo visto le tracce del disastro ad Aulla, il fango accumulato, le macchine distrutte, i negozi ancora chiusi.

I nostri bambini hanno fatto un sacco di domande, hanno voluto sapere in cosa può trasformarsi un corso d’acqua che ora appare così innocuo. Siamo saliti in cima al Sacro Monte di Varese, quattordici cappelle per circa 2 Km di salita per uno itinerari più belli della nostra provincia. “Mamma, ma cosa c’è di bello in questa salita?” Ci ha chiesto J. (11 anni) ai primi tornanti “è tutto sempre uguale”. Poi abbiamo camminato, arrancato, per poi scattare e vedere chi riusciva ad arrivare per primo in cima a una rampa molto ripida di gradini. E abbiamo aspettato C. con il suo passo corto che è arrivato però fino in cima. E poi dopo poco la discesa ripida, senza funicolare, anche se i nostri figli avrebbero voluto tanto usare quella scorciatoia.

Camminare tutti insieme in casa nostra non è un desiderio che ci accomuna. È piuttosto una fissa dei grandi che i nostri figli tollerano, un’esperienza nella quale qualche volta si lasciano coinvolgere. Il risultato è sempre esaltate, almeno per me e mio marito: parliamo di un sacco di cose, ridiamo, facciamo giochi, cantiamo… “Certo che mamma quando si rientra a casa dopo una bella passeggiata al freddo ci si sente proprio bene!” A. (8 anni) “Tra tutte le passeggiate che fanno schifo, questa era pochissimo brutta ma tantissimo la più bella” P. (5 anni). “Bello!” “Ti è piaciuto il giro che abbiamo fatto?” “Bello che siamo arrivati a casa così posso sentirmi la partita… Però è stato bello anche il giro… basta che non ti metti subito in testa di farne un altro!” J. (11)  Ognuno ha il suo modo di esprimere il senso di appartenenza alla famiglia che il camminare insieme ci regala. Ora non resta che rimetterci in movimento per controllare che tutti siamo ben coperti.

La ripresa è ormai ufficiale! E voi come avete passato questi giorni di festa? Che momenti particolari avete vissuto in famiglia? Quali sono state le esperienze, i fatti o le emozioni che vi hanno fatto sentire uniti? E che fatiche siete stati costretti ad affrontare? Aspetto i vostri racconti. Buona ripresa a tutti!

Pubblicato il 12 gennaio 2012 - Commenti (3)
22
dic

Auguri

Per le mamme che incastrano i turni di lavoro con l’orario di scuola dei figli e arrivano puntuali fuori dal cancello a prenderli (io non faccio i turni e arrivo sempre in ritardo).
Per le mamme ammalate che devono cercare in alto la forza di sorridere.
Per le mamme che non smettono mai di riordinare quello che trovano in giro.
Per le mamme che dopo aver tanto faticato in cucina si sentono dire che potevano fare di meglio.
Per le mamme che se guardano indietro non hanno buoni esempi a cui ispirarsi.
Per le mamme che ridono quando a tutti verrebbe da mettersi le mani nei capelli.
Per le mamme che hanno imparato a contare fino a dieci, undici, dodici…
Per le mamme che hanno più vestiti eleganti che occasioni per metterli.
Per le mamme che sanno essere generative anche sul lavoro.
Per le mamme per cui 90, 60, 90 sono tabelline da provare.
Per le mamme che vanno a prendere i figli alle feste degli amici e li portano via urlanti come se a casa li aspettasse l’orco.
Per le mamme che per far quadrare i conti devono usare la fantasia.
Per le mamme sole che non possono dire a nessuno adesso tocca un po’ a te.
Per le mamme che cantano sotto la doccia anche se sono le sei del mattino.
Per la mamma che ha detto Sì quando era difficile credere.

I miei più cari auguri per un S.Natale davanti al presepe. Mi piacerebbe che tutti quelli che leggono questo blog potessero mandare il loro augurio a tutti i genitori che ogni giorno cercano di rendere accogliente la loro capanna.

Pubblicato il 22 dicembre 2011 - Commenti (1)
15
dic

Aspettando Natale

A. (8 anni) mi chiede: “Mamma, devo farti una domanda… anzi due”.
“Dimmi tesoro”
“Però voglio la verità”.
Mi fermo, guardo il calendario d’Avvento: “Hai una domanda importante da farmi?
“Sì”
“Ne sei proprio sicura?”
“Sì. Voglio sapere se il topino dei denti esiste o se siete voi che mettete il soldino.”
“Verità?... posso dirti che tutte le volte che avete trovato dei soldini li avevamo messi noi… per farvi una bella sorpresa…”
“Allora il topino non esiste?”
“Posso dirti che io non l’ho mai visto”.
“E Babbo Natale? Quello so che esiste, ma i regali? Quelli che troviamo sotto l’albero li porta lui o li mettete voi?”
“Wow, che domandone. Oggi hai voglia di capire tante cose. Secondo te?”
“Voi”
“E già, proprio così”.
A. mi fa un sorrisino: “Per quello che alla fine arrivano sempre solo i giochi che piacciono anche a voi… … Quindi non posso più scrivere la lettera a Babbo Natale?”
“Quella puoi scriverla sempre. Lo sai come nasce la tradizione di Babbo Natale? San Nicola era un vescovo d’oriente molto preoccupato. Era triste perché tutti i bambini non andavano in Chiesa a conoscere Gesù, nelle strade della sua città faceva troppo freddo, c’era la neve. Allora lui ha un’idea bellissima, dice ai suoi vescovi: “Andate voi dai bambini a raccontare di quel Bambinello che è nato per la salvezza di tutti”. E così i vescovi si misero in viaggio con grandi sacchi pieni di doni e spesso per spostarsi usavano slitte trainate da cani”.
“Non dalle renne?”
“No. Questo è successo davvero, circa mille anni fa”.
“Che bella storia!”
“La tradizione di Babbo Natale nasce da lì. Dal desiderio di rendere felici i bambini e di far scoprire loro il grande dono che Gesù fa a noi nascendo”.
“Io la lettera la scrivo comunque”.
“Mi sembra un’ottima idea. Quando hai finito ci mettiamo a scrivere gli auguri a tutti i parenti e agli amici lontani… così facciamo un po’ anche noi come quei vescovi”.
“Bello!”

E a casa vostra come sta andando l’attesa? Che domande vi fanno i vostri bambini e che risposte date alla loro curiosità? Pensate che la tradizione di Babbo Natale aiuti o ostacoli la preparazione dei vostri bambini all’attesa di Gesù.
Un caro saluto a tutti e buon Avvento.

Pubblicato il 15 dicembre 2011 - Commenti (3)
02
dic

Libri da leggere insieme

Ho chiesto aiuto ai miei figli per parlarvi di alcuni libri da leggere insieme, magari qualcuno di questi potrebbe finire sotto il vostro albero di Natale.

“Mamma, ma Berlusconi non è più a capo del governo?”
“No amore, adesso c’è Monti”
“Bello!”
“Perché dici bello?”
“No, dico bello monti, sembra uno forte, solido, un bel paesaggio!”
“Però, ci diamo alle metafore. Effettivamente le salite da affrontare non sono poche!”

E così ci siamo messi a parlare di economia, di spread, di tagli alle pensioni, di borsa che sale e scende. Ho chiesto aiuto a E come economia, (L.Poropat Editoriale Scienza, 2009, dagli 8 anni, euro 12,90) un libro colorato e pieno di esempi concreti, di storie, di test, tutto quello che serve a chi vuole fare dare risposte corrette alle domande dei figli. Per prima cosa troverete un test per valutare chi in casa vostra ha il fiuto dell’economista: Per es. Sei al supermercato e senti ripetere l’espressione primo prezzo. Che cosa significa? 1- Il prezzo più alto praticato per un dato prodotto, 2- Il prezzo scritto per primo su un dato prodotto, 3- Il prezzo più basso per un certo tipo di prodotto.

Le parole dell’arte. Per capire e amare i pittori e le loro opere (S.Zuffi, FeltrinelliKIDS, 2011, euro 16)
J: “Bella questa. -L’uomo di genio ‘lavora’ molto di più quando pensa, e non quando si affanna!- Tu che mi stressi sempre coi compiti, hai sentito cosa diceva Leonardo?
È vero, i frati che assistevano alla creazione del Cenacolo si domandavano quando tutto quel trambusto di ponteggi e cavalletti sarebbe finito. Leonardo perdeva tempo, doveva passeggiare per le strade di Milano alla ricerca di gente con la faccia giusta per posare come Apostoli e trovare un brutto ceffo come si deve per Giuda era stato difficile.
Lo sapevate che l’opera che si può contemplare nel convento delle Grazie non è un affresco?
A: “Mamma, voglio fare i quadri come Pollock, anch’io lo sento dentro il disegno. Sei tu che non mi fai mai spalmare i colori con le mani!”
Edmond, racconta suo fratello Monet. “Mamma, ma come faceva a dipingere su una capanna di legno montata su una barca? Che bella questa cosa di dipingere dal vivo, un po’ scomoda ma bella!”
Un libro che racconta l’arte col cuore a partire dai fatti.

Le avventure di Itamar. Sei piccole storie sui più grandi desideri dei bambini (D.Grossman, audiolibri Emons, 2011, dai 5 anni, euro 12,90) Alice: “Mamma, ma in questi racconti succede proprio tutto quello che ai bambini piace. Il papà non fa le cose per finta come faresti tu, lui va proprio fino in fondo… bello!”
Un audio book per emozionare i più piccoli e farli sentire importanti.

Per finire un libro per padri e figli (questo non è un blog per sole mamme!) da leggere insieme in attesa del Natale. Ho fatto scegliere a Pietro tra le 24 filastrocche la sua preferita:
Papà il presepe vorrei un po’ cambiare - Ho in mente una cosa che ti voglio spiegare - Tra poco è Natale e dentro alla stalla - Ci seve una culla e vicino una palla. Così quando nasce Gesù se gli va – Può andare a giocare e si divertirà – Noi non gli doniamo né oro né incenso – La nostra palla sarà per lui un dono immenso!
Papa Natale (A. Pellai, SanPaolo, 2009, euro 14)



Raccontateci le letture che vi hanno appassionato, i commenti dei vostri bambini, i riti della lettura serale, … Buon Avvento a tutti!

Pubblicato il 02 dicembre 2011 - Commenti (1)
25
nov

Idee per i lavoretti: costruire libri

I bambini adorano sentirsi raccontare storie e allo stesso modo amano inventarle: con occhi pieni di entusiasmo iniziano racconti senza fine. Coi bambini dai 4 agli 8 anni, un’esperienza coinvolgente e molto appassionante può essere quella di costruire un piccolo libro insieme.

Mia figlia Alice, per il compleanno del fratello più piccolo ha deciso di regalargli un libro con tutte le lettere dell’alfabeto, una per pagina, inventando per ciascuna il disegno di una cosa con quell’iniziale. Per es. ha colorato la A di giallo e nero e le ha disegnato un paio di ali e due antenne creando un’A ape. La B l’ha fatta un po’ cicciottella, l’ha colorata di marrone e le ha fatto due corna e una coda per creare una B Bue. E così si è inventata per tutte le lettere un disegno, un lavoro lungo che ha curato per giorni fino a poter consegnare il bellissimo regalo al fratellino di 4 anni che si è divertito un sacco ad indovinare le parole e le loro iniziali.

Ecco un’idea per costruire piccoli libri e inventare storie. I libri da toccare: dai 4 anni in su. Procuratevi un cartoncino bianco 50x70 per ogni bambino e materiali vari che offrano diverse esperienze tattili (es. il collo di una vecchia pelliccia che non vi serve più, pannolenci, carta vetrata, vecchie copertine di quaderni, nastri brillanti, finto prato su carta che si usa per il presepe, cotone idrofilo, etc.). In commercio trovate molti libri da toccare e probabilmente ne avrete anche diversi in casa. Potete usare quelli come modello per progettare il vostro capolavoro. Ritagliate il cartellone in 6 parti dividendo a metà il lato lungo (ottenendo due parti da 35X50 cm) e in tre parti uguali quello corto (circa 16,6X35). Queste sono solo misure indicative, relative al formato che in genere uso io: non troppo grosso (= fatica eccessiva nel colorare)  né troppo piccolo (= fatica a inserire i materiali da toccare). Scegliete il protagonista della vostra storia, per esempio un pesce. Dovete costruire le vostre 5 pagine immaginando un particolare del pesce che volete rendere toccabile. Piegate in due il lato lungo del ritaglio preparato (16,6X35) in modo da lasciare un paio di centimetri per tenere insieme le pagine. Nella facciata del cartoncino ripiegato disegnerete il pesce che per esempio potrà avere la pinna dorsale ruvida. Ritagliare la pinna con il taglierino e attaccate nel cartoncino sotto il materiale tattile in prossimità del ritaglio, così che possa riempirlo. Incollate la pagina e divertitevi a creare lo sfondo. Potete poi proseguire nella costruzione delle altre pagine immaginando pesci sempre diversi, e con parti differenti parti da toccare, es la coda pelosa, la pinna caudale liscia, etc. Fate scegliere a vostro figlio il pesce che preferisce e scrivete nelle pagine una semplice storia. L’ultima foglio di cartoncino ritagliato vi servirà per costruire la copertina da rilegare con colla e nastro adesivo colorato.

Buon divertimento. Raccontateci se e quanto vi piace coinvolgervi nei lavoretti coi vostri bambini e soprattutto dite quello che vi affatica o vi annoia. Per divertirsi insieme è indispensabile scegliere attività che incontrino il gusto di tutti. Io per es. odio vestire le bambole mentre non smetterei mai di costruire per loro casette e accessori. Settimana prossima qualche consiglio su libri da leggere insieme coi propri figli. Un caro saluto.  

Pubblicato il 25 novembre 2011 - Commenti (0)
17
nov

Mio figlio è timido

Vi propongo un rapido test. Pensate ai vostri figli e considerate se vi siete trovati in qualcuna di queste situazioni:

  1. lo accompagnate a una festa di compleanno, convinti che ne approfitterete per fare la spesa, ma il frigo resta vuoto perché lui vi vuole lì;
  2. in vacanze, alla settima sera in cui provate a incoraggiarlo a partecipare alla baby dance vi convincete che forse è meglio lasciar perdere;
  3. a una festa chiamano tutti i bambini per la foto di gruppo. Il vostro scappa via e si rifugia addosso a voi;
  4. l’attore o il mago di uno spettacolino cerca dei volontari. Vi abbassate per ripescare vostro figlio che si è tuffato sotto le sedie;
  5. incontrate una persona adulta che lui non ha mai visto e fa capire a voi e a lei che vorrebbe tanto continuare a non conoscerla;
  6. arrivate a una festa con giochi organizzati e animatori molto motivati. Capite al volo che vostro figlio preferirebbe andare dal dentista;
  7. la maestra lo ha cambiato di posto e lo ha messo con un compagno che non è suo amico; lo capite dal muso lungo e dagli occhi rossi;
  8. siete alla recita di fine anno e vi chiedete perchè vostro figlio non provi almeno a fare la comparsa;
  9. tutti i suoi amichetti si mettono a urlare il suo nome per chiamarlo a spegnere le candeline e lui corre via piangendo;
  10. il giorno della corsa campestre si sveglia sempre col mal di pancia.

In quante di queste situazioni vi riconoscete? Io posso dire che con ciascuno dei miei figli, ho vissuto alcune di queste situazioni e ogni volta mi sono chiesta: cosa fare? Insistere, dare una piccola spinta, trattenerlo… oppure accoglierlo, aspettare, consolarlo? Ci sono bambini molto sicuri di sé, intraprendenti e altri più o meno timidi. Per questi ultimi le emozioni, quando arrivano, sono così forti da essere ingestibili. Meglio quindi nascondersi, togliersi dalle situazioni che mettono ansia. Alcuni bambini hanno il terrore di fare una brutta figura, di sbagliare, di non essere all’altezza, di essere rifiutati. In alcuni casi diventa necessario offrire al bambino un supporto competente per uscire da questa gabbia che imprigiona però almeno tiene al sicuro. Per i più, la timidezza è solo uno dei tratti del proprio carattere e mamma e papà possono essere dei buoni allenatori per aumentare le sicurezze. Di cosa ha bisogno un bambino timido?

Di un genitore che lo accoglie ogni volta che l’emozione lo travolge e lo aiuta a dare parole al vulcano che gli si accende in pancia. Mai dire davanti a tutti: “Eccolo qui, come al solito ha paura. Dai non essere così timido!”. Mi è capitato molte volte di vedere adulti (nonni, zii, genitori,…) che spronano i bambini timidi mettendoli in un tremendo imbarazzo. Prevedere con il proprio bambino la situazione che si troverà a vivere e contrattare un livello di messa in gioco tollerabile. Per es: “Se vuoi andare alla festa io ti accompagno, sto lì con te mezz’ora, poi vado via un’ora e poi torno a prenderti. La mamma di … starà lì tutto il tempo e quindi per qualsiasi problema puoi dire a lei”. Se i vostri figli non vogliono mai fare niente davanti agli altri, non preoccupatevi, prima o poi la voglia di socializzare e di sperimentare ha il sopravvento. Voi continuate a incoraggiarli senza farli sentire sotto pressione. Un buon trampolino per aprirsi agli altri ed evitare che un bambino timido resti solo è coltivare una buona amicizia. Con un amico al fianco tutto è più facile, anche superare l’ansia da socializzazione.

E poi? E poi aspettiamo i vostri consigli e le vostre esperienze. Avete figli timidi? Voi siete timidi? Cosa pensate della timidezza? Buona settima a tutti

Pubblicato il 17 novembre 2011 - Commenti (1)
09
nov

Farsi le coccole

Coccolarsi fa bene ed è un piacere a basso costo che fa stare bene grandi e piccoli. A volte si è così stanchi che anche una semplice carezza può risultare faticosa. Ci si sente in riserva, desiderosi di cure e attenzioni mentre tutto attorno ci chiede di rimboccarci le maniche. Allora è il momento di programmare una sessione di coccole, magari prima di andare a dormire, per fare il pieno di energia.

Vi propongo un gioco che i miei figli adorano. Uno si sdraia a terra su un tappeto morbido o su una coperta  a pancia in giù e offre la schiena come palcoscenico (a turno lo possono fare tutti, grandi e piccoli). Un adulto racconta una storiella e con l’aiuto degli altri, si mimano delicatamente, muovendo le dita sulla schiena, le azioni descritte. Ecco due esempi di storie, ma con la vostra fantasia saprete fare di meglio!

  • Pagnotta e panettiere, chi è sdraiato fa la pagnotta mentre gi altri si sistemano a fianco e fanno i panettieri muovendo le dita sulla schiena del familiare:
Raccogliamo la farina sul tavolo di lavoro (la schiena)… prendiamo tutta la farina… prepariamo una piramide di farina… mettiamo il sale sulla farina… il lievito… e poi l’acqua. L’acqua corre per tutta la schiena…  (usare l’olio o la crema per far immaginare l’effetto dell’acqua)… scivola in giro… con le dita bisogna raccoglierla e unirla alla farina… impastiamo acqua e farina formando l’impasto… prima piccole palline… poi forme più grandi… fino a formare una grossa palla… maneggiamo a lungo l’impasto… schiacciamo e raccogliamo… stendiamo e allunghiamo… poi l’impasto deve lievitare… deve stare al caldo… poi si creano tante piccole pagnottelle… si fanno lievitare di nuovo… si fanno dei piccoli tagli su tutte le pagnotte… poi si mette il pane in formo (per simulare l’effetto del caldo si può soffiare dell’aria calda sulla schiena). Ora il pane è pronto per essere mangiato.

  • Contadino e terreno
Descrivete le fasi della semina: il terreno (la schiena) va arato, le zolle rotte e rovesciate… con il rastrello si deve livellare il terreno… si tracciano le linee per seminare… si segnano i solchi… si mettono i semi… si coprono i semi con la terra… si deve annaffiare il terreno… molte volte… le piantine rompono il terreno… piano piano crescono… si devono strappare le erbacce… si deve raccogliere la terra attorno alle piantine… quando sono pronti si possono raccogliere i frutti dalle piantine… così il terreno è pronto per un nuovo ciclo.


Raccontateci le vostre coccole, i riti della buona notte che più vi piacciono. Un caro saluto.



P.S.
Un nota al precedente messaggio: Martedì 8 novembre, sul Corriere della sera, in prima pagina ho letto un articolo  sul tema della selezione e dell’agonismo nelle squadre dilettantesche. Vi trascrivo l’incipit: La fortuna di essere una schiappa. Di M. Covacich. “Un padre, vedendo il figlio dodicenne rientrare dall’allenamento un’altra volta in lacrime per la mancata convocazione alla partita della domenica, si decide a chiedere spiegazioni all’allenatore, il quale, senza giri di parole risponde che il ragazzo non può far parte dell’organico perché è in sovrappeso”.

Pubblicato il 09 novembre 2011 - Commenti (1)
02
nov

Non voglio stare in panchina

Mi è capitato più volte di assistere a partite di calcio dei pulcini. Ho notato che ci sono bambini che in panchina non ci stanno mai mentre altri ci stanno spesso, alcuni molto spesso. Cosa si prova a vivere il campionato da riserva?

Le motivazioni che incentivano nei bambini la pratica sportiva sono principalmente due: IL GIOCO E L’AGONISMO. Due spinte molto importanti che vediamo in atto nelle attività praticare dai bambini anche spontaneamente. Gareggiare significa mettersi alla prova con sè stessi, conoscere meglio le proprie caratteristiche e provare a migliorarsi; tutto ciò rende più forte il bambino, lo aiuta a sentirsi più sicuro. Entro quale soglia di competizione però ciò può avvenire? Se mio figlio gioca coi suoi amici in cortile a calcio, ci mette tutto il suo impegno, a volte segna, a volte no, ma si diverte un sacco e gioca fino allo sfinimento. La sera sale in casa soddisfatto, comunque sia andata la partita.

Se mio figlio gioca nel campionato di calcio della sua squadra, se è fortunato, sta in campo pochi minuti, se il risultato lo consente. Insieme a mio figlio, in panchina, ci sono molti altri bambini che pur impegnandosi molto non potranno mai pensare di giocare da titolare. Guardare però è meno bello di giocare, e stare in campo con la paura dell’insuccesso genera ansia, uno stress che non stimola ma in molti casi blocca e scoraggia.

Le indicazioni ufficiali delle Federazioni per l’avvio delle attività competitive e dei campionati sono: Calcio, categoria pulcini dagli 8 Minivolley dopo i 14 anni. Minibasket: 11 anni. Chiunque abbia un figlio che pratica qualche sport di squadra sa però che queste indicazioni sono ignorate e già ai bambini di 6 o 7 anni sono proposti piccoli tornei o mini campionati per rendere più stimolante e varia l’attività sportiva. Il problema è che se un allenatore non ha le idee chiare la dinamica competitiva prende piede e ciò esalta le differenze tra le diverse doti atletiche dei ragazzi.

Nella scelta dello sport per i figli, la preparazione e la competenza educativa dell’istruttore diventa quindi l’elemento più importante. Quando l’allenatore fa vivere alla squadra la competizione come un momento di dimostrazione della propria superiorità verso l’altro, ciò è deleterio per i bambini. Lottare fino all’ultimo contro qualcuno, dover affermare la propria superiorità, sono dinamiche che necessitano una mente adulta capace di tenere insieme significati più complessi. Esasperare l’importanza del risultato nei bambini stimola due processi contrapposti ma entrambi negativi: sentirsi inferiore o inadeguato o sentirsi superiori e dominanti. Come uscire da queste derive? Come far sentire tutti i bambini nello stesso modo soddisfatti e protagonisti del loro gioco? Idealmente sarebbe bello pensare che le squadre sono sempre una miscela diversa di componenti, che tutti hanno la stessa probabilità di giocare, che se si perde non è un problema, lo è invece se qualcuno in panchina ci sta sempre. Forest Gump, su una panchina racconta la storia della sua vita a degli sconosciuti. Sarebbe bello che nessun bambino scrivesse lì la propria storia di sportivo.

Cosa pensate di queste riflessioni? Che scelte avete fatto per sostenere i vostri figli nelle loro sperimentazioni sportive? Che rapporto avete voi con la competizione? Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 02 novembre 2011 - Commenti (1)
21
ott

Diventare padre

Geppetto decide di costruire un burattino, ha un grande pezzo di legno e vuole fare qualcosa di bello. Si mette al lavoro, non smette un attimo, va avanti per tutta la notte. Lima e taglia, presto il suo sogno prende forma, realizza un bellissimo burattino di legno, magari da vendere o da mostrare agli amici. Le cose però spesso vanno al di là dei programmi e, d’improvviso, il burattino prende vita. Il falegname, che da sempre ha faticato a campare del suo lavoro, si trova in casa un burattino/bambino a cui pensare e con un’ardua impresa da affrontare: diventare padre!

La dimora resta povera, lui solo un falegname, senza un lavoro sicuro e redditizio ma con tanta buona volontà. Geppetto è uomo che non si tira indietro di fronte alle responsabilità. Ma la vicenda si complica, perché Pinocchio è un burattino o bambino, che dir si voglia, parecchio vivace e mentre il povero Geppetto fatica a trovare il necessario per vivere e per dare al figlio tutto quello che un buon padre deve garantire, lui scappa. E Geppetto, che non ha ancora capito cosa significhi essere padre, si mette in viaggio perché quel figlio adesso proprio lo vuole, e poi ha paura che si metta nei guai… darebbe la vita per riaverlo con lui, anche se lo conosce appena. Lo cerca per monti e per mari, al freddo e al gelo fino quasi a morirci davvero per quel figlio ingrato. Pinocchio ha troppe cose da inseguire, la nostalgia per il babbo c’è ma lui è un bambino e crede a tutto, e le persone che gli promettono balocchi non finiscono mai. Geppetto è vecchio e stanco ma niente lo scoraggia.

Padre e figlio s’incontrano, dopo tante peripezie, nella pancia della balena, dove il mondo è solo un ventre buio. Lì scoprono che il destino li vuole uniti, si abbracciano e sperano con tutto il cuore in un’altra possibilità. Pinocchio giura a se stesso che questa volta non la sprecherà, che niente saprà strapparlo dall’abbraccio di quel padre. Lui che ha tradito tanto ora giura e spergiura. E la balena sente le preghiere di quei due naufraghi che gli diventano indigesti e alla fine li sputa fuori. Ri-nascono insieme padre e figlio ma il primo non ce la fa a ricominciare la storia da principio, ne ha passate troppo e ora è debole e ammalato. Pinocchio allora deve prendersene cura: lavora sodo per guadagnare una tazza di latte per il suo povero padre. Lo fa uno, dieci, tanti giorni. È stanco e affamato, ma quel latte non è per lui, deve nutrire il suo babbo. Geppetto riprende piano le forze ma non ha fretta di rialzarsi, sente che quel tempo di cura è la roccia da qui ripartire per essere padre e figlio.

A tutti i papà che leggono: raccontateci un momento, un fatto, un discorso particolarmente importante nella costruzione della relazione con vostro figlio. E voi mamme, cosa osservate nei padri? Che gesti o che pensieri vi colpiscono nel loro modo di vivere la paternità? Aspetto i vostri pensieri! Buona settima. 

Pubblicato il 21 ottobre 2011 - Commenti (0)
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