di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
12 giu
Da sempre lettore della rivista
apprezzo moltissimo gli
editoriali di don Mazzi. Mai,
però, sono rimasto così entusiasta
come nell’occasione del ricordo di
don Gallo. Una pagina stupenda,
anche nella foto che lo ritrae
con padre Alex Zanotelli. Due
autentici “pazzi” per Gesù, come
nella Chiesa ce ne vorrebbero
tanti. A dire il vero, nelle missioni
ce ne sono molti, ma i media
non se ne occupano. E anche
la Chiesa non vi dà un gran
risalto. Non sono ben informato,
ma mi pare che solo Famiglia
Cristiana si occupi di questi preti.
Soltanto sulla sua rivista troviamo
articoli su questi preti o laici
seriamente impegnati nell’aiutare
la povera gente in ogni angolo
del mondo! Spero tanto che papa
Francesco, verso cui noi cattolici
di base riponiamo tantissima
fiducia e speranza, si accorga di
questi “pazzi” per Dio e li additi
come esempio autentico di
Vangelo vissuto. Se non sbaglio,
proprio san Francesco diceva:
«Il Vangelo si diffonde anche
senza la parola».
Antimo V.
Caro don Antonio, avete definito
don Gallo profeta dei nostri tempi
che «non potrà mai diventare
santo dentro una Chiesa appiattita
su comandamenti, precetti e
codici». Mi scusi, ma la nostra fede
non si fonda su ciò che Dio ha
stabilito essere bene e male?
Allora, com’è possibile che un
sacerdote che ha agito in maniera
manifesta contro i comandamenti
di Dio e contro l’insegnamento
della Chiesa possa essere così
esaltato da alcuni cattolici? Che
sia esaltato dai media laici mi
pare normale, così strapperanno
tanti applausi. Dove si trovi ora
l’anima di don Gallo lo sa solo
Dio, ma accostarlo in Paradiso
a don Bosco (come avete scritto)
è davvero stridente. Basta leggere
cosa diceva don Bosco ai giovani
circa la pericolosità del peccato
mortale e di come fare il possibile
per salvarsi l’anima.
Paolo G.
Don Gallo, anche da morto, continua
a dividere la comunità ecclesiale
tra quelli che lo consideravano un
autentico interpete del Vangelo, vicino
ai più derelitti della società, e
quelli che non dimenticano certe sue
prese di posizioni estreme, non sempre
in linea col Magistero della Chiesa.
Si può dibatterne a lungo. Mi piace,
però, lasciare la parola a chi l’ha
conosciuto davvero e per tanti anni,
come don Luigi Ciotti, che aveva per
don Gallo profonda amicizia e stima,
ma anche differenze di vedute.
Così don Ciotti l’ha ricordato al funerale:
«Don Gallo ha rappresentato,
nella sua vita lunga e generosa, la
Chiesa che amo e nella quale mi riconosco.
La Chiesa che non dimentica
la dottrina, ma non permette che diventi
più importante dell’attenzione
per gli ultimi, per i dimenticati. Le
sue parole pungenti, a volte sferzanti,
nascevano sempre da un grande
amore per la vita. È stato un sacerdote
scomodo. Scomodo per quella politica
che non serve la comunità ma
interessi e poteri consolidati. Scomodo
per quella Chiesa che viene a patti
con quei poteri, scegliendo di non
interferire, di non portare, insieme
alla carità e alla solidarietà, la sveglia
delle coscienze, di cui non c’è
simbolo più esplicito del passaggio
di Gesù su questa terra».
Pubblicato il 12 giugno 2013 - Commenti (3)
06 giu
Caro don Antonio,
ho appena finito di
leggere l’articolo “I sogni spezzati di Melissa”
di Roberto Zichittella (FC n.
22/2012). E subito mi è venuto il desiderio di
scriverle per ringraziare il giornalista e lei che
lo ha pubblicato. Come avrà capito, sono di
Mesagne, in provincia di Brindisi. Lavoro in
una scuola dell’infanzia e sono impegnata in
parrocchia come responsabile dell’Azione cattolica.
Sono nata e continuo a vivere in questa
piccola città. Per me molto bella, anche se
spesso “oltraggiata” dai mass media. Però, è
sempre la mia città. Anzi, la nostra città. L’articolo
del suo giornalista spiega molto bene
qual è la realtà in cui viviamo. Non c’è bisogno
di aggiungere altro.
Ribadisco solo (e con forza) che è vero che
ci sono “semi di male”. Come ovunque. Ma ci
sono anche tantissimi “semi di bene”. Anche
se non fanno “rumore” o notizia.
Avrei voluto
che chi ha parlato della nostra Mesagne
senza conoscerne veramente la realtà, fosse
stato presente il giorno dei funerali di
Melissa. La città si è fermata per tutto il
tempo. Avvolta nel silenzio. Tutti noi mesagnesi
eravamo “insieme e uniti” sul piazzale
della chiesa madre. A piangere e pregare
per Melissa e i suoi genitori. E per le altre
ragazze ricoverate in ospedale per le ferite
riportate.
I nostri giovani e quelli delle città vicine,
tutti dalla faccia pulita e con grandi sogni,
erano assieme a noi adulti a condividere
quei momenti di commozione. È stato davvero
consolante toccare, quasi con mano, come
l’intera Puglia fosse vicina a noi.
I giovani, sì,
erano tristi. Ma da loro sprizzava la voglia di
andare avanti. Senza paura. A difesa della legalità.
Ho visto nei loro volti il desiderio di
una vera libertà. Una libertà che hanno
espresso in quei palloncini bianchi, con il nome
di Melissa, che hanno lasciato andare in alto.
Nel cielo azzurro, verso il sole.
Un grazie anche a tutti gli italiani che, in vari
modi, ci hanno manifestato la loro vicinanza.
Voglio dire alla nostra bellissima e martoriata
Italia: «Coraggio, preghiamo perché chi
ha commesso il male, si converta e viva». E andiamo
avanti con la certezza che il bene vincerà.
Se ciascuno di noi saprà dare il proprio contributo.
Anche se piccolo.
Anna Rita - Mesagne (Brindisi)
«Non si uccide così una bambina».
In
questa espressione di una mamma
di Mesagne, riportata dal nostro
giornalista Zichittella nel suo servizio, è racchiusa
la reazione, dolente e rabbiosa, di tutti i
mesagnesi. “Brindisi piange” c’era scritto su un
lenzuolo. Ma il pianto è corale.
Melissa resterà
nel ricordo e nel cuore di tutti. Mai una scuola
era stata aggredita con tanta spietatezza. Follia
inaudita. Inaccettabile. «Che sia terrorismo,
mafia o il gesto di un folle», ha detto don Luigi
Ciotti, «in ogni caso c’era la volontà di uccidere.
Si tratta di assassini che hanno studiato e calcolato
di ammazzare gli studenti».
Ma “i sogni spezzati di Melissa”, assieme alle
ferite delle sue compagne, hanno suscitato
unanime sdegno. Non solo tra gli studenti, che
hanno sfidato i barbari assassini: «E adesso
ammazzateci tutti». E anche: «Saremo sempre
uno in più di voi». Ma anche i concittadini di
Melissa hanno reagito con orgoglio. “Insieme e
uniti”. Nel silenzio della commozione e della
preghiera, al momento dei funerali.
Una risposta impensabile, forse, fino a
qualche anno fa. Soprattutto in una città indicata
come il “cuore” e la culla della Sacra
corona unita. Al pari di Corleone per Cosa nostra.
I “semi di bene” e gli anticorpi hanno cominciato
a germogliare, contro criminalità, intimidazioni
ed estorsioni. La società civile ha reagito.
A Mesagne, nel giorno della strage, era in
arrivo la Carovana antimafia di don Ciotti.
Qui, in tutta la Puglia, Libera gestisce i beni
confiscati ai mafiosi della Sacra Corona Unita.
Alimenta la cultura della legalità. E dei diritti,
che non sono favori. C’è stata una reazione più
corale e organizzata. Al di là dell’emozione e
dell’indignazione. Normale dopo la strage. Un
passo oltre la rassegnazione omertosa.
Dopo Melissa, nulla sarà più come prima.
Non si può tornare a scuola come se nulla fosse
successo. E non solo a Mesagne. Mafia e malavita
organizzata si vincono con la cultura. Più
che con le Forze dell’ordine, che pur devono vigilare
e intervenire. La scuola è presidio di democrazia.
Educa alla legalità. Fa terra bruciata
attorno all’illegalità. Ed è quel che più teme
la mafia, che cerca nuove leve tra i giovani.
I ragazzi di Mesagne hanno intrapreso un
cammino. E don Luigi Ciotti andava a confermarli
nel loro impegno. Nel frattempo, c’è stata
la bomba. «Ho visto la devastazione
dell’esplosione. Si voleva fare una strage», ha
detto il fondatore di Libera, recandosi alla scuola.
«Mi sono chinato sui libri e i quaderni accartocciati
e bruciacchiati. Ne ho sfogliato qualcuno.
Vi ho trovato appunti che parlavano della
Costituzione, di educazione alla legalità, dei diritti
di cittadinanza».
Ora, ancor più dopo Mesagne, la speranza
del Paese sta nelle nuove generazioni. Se sapranno
assumersi, fino in fondo, le proprie
responsabilità. Come ha invitato a fare il presidente
Giorgio Napolitano, nella commemorazione
di Falcone, a vent’anni dalla morte:
«Completate con impegno la vostra formazione,
il vostro apprendistato civile e scendete al
più presto in campo». Sono certo che questi ragazzi
non deluderanno il presidente. Anche nel
nome di Melissa.
D.A.
Pubblicato il 06 giugno 2012 - Commenti (0)
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