di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
10 ago
La Chiesa italiana non può tacere. Anzi,
dovrebbe farsi portavoce della rivolta
morale di tanti credenti. Il degrado etico
è sotto gli occhi di tutti. Assistiamo, ogni giorno,
alla mercificazione del corpo delle donne,
all’uso della comunicazione per manipolare
fatti e notizie a proprio beneficio, alla denigrazione
del dissenso attraverso la macchina del
fango. Il potere non è più a servizio dei cittadini.
La legalità è piegata a interessi individuali.
Si fa esibizione sfacciata della ricchezza.
La corruzione dilaga negli appalti pubblici. E
i diritti dei più deboli sono elargiti come assistenza.
Tra morale personale e pubblica c’è
ampio divario. La stessa religione è usata e strumentalizzata.
I poteri dello Stato si delegittimano
l’un l’altro. E la democrazia è ridotta a demagogia
mediatica e populismo.
Per tutto ciò, la Chiesa è chiamata a far trasparire
la sua funzione profetica. Altrimenti,
verrebbe meno alla propria vocazione. Non si
può scambiare la prudenza con la diplomazia
del silenzio. Né ci si può estraniare, quando
sono in ballo valori evangelici. Sant’Ambrogio
lasciò fuori dalla chiesa l’imperatore Teodosio,
reduce dalla strage di Tessalonica. San
Leone Magno fermò Attila, che marciava su
Roma. Cara Chiesa non tacere! Se non ora,
quando?
Gian Mario - Macerata
È difficile, purtroppo, contestare la tua analisi,
caro Gian Mario. Il nostro Paese versa
in uno stato di profondo “coma etico”.
Il degrado morale, soprattutto quando alberga
in alto, rischia d’essere devastante nei confronti
delle nuove generazioni. I cattivi esempi, come
i vizi, fanno facile presa. Per questo, tu esigi
una denuncia netta da parte della Chiesa. Dai
pastori ai semplici fedeli.
L’attuale degrado è segno di una profonda
crisi morale. Tra le conseguenze, c’è il diffondersi
di un “pensiero debole”, che considera normale
la prevaricazione. E il progressivo affermarsi
di una mentalità utilitarista, che elimina la distinzione
tra ciò che è giusto e ingiusto. Per ridurre
tutto a interessi e tornaconto personale o
di gruppo. D’altra parte, se abbiamo uomini
delle istituzioni compromessi con legalità, giustizia
e malcostume, che non si preoccupano del
bene comune ma solo dei propri affari, tutto ciò
(e altro ancora) non piove dal cielo.
Se la classe politica è allo sbando, una giusta indignazione deve chiamare in causa anche quei cattolici che appoggiano provvedimenti inconciliabili con i diritti umani e i princìpi evangelici. A dire il vero, la Chiesa istituzione, in più occasioni, s’è pronunciata con forza su importanti questioni sociali: famiglia, lavoro, migranti (irregolari e rom). E, più ampiamente, sull’attuale modello di sviluppo, che dilapida le risorse naturali. E accresce le disuguaglianze tra i Paesi ricchi e quelli poveri.
Non sono mancati ripetuti richiami del Papa e dei vescovi ai cattolici che militano nei diversi partiti e schieramenti, perché siano coerenti al Vangelo e ai valori morali che professano. La missione della Chiesa non può essere altra che annunciare il Vangelo e i valori di uguaglianza, giustizia e fraternità che ne derivano. Una missione profetica. E, quindi, necessariamente critica. Forse, non sempre la Chiesa è intervenuta in modo tempestivo. E con voce netta, senza balbettare.
Il vero problema è chiedersi quanto le direttive del Magistero siano alla base dell’agire dei cattolici in politica. In qualunque schieramento e partito essi militino. E, soprattutto, qual è la formazione a un’autentica coscienza sociale della comunità cristiana. A cominciare dalla parrocchia, nel suo ruolo insostituibile di formare le coscienze. In vista di comportamenti competenti e onesti, sia nella sfera privata che in quella pubblica. In questa direzione, l’esito dei recenti referendum ha segnato un risveglio delle coscienze. E manifestato una maggiore partecipazione alla vita del Paese. Senza eccessive deleghe. Soprattutto in bianco. È tempo, semmai, di chiedere conto del loro operato a chi ci rappresenta in Parlamento. Nonostante l’esproprio del diritto a votare, dopo l’ignominiosa “legge porcata”. Da abolire quanto prima. Un altro segnale l’hanno dato le donne, con il loro sussulto di dignità, sfociato nelle manifestazioni di “Se non ora quando?”. La voglia di cambiamento si avverte nell’aria. Il soffio di una nuova primavera spira forte.
D.A.
Pubblicato il 10 agosto 2011 - Commenti (14)
01 dic
Oggi, ho sottoscritto
un abbonamento a
Famiglia Cristiana. L’ho fatto
a sostegno della vostra linea
editoriale che, senza timori
reverenziali, difende princìpi
morali ed etici. Voi non
giustificate comportamenti
censurabili, con risibili scuse
di “contestualizzazione”. Chi
ha responsabilità pubbliche,
deve essere onesto e
trasparente. Caro direttore e
padre, non si lasci intimorire
dalle accuse di “fare politica”.
Chi, come lei, dice la verità,
condanna la mercificazione
della donna o la “doppia
morale”, non fa affatto
politica. Lei sta solo
affermando i veri valori,
cui dovrebbe attenersi
ogni cristiano. Dovremmo,
semmai, meravigliarci del
contrario. Se un giornale che
si chiama Famiglia Cristiana
tacesse, ci sarebbe davvero
da scandalizzarsi!
GianCarlo Z.
La politica è l’ultimo dei
miei pensieri. Per lo meno, quella
cui assistiamo ogni giorno,
fatta di intrighi, corruzione,
giochi di potere, scambi di interessi
e favori. Non posso, invece,
come cittadino e cristiano,
come giornalista e sacerdote,
esimermi dal dare il mio contributo
per la costruzione della
“città terrena”, in vista del “bene
comune”. Come dovrebbero
fare tutti, ciascuno nel proprio
ambito. Con coerenza e credibilità.
A maggior ragione se ci si
ispira a princìpi cristiani. Purtroppo,
oggi, il Vangelo scolorisce
di fronte alle ragioni di parte.
E di partito.
Pubblicato il 01 dicembre 2010 - Commenti (0)
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