01
mag
Paradossale. Sono passati
pochi giorni dal rinvio
dei campionati di calcio
per rispetto della morte
in campo di Piermario
Morosini e promuovere una
giornata di riflessione sui
valori dello sport, e subito
è successo qualcosa di
incredibile. A Genova un
gruppetto di tifosi fanatici
ha costretto i giocatori
del Genoa Calcio a togliersi
la maglia. Una cosa fuori
dalla realtà. Di questo
passo, a comandare saranno
quei soliti noti più qualche
infiltrato, che potrebbero
sostituirsi all’arbitro.
Secondo me, nessun
giocatore doveva accettare
il ricatto. È stata sprecata
un’occasione importante per
dire no alle sfide degli ultrà.
Fabio S. - Bergamo
Un’altra occasione mancata
nel mondo del calcio. Come
tante, ormai. A ripetizione. Come
il dilagare degli scandali
del calcio scommesse. Ma quello
che è avvenuto a Genova è
ancor più grave. È la “resa del
pallone” ai voleri di una banda
di violenti. Non chiamiamoli
tifosi. Però, quando si ammaina
bandiera o ci si toglie
la maglia con i colori della propria
squadra, perché così ordinano
gli ultrà, si è davvero persa
ogni dignità. Vista la mancanza
di coraggio di giocatori
e dirigenti, come prossima
mossa, aspettiamoci la richiesta
che i giocatori si levino anche
i calzoncini. Ma in mutande
il calcio lo è già da tempo,
sebbene sia lo sport nazionale
cui tutto si concede e perdona.
Per mancanza di lealtà e rispetto
delle regole.
Pubblicato il
01 maggio 2012 - Commenti
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25
apr
Tutto fa spettacolo. Soprattutto la morte di un calciatore
venticinquenne. Sabato scorso, mentre giocava, si è spento un
giovane centrocampista del Livorno. La spettacolarizzazione della
morte è stata una sorta di esorcismo globale. Eppure, ogni giorno,
migliaia di bambini muoiono di sete e di fame. Un vero dramma.
C’è, forse, una morte che sia “meno morte” di altre? Non sarebbe
stato meglio, anche nei confronti di Pierpaolo Morosini, essere
un po’ più sobri? Non tutto deve fare spettacolo. La vita non può
essere svenduta, a beneficio dei mass media.
Mario
Sono rammaricato di come qualche telegiornale ha dato la notizia
della morte del giocatore Morosini. I giornalisti hanno mancato di
rispetto a lui e ai suoi cari. Ormai, in Tv ci stiamo abituando a tutto.
Non c’è più pudore né
rispetto per la sofferenza
o per la morte. Morosini,
prima d’essere un calciatore,
è un uomo. Non è giusto
aver mostrato, con
insistenza e morbosità,
primi piani del giocatore
morente. Con l’obiettivo
della telecamera a scrutare
ogni minimo particolare di
questo dramma. Non si può
sbattere in faccia al pubblico
la morte in diretta,
per ragioni di audience.
È una gravissima mancanza
di etica. E di rispetto
della dignità umana.
Francesco B. - Aquila
Come non condividere queste osservazioni, così umane e rispettose
della dignità della persona e dello sfortunato calciatore Pierpaolo Morosini?
La vita sembra essersi accanita su di lui. La situazione familiare
non gli ha risparmiato sofferenze, lutti e tragedie. Ma anche la sua
morte improvvisa su un campo di calcio non è stata esente da polemiche
e speculazioni. Non solo per la tempestività dei soccorsi, ma soprattutto
per la strumentalizzazione mediatica che ne hanno fatto i mass
media. Quando la tragedia e la morte sono spettacolarizzate, per ragioni
di audience, non possiamo più parlare di informazione o diritto
di cronaca. È solo bieco cinismo, di cui vergognarsi. Dal calciatore Morosini,
invece, ci viene una lezione di dignità per come è vissuto, riuscendo
a non soccombere alle dure prove della vita.
Pubblicato il
25 aprile 2012 - Commenti
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