Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
26
nov

La mia vita disperata

Sono un giovane con tanta voglia di mettere su famiglia, ora che il Signore mi ha fatto incontrare la compagna della mia vita. Vorrei avere dei figli e costruire il mio piccolo nucleo. Purtroppo, sono senza lavoro. Mi arrabatto con tutto ciò che trovo: lavoretti di muratore, giardiniere o altro. Non ho potuto studiare. Ho solo la terza media. I miei genitori, emigrati dal Sud, erano persone con poca cultura. Non mi hanno dato la possibilità né la spinta allo studio. Di recente, è morto mio padre e ora devo anche pensare a mia mamma, sempre più anziana. La disperazione è la mia compagna quotidiana. La classe politica se ne frega di noi giovani. Non ci danno possibilità di lavoro, mentre continuano ad aumentarci le tasse e a tagliare i sussidi. Le scrivo per avere una parola di conforto. Ma anche con la speranza che qualcuno possa darmi una mano.

Davide F.

Una parola di conforto, da parte mia, c’è tutta. So che per te, caro Davide, che vuoi metter su famiglia, sarebbe più importante una concreta proposta di lavoro. Questa rubrica non è un ufficio di collocamento. Non è nelle mie possibilità garantire un lavoro a qualcuno. Tanto meno illudere con facili promesse. Ma se la tua storia, così semplice e sincera, suscitasse l’interesse di chi potrebbe darti una mano, ne sarei immensamente felice. Per te, per la compagna della tua vita e per la tua famiglia in divenire. D’altronde, non chiedi la luna quanto a prospettive. I lavori manuali pare siano molto ricercati. Si tratterebbe di fare incontrare domanda e offerta. Quando i nostri politici legiferano sul futuro del Paese, mi piacerebbe avessero presenti storie come la tua. E si facessero carico dei giovani come fossero i propri figli. In fondo, tra tanto cinismo e opportunismo, sono anch’essi padri e madri. In qualche angolo del cuore dovrebbe albergare ancora un briciolo di umanità.

Pubblicato il 26 novembre 2012 - Commenti (3)
29
ott

Tanti lavori, nessun posto

La seguo da tanti anni, quasi quaranta. Le scrivo confidandole un mio grosso problema: sono disoccupata e vivo ancora con i miei genitori. Ho cominciato tanti lavori (una ventina), ma non sono mai stata assunta. Vengo sempre licenziata dopo il periodo di prova. Ne ho ricavato tanta amarezza e dispiaceri. Ormai, sono dieci anni che cerco lavoro dopo la laurea, che ho conseguito fuori corso e con una votazione bassissima. Fatico a trovare un’opportunità, e quando vi riesco, la perdo subito. Sono andata da psichiatri, che hanno tentato di aiutarmi, ma inutilmente. Il problema è sempre lo stesso: tutti ne approfittano, sapendo che ho bisogno di lavorare. Ho fatto di tutto, ma ora non ce la faccio più. Ho pregato anche la Madonna di soccorrermi, ma la sento distante.

Una lettrice disperata

La preghiera è vita per il credente. Dio e la Madonna ci sono vicini. Danno senso al nostro esistere. Pensarli, però, come datori di lavoro in un ufficio di collocamento, mi pare fuori luogo. Non è la Madonna distante da noi. Forse, sono le nostre pretese (anche su legittime aspirazioni) a farcela sentire lontana o disinteressata. L’esistenza di questa lettrice è davvero contorta. Non possiamo che esserle umanamente vicino, come a tutte le persone affrante e amareggiate. Per di più senza un lavoro stabile. Ma una ventina di “assunzioni a tempo” andate male, mi fanno riflettere. Non posso immaginare che tutti abbiano voluto approfittare della sua necessità di lavorare.

Pubblicato il 29 ottobre 2012 - Commenti (5)
28
feb

Niente lavoro ma porte in faccia

Èla prima volta che scrivo a Famiglia Cristiana. Non mi aspetto soluzioni, ma devo esternarle il mio stato d’animo che, in questo momento, mi fa star male. Ho aspettato per troppo tempo che mia figlia avesse un lavoro. Le ho dato la possibilità di studiare e laurearsi, con eccellenti risultati. Ha un curriculum invidiabile per titoli e referenze. Eppure, le porte le si chiudono in faccia. Non trova lavoro. L’ultima delusione è di qualche giorno fa. A quarant’anni si ha l’esigenza di essere indipendenti dai genitori e non di vivere a carico loro. So che tante giovani si offrono come merce in cambio di un lavoro. Sarà triste, ma non ci sono alternative. Purtroppo, bisogna vivere. E vivere vuol dire avere i soldi per mangiare e pagare l’affitto. A che serve essere onesti in un mondo di corrotti? Anche la fede in Dio vacilla. Certo, ci sono situazioni peggiori, ma è duro vedere mia figlia depressa e senza speranza, dopo l’ennesimo rifiuto. Non so più come aiutarla. Ho solo voglia di gridare la mia rabbia contro questo mondo di furbi e disonesti. 

                                                                                                                               Luciana

La rabbia è cattiva consigliera, anche se non mancano le ragioni per gridare al mondo la propria delusione. E per imprecare contro un mondo di furbi, corrotti e disonesti che fanno terra bruciata attorno ai sogni di chi, dopo anni di impegno e studi, trova solo porte serrate alle richieste di lavoro. Invidiare, però, le scorciatoie che altre persone praticano, con disinvoltura e senza remore morali, mettendo in dubbio la propria fede in Dio, non è la via da seguire. Anche se vedere la propria figlia quarantenne andare in depressione, nonostante le tante qualità, può sembrare il fallimento di una mamma. Ma così non è, non c’è da colpevolizzarsi. Le responsabilità vanno cercate altrove.

Pubblicato il 28 febbraio 2012 - Commenti (4)
19
gen

Più senso di responsabilità sul lavoro

Tutti, oggi, rivendicano i propri diritti. Dai precari ai disoccupati. Mai nessuno, però, che parli di doveri. Mia figlia, dopo sette anni come precaria, finalmente è stata assunta a tempo indeterminato. Le sue prime parole, però, mi hanno sconvolta: «Finalmente», ha detto, «potrò stare a casa in malattia, avrò le ferie e le festività pagate. E, forse, farò un altro figlio». L’ho sgridata, anche se è già grande. Mia cognata, che lavora nella ristorazione, si è punta un dito con un forchettone, e il medico le ha dato dieci giorni di malattia. Fosse capitato a me, casalinga, sarebbe bastato un po’ di disinfettante, un cerotto e via. Quando la smetteremo d’essere viziati? Per risollevare il Paese in crisi, tutti dovremmo rimboccarci le maniche. E smetterla di lamentarci. Chi deve pagare le tasse, paghi! Chi deve lavorare, lavori! Cominciamo a tenere pulite le nostre città ed evitare, davanti al mondo, la vergogna dei cumuli di immondizie!
Una nonna

Grazie nonna, di questo forte appello alla responsabilità personale e a comportamenti etici adeguati. Il mondo si cambia a partire da noi stessi. Finiamola con le lamentele, aspettando che siano sempre gli altri a intervenire. È tempo, davvero, di rimboccarsi le maniche, assumendosi le proprie responsabilità. A cominciare da chi sta più in alto. Il senso di irresponsabilità, nel mondo del lavoro come altrove, è un peccato grave perché danneggia altri, che ne pagano le conseguenze. Chi froda è un ladro, non un furbo.

Pubblicato il 19 gennaio 2011 - Commenti (6)
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