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Più senso di responsabilità sul lavoro
Tutti, oggi, rivendicano i propri diritti. Dai precari ai disoccupati.
Mai nessuno, però, che parli di doveri. Mia figlia, dopo sette anni
come precaria, finalmente è stata assunta a tempo indeterminato. Le
sue prime parole, però, mi hanno sconvolta: «Finalmente», ha detto,
«potrò stare a casa in malattia, avrò le ferie e le festività pagate.
E, forse, farò un altro figlio». L’ho sgridata, anche se è già grande.
Mia cognata, che lavora nella ristorazione, si è punta un dito con
un forchettone, e il medico le ha dato dieci giorni di malattia. Fosse
capitato a me, casalinga, sarebbe bastato un po’ di disinfettante, un
cerotto e via. Quando la smetteremo d’essere viziati? Per risollevare
il Paese in crisi, tutti
dovremmo rimboccarci
le maniche. E smetterla di
lamentarci. Chi deve pagare
le tasse, paghi! Chi deve
lavorare, lavori! Cominciamo
a tenere pulite le nostre città
ed evitare, davanti al mondo,
la vergogna dei cumuli
di immondizie!
Una nonna
Grazie nonna, di questo forte
appello alla responsabilità
personale e a comportamenti
etici adeguati. Il mondo si
cambia a partire da noi stessi.
Finiamola con le lamentele,
aspettando che siano sempre
gli altri a intervenire. È tempo,
davvero, di rimboccarsi le
maniche, assumendosi le proprie responsabilità. A cominciare da chi
sta più in alto. Il senso di irresponsabilità, nel mondo del lavoro come
altrove, è un peccato grave perché danneggia altri, che ne pagano le
conseguenze. Chi froda è un ladro, non un furbo.
Pubblicato il 19 gennaio 2011 - Commenti (6)