di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
06 giu
Apprezzo molto il suo lavoro e il bene
che fa a tanti. Però, sfogliando gli ultimi
numeri di Famiglia Cristiana, ho notato
una vera esagerazione riguardo a questo
Papa, che tutti amiamo. Ma non dobbiamo
esagerare. Dire che «cambierà la Chiesa,
che convertirà e porterà tutti a Dio...»
mi pare esagerato. Come anche dedicargli
così tante pagine della rivista. Decisamente
troppe. Poi, con un sottinteso che non
approvo affatto: questo Papa sì, l’altro,
cioè Benedetto XVI, no.
Valerio T. - Ancona
Sono convinto che lo Spirito Santo sappia scegliere
come Papa la persona più adatta al proprio
tempo. In questi ultimi decenni abbiamo
avuto Pontefici santi e straordinari, certo ognuno
con la sua personalità, i suoi carismi e un
differente stile di governo della Chiesa. Se non è
corretto contrapporli tra loro, mi permetta caro
Valerio anche di gioire del dono di papa Francesco
e della speranza che ha suscitato nella Chiesa
e nel mondo intero. Non penso che stiamo
esagerando nell’attenzione che gli dedichiamo
come rivista. Ne sono conferma le folle così numerose
e festose a ogni sua udienza.
Pubblicato il 06 giugno 2013 - Commenti (14)
22 mag
È domenica mattina, sto seguendo il collegamento da piazza San Pietro
per il Regina Coeli. Osservo il Santo Padre sulla “papamobile”
muoversi tra la folla. D’improvviso si ferma e comincia a salutare, ad
abbracciare e baciare le numerose persone anziane, disabili in carrozzina.
In quel momento mi sono commosso, perché ho pensato «questo sì è un
vero uomo, ecco la misericordia di cui sempre papa Francesco parla. Ecco
un uomo pieno di Spirito Santo». Mi sono commosso perché, come
cristiano, cerco di vivere la mia vita quotidiana secondo il Vangelo di
Gesù. In particolare, cerco di scandire la mia giornata con la preghiera
e la recita del santo rosario, ma dentro mi sento inadeguato e peccatore.
Ho voglia di confessarmi per liberarmi da questo sentimento. Ora,
dal 13 marzo scorso, la mia fede ha una marcia in più e il caro
papa Francesco è un esempio da seguire. Ci voglio provare, anche
se non è semplice.
Ogni udienza ormai è un bagno di folla. Papa Francesco cerca il contatto fisico
con le persone che affollano piazza San Pietro, in special modo gli anziani,
i disabili e i bambini. È un vero pastore, che vuole sentire e portare addosso
l’“odore delle pecore”. Non si può assistere, senza commuoversi fino alle lacrime,
alla spontaneità dei suoi gesti di affetto con tutti. Come i baci ai bambini
o il chinarsi a raccogliere la borsa di un’anziana donna in carrozzella, emozionata
per la vicinanza del Papa. Uno stile pastorale diretto, a testimoniare
il Vangelo vissuto prima ancora che annunciato. E una sobrietà di vita per
farci comprendere che la povertà non va proclamata, ma incarnata in ogni
gesto quotidiano. Una Chiesa povera e dei poveri non è solo una bella definizione,
ma un impegno concreto da perseguire. E la povertà non è un accessorio
nella vita di un cristiano, ma un valore evangelico che caratterizza la novità
del messaggio di Gesù. La semplicità, l’umiltà e la povertà di papa Francesco
ci fanno presagire una Chiesa meno mondana e più spirituale, più attenta
agli ultimi che ai potenti. D’altronde, nella scelta impegnativa del nome
Francesco c’è già il programma del suo pontificato.
Pubblicato il 22 maggio 2013 - Commenti (2)
04 apr
«Eppure, il vento soffia ancora....»,
intonava una bella canzone ecologista
di Pierangelo Bertoli. In effetti,
sta soffiando e forte sia nella Chiesa che
nella politica italiana. È un vento francescano,
che porta gesti e parole semplici e
profonde, orientate alla sobrietà, alla
credibilità e al rispetto del creato. Un
vento che ci auguriamo continui a soffiare
perché il cambiamento si consolidi ed
entri nelle coscienze. Un cambiamento
che parla anche il linguaggio della tenerezza
che è, prevalentemente, declinato
al femminile. Di qui l’auspicio che questo
vento arrivi fino all’elezione di una
donna al Quirinale, che abbia a cuore la
libertà, lo Stato di diritto e la tutela dei
diritti umani e civili, specie di chi è più
fragile e vulnerabile.
Manlio R.
I gesti e le parole di papa Francesco ci
stanno mettendo in crisi, perché ci richiamano
il Vangelo da vivere nella
sua radicalità. Quel Vangelo che, se anche
l’abbiamo letto, non ispira certo i nostri
comportamenti e stili di vita, che sono
mondani e poco solidali. Forse, ne abbiamo
scolorito le pagine più impegnative,
quelle che ci scomodano e ci “comandano”
di amare il prossimo e anche il nemico.
È questo il comandamento fondamentale
del cristianesimo. È da ciò che si riconoscono
i seguaci di Gesù.
Una Chiesa povera
e per i poveri non è un accessorio per
la nostra fede, ma ne è il cuore.
Ce ne dà ampia testimonianza papa
Francesco, con il suo stile umile e semplice.
Per la prima volta, quest’anno, la Messa
del Giovedì Santo è stata celebrata in
un carcere minorile. E papa Francesco si è
cinto il grembiule per lavare i piedi a dodici
ragazzi, tra cui due donne e alcuni musulmani.
Al ragazzo che, con spontaneità,
gli ha chiesto «perché sei venuto qui?»,
papa Francesco ha risposto che è «qualcosa
che è venuto dal cuore». «Sono venuto»,
ha detto, dove sono quelli che mi aiuteranno
a essere umile e servitore come deve essere
un vescovo. Le cose del cuore non hanno
spiegazione, vengono solo».
E, a braccio, nell’omelia ha spiegato come
«chi è più in alto deve essere al servizio
degli altri». E che dobbiamo aiutarci l’uno
con l’altro, perché così ci faremo del bene.
A queste parole, ci verrebbe da dire: «Chi
ha orecchie per intendere, intenda». O come
ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere
della sera, parafrasando il famoso titolo
di un libro di Hemingway: «Quando suonano
le campane di San Pietro, non dobbiamo
chiederci se suonano per il Segretario
di Stato o per la Curia o per lo Ior; esse
suonano per noi». Oggi, più che mai, abbiamo
bisogno di una “Chiesa del grembiule”:
quella di papa Francesco.
Pubblicato il 04 aprile 2013 - Commenti (3)
21 mar
La lettera di un ragazzo di dodici anni al nuovo Papa.
Caro papa Francesco, la raggiungo attraverso
Famiglia Cristiana e il mio insegnante di religione
Sandro Pozza. Mi chiamo Francesco Bonifacio, ho dodici
anni e frequento la prima media presso l’Istituto
Filippin dei Fratelli della Dottrina Cristiana di Paderno
del Grappa, in provincia di Treviso.
Questa località è molto vicina al paese che ha dato
i natali a Pio X; le mie radici, poi, sono bellunesi e, quindi,
sono particolarmente legato a papa Giovanni Paolo I.
Tra l’altro, il mio cognome, Bonifacio, coincide con
il nome di un altro Papa... Adesso, papa Francesco,
sono particolarmente felice che lei abbia scelto il nome
Francesco per essere il “papà” di tutti noi. Pregherò perché
san Francesco volga a lei lo sguardo e allontani da lei ogni
eventuale idea futura di dimissioni. Sono sicuro che
san Francesco aiuterà lei ad affrontare con forza
la sua missione e con le sue preghiere aiuterà me
a crescere serenamente e in salute.
Spero con tutto il mio cuore che il suo papato duri
a lungo e dia buoni frutti e che Gesù la mantenga
sempre in buona salute.
Glielo auguro di cuore, papa Francesco, anche a nome
dell’altro mio compagno di classe con lo stesso nostro
nome, Francesco Santacroce, che vive pure lui
in un paesello ai piedi del Monte Grappa. A noi due
si aggiungono gli altri ottanta nostri amici e “colleghi”
compagni delle medie che, anche se non hanno lo
stesso nostro nome, stanno tifando per lei.
Ti vogliamo bene, papa Francesco!!!».
Francesco Bonifacio e Francesco Santacroce
Paderno del Grappa (Treviso)
Fin dalle sue prime uscite, papa Francesco,
in semplicità e umiltà, ci ha
mostrato un volto bello e gioioso
della Chiesa, quello vicino alla gente e ai
poveri. Ma ci ha indicato, soprattutto, di
volgere la nostra attenzione non sulla
sua persona di Papa, ma su Cristo “pastore
e cuore della Chiesa”. Nel suo primo Angelus
in piazza San Pietro, commentando
il Vangelo della domenica sull’adultera
che Gesù salva dalla condanna a morte,
secondo la legge di Mosè, ci manifesta anche
il volto di Dio, che è quello di un padre
misericordioso e paziente. «Dio non si
stanca mai di perdonarci, mai! Siamo
noi, a volte, che ci stanchiamo di chiedere
perdono. Lui è Padre amoroso che sempre
perdona, che ha quel cuore di misericordia
per tutti noi».
Parole semplici ed evangeliche, che fanno
bene a tutte le persone, credenti e non
credenti, soprattutto a chi ha il “cuore lacerato
e ferito” e, spesso, ha trovato solo
parole di condanna e di giudizio. La Chiesa,
prima di tutto, è “madre premurosa”.
E Dio è “padre prodigo” di misercordia,
che fa festa ogniqualvolta un figlio pentito
torna alla sua casa.
Pubblicato il 21 marzo 2013 - Commenti (2)
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