13
giu

Il Paese dei furbi non va lontano

Sono un abbonato. Non riesco a trattenere, solo per me, questa notizia che ho raccolto facendo visita a mia nuora, in provincia di Treviso. Un artigiano carrozziere, con un solo dipendente, allo scopo di approfittare della situazione presente, viene indotto dal commercialista consulente a porre in cassa integrazione l’unico suo dipendente. E lui così fa. Ma quell’operaio continua a lavorare in “nero” e lui incassa un doppio salario. Evviva la giustizia e l’onestà!

Mariano

Fino a quando il rispetto della legalità non farà parte del costume nazionale, difficilmente il Paese potrà riprendersi e cominciare a crescere e svilupparsi. La cultura della raccomandazione e il ricorso alla furbizia per aggirare le leggi o evadere le tasse sono un cancro per l’Italia. Merito e onestà sono, invece, il volano di un’economia sana.

Pubblicato il 13 giugno 2013 - Commenti (5)
12
giu

Don Gallo "prete scomodo"

Da sempre lettore della rivista apprezzo moltissimo gli editoriali di don Mazzi. Mai, però, sono rimasto così entusiasta come nell’occasione del ricordo di don Gallo. Una pagina stupenda, anche nella foto che lo ritrae con padre Alex Zanotelli. Due autentici “pazzi” per Gesù, come nella Chiesa ce ne vorrebbero tanti. A dire il vero, nelle missioni ce ne sono molti, ma i media non se ne occupano. E anche la Chiesa non vi dà un gran risalto. Non sono ben informato, ma mi pare che solo Famiglia Cristiana si occupi di questi preti. Soltanto sulla sua rivista troviamo articoli su questi preti o laici seriamente impegnati nell’aiutare la povera gente in ogni angolo del mondo! Spero tanto che papa Francesco, verso cui noi cattolici di base riponiamo tantissima fiducia e speranza, si accorga di questi “pazzi” per Dio e li additi come esempio autentico di Vangelo vissuto. Se non sbaglio, proprio san Francesco diceva: «Il Vangelo si diffonde anche senza la parola».

Antimo V.

Caro don Antonio, avete definito don Gallo profeta dei nostri tempi che «non potrà mai diventare santo dentro una Chiesa appiattita su comandamenti, precetti e codici». Mi scusi, ma la nostra fede non si fonda su ciò che Dio ha stabilito essere bene e male? Allora, com’è possibile che un sacerdote che ha agito in maniera manifesta contro i comandamenti di Dio e contro l’insegnamento della Chiesa possa essere così esaltato da alcuni cattolici? Che sia esaltato dai media laici mi pare normale, così strapperanno tanti applausi. Dove si trovi ora l’anima di don Gallo lo sa solo Dio, ma accostarlo in Paradiso a don Bosco (come avete scritto) è davvero stridente. Basta leggere cosa diceva don Bosco ai giovani circa la pericolosità del peccato mortale e di come fare il possibile per salvarsi l’anima.

Paolo G.

Don Gallo, anche da morto, continua a dividere la comunità ecclesiale tra quelli che lo consideravano un autentico interpete del Vangelo, vicino ai più derelitti della società, e quelli che non dimenticano certe sue prese di posizioni estreme, non sempre in linea col Magistero della Chiesa. Si può dibatterne a lungo. Mi piace, però, lasciare la parola a chi l’ha conosciuto davvero e per tanti anni, come don Luigi Ciotti, che aveva per don Gallo profonda amicizia e stima, ma anche differenze di vedute. Così don Ciotti l’ha ricordato al funerale: «Don Gallo ha rappresentato, nella sua vita lunga e generosa, la Chiesa che amo e nella quale mi riconosco. La Chiesa che non dimentica la dottrina, ma non permette che diventi più importante dell’attenzione per gli ultimi, per i dimenticati. Le sue parole pungenti, a volte sferzanti, nascevano sempre da un grande amore per la vita. È stato un sacerdote scomodo. Scomodo per quella politica che non serve la comunità ma interessi e poteri consolidati. Scomodo per quella Chiesa che viene a patti con quei poteri, scegliendo di non interferire, di non portare, insieme alla carità e alla solidarietà, la sveglia delle coscienze, di cui non c’è simbolo più esplicito del passaggio di Gesù su questa terra».

Pubblicato il 12 giugno 2013 - Commenti (3)
06
giu

Papa Francesco, non state esagerando?

Apprezzo molto il suo lavoro e il bene che fa a tanti. Però, sfogliando gli ultimi numeri di Famiglia Cristiana, ho notato una vera esagerazione riguardo a questo Papa, che tutti amiamo. Ma non dobbiamo esagerare. Dire che «cambierà la Chiesa, che convertirà e porterà tutti a Dio...» mi pare esagerato. Come anche dedicargli così tante pagine della rivista. Decisamente troppe. Poi, con un sottinteso che non approvo affatto: questo Papa sì, l’altro, cioè Benedetto XVI, no.

Valerio T. - Ancona

Sono convinto che lo Spirito Santo sappia scegliere come Papa la persona più adatta al proprio tempo. In questi ultimi decenni abbiamo avuto Pontefici santi e straordinari, certo ognuno con la sua personalità, i suoi carismi e un differente stile di governo della Chiesa. Se non è corretto contrapporli tra loro, mi permetta caro Valerio anche di gioire del dono di papa Francesco e della speranza che ha suscitato nella Chiesa e nel mondo intero. Non penso che stiamo esagerando nell’attenzione che gli dedichiamo come rivista. Ne sono conferma le folle così numerose e festose a ogni sua udienza.

Pubblicato il 06 giugno 2013 - Commenti (14)
05
giu

I nostri valori e Facebook

Dal 2007 sono un educatore dell’Azione cattolica e passo tutti i sabati in parrocchia con i ragazzi che, quest’anno, si preparano a ricevere la Cresima, che è “il sigillo dello Spirito Santo dato in dono”, per diventare testimoni di fede e del Vangelo di Cristo. Un tempo, la tecnica dell’ascolto funzionava meglio. Oggi non è facile farsi capire dai più giovani, soprattutto perché, fin dalla tenera età, sono bombardati di messaggi che arrivano dai media e dalla televisione. Molto più di quanto succedeva quando io ero bambino (ho quasi ventotto anni). Non si può generalizzare, perché ci sono anche bambini più attenti. Quel che vorrei chiederle è come far sì che i bambini ascoltino volentieri quello che noi educatori cerchiamo di trasmettergli, cioè i valori di fede ma anche quelli morali e civili. Anche questi sono importanti, perché senza regole non si prospetta un buon futuro per la società.

Marco G. - Prato

Oggi, non è facile trasmettere educazione e valori ai nostri ragazzi. Sono in difficoltà non solo i genitori, ma tutti coloro che hanno a cuore la loro educazione, come gli insegnanti a scuola, i sacerdoti, i catechisti e gli animatori nelle parrocchie. Ma sono i vecchi mass media, Tv e radio in particolare, e soprattutto i nuovi media, da Facebook a Twitter, a influenzare pesantemente il loro modo di pensare, imponendo modelli e stili di vita lontani dai valori e dalle logiche del Vangelo. Oltre a una rinnovata alleanza tra famiglia, scuola e parrocchia, va dedicata un’attenzione particolare alla Rete e, soprattutto, a come i nostri ragazzi la usano. Sono “nativi digitali”, ma la tecnica non è tutto.

Pubblicato il 05 giugno 2013 - Commenti (0)
30
mag

Imu, la presa in giro

Non condivido quanti dicono che la restituzione dell’Imu favorisce chi è più ricco. Sono figlia unica, con una madre molto malata e anziana. Ho venduto il mio appartamento per ristrutturare la vecchia casa di famiglia e farne due appartamenti. Ora, uno di questi risulta seconda casa perché è in comodato d’uso gratuito a mia figlia, quindi di Imu ho pagato 1.700 euro. Questi, me lo lasci dire, sono soldi “rubati”. Non siamo ricchi e mio marito da sei mesi non ha stipendio.

Grazia T.

Sull’Imu si sta tanto speculando, facendone una bandiera politica ed elettorale che rischia di mettere in crisi questo fragile e ricattabile Governo. A mio parere, non si può affrontare questo tema senza tenere presente un quadro più generale di riforme che davvero sollevino le famiglie dei carichi fiscali. È una presa in giro illuderle con l’abolizione dell’Imu, caricandole poi, direttamente e indirettamente, di tanti altri pesi ben più onerosi delle cifre che versano già per la casa. E, soprattutto, non si può affrontare questo tema senza mettere come premessa una maggiore equità e giustizia, perché ognuno concorra alle tasse secondo le proprie disponibilità. Oggi, purtroppo, c’è troppa disuguaglianza nel Paese. E questo è ingiusto.

Pubblicato il 30 maggio 2013 - Commenti (7)
29
mag

La nuova Chiesa dei poveri

Vorrei che mi aiutasse a capire quali sono gli scandali, veri o presunti, i “corvi”, le lotte di potere, le speculazioni e le beghe che hanno offuscato il volto della Chiesa, di cui avete scritto sulla rivista. O anche le “sporcizie” di cui anche lei parla. Perché si chiede al Papa di riformare la Curia? Mi verrebbe da pensare che voglia restare nella residenza Santa Marta per non dover frequentare persone che non lo meritano, ma non sarebbe da lui. Per non dover pensar male di tutti quelli, specie i cardinali, che sono attorno al Papa, ci dia indicazioni più chiare, per la fiducia e la stima che ho di lei.

Una vecchia abbonata
Conegliano (Tv)

La Chiesa è santa per sua natura, ma peccatrice perché è composta da uomini con i loro pregi e difetti. Ed è sempre da riformare, perché nel campo del Signore, assieme al grano, cresce la zizzania. Benedetto XVI, in più occasioni, ha espresso sgomento per «la veste e il volto così sporchi della Chiesa», vedendo come «nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi », e come «la nave della Chiesa naviga con vento contrario». Il nuovo corso di papa Francesco ci sta riconciliando con il volto bello della Chiesa.

Pubblicato il 29 maggio 2013 - Commenti (1)
23
mag

Il razzismo nello sport si combatte a scuola

Negli ultimi anni si sono verificati in Europa più di venti episodi gravi di razzismo nell’ambiente dello sport. Nella cultura moderna lo sport ha fatto della lotta alla discriminazione, non solo quella etnica, uno dei valori più alti contribuendo allo sviluppo di un concetto privo di pregiudizi. È la mancanza di un’educazione culturale che spinge l’individuo ad assumere atteggiamenti discriminatori. Bisogna iniziare dalla scuola, insegnando ai più piccoli il rispetto verso gli altri e sviluppando la conoscenza reciproca. Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”, ricordava al Giubileo del 1984 che «lo sport può recare un valido apporto alla coesistenza di tutti i popoli al di sopra di ogni discriminazione di razza, di lingua e di nazioni».

Angelo P. - Lecco

Gli sportivi, da parte loro, per la vasta popolarità di cui godono hanno una grande responsabilità, nel bene e nel male, con i loro atteggiamenti durante e al di fuori delle attività sportive. Tante campagne di solidarietà promosse da un noto personaggio dello sport hanno un’immensa forza trainante, perché i “tifosi” tendono a imitare i comportamenti del proprio idolo. Lo sport in quanto tale, quando si attiene ai princìpi della lealtà e della correttezza, è un volano e un moltiplicatore di “buoni sentimenti”. Per questo andrebbero stroncati sul nascere tutti quei fenomeni che “sporcano” lo sport. Tra questi, l’inciviltà e l’ignoranza rozza dei presunti tifosi che approfittano del tifo sportivo per sfogare il peggio dei loro istinti, con cori razzisti che dovrebbero indignare tutti.

Pubblicato il 23 maggio 2013 - Commenti (1)
22
mag

Con Francesco la mia fede ha una marcia in più

È domenica mattina, sto seguendo il collegamento da piazza San Pietro per il Regina Coeli. Osservo il Santo Padre sulla “papamobile” muoversi tra la folla. D’improvviso si ferma e comincia a salutare, ad abbracciare e baciare le numerose persone anziane, disabili in carrozzina. In quel momento mi sono commosso, perché ho pensato «questo sì è un vero uomo, ecco la misericordia di cui sempre papa Francesco parla. Ecco un uomo pieno di Spirito Santo». Mi sono commosso perché, come cristiano, cerco di vivere la mia vita quotidiana secondo il Vangelo di Gesù. In particolare, cerco di scandire la mia giornata con la preghiera e la recita del santo rosario, ma dentro mi sento inadeguato e peccatore. Ho voglia di confessarmi per liberarmi da questo sentimento. Ora, dal 13 marzo scorso, la mia fede ha una marcia in più e il caro papa Francesco è un esempio da seguire. Ci voglio provare, anche se non è semplice.

Ogni udienza ormai è un bagno di folla. Papa Francesco cerca il contatto fisico con le persone che affollano piazza San Pietro, in special modo gli anziani, i disabili e i bambini. È un vero pastore, che vuole sentire e portare addosso l’“odore delle pecore”. Non si può assistere, senza commuoversi fino alle lacrime, alla spontaneità dei suoi gesti di affetto con tutti. Come i baci ai bambini o il chinarsi a raccogliere la borsa di un’anziana donna in carrozzella, emozionata per la vicinanza del Papa. Uno stile pastorale diretto, a testimoniare il Vangelo vissuto prima ancora che annunciato. E una sobrietà di vita per farci comprendere che la povertà non va proclamata, ma incarnata in ogni gesto quotidiano. Una Chiesa povera e dei poveri non è solo una bella definizione, ma un impegno concreto da perseguire. E la povertà non è un accessorio nella vita di un cristiano, ma un valore evangelico che caratterizza la novità del messaggio di Gesù. La semplicità, l’umiltà e la povertà di papa Francesco ci fanno presagire una Chiesa meno mondana e più spirituale, più attenta agli ultimi che ai potenti. D’altronde, nella scelta impegnativa del nome Francesco c’è già il programma del suo pontificato.

Pubblicato il 22 maggio 2013 - Commenti (2)
16
mag

Ma tutta la scuola è pubblica

A due settimane dal referendum sui finanziamenti comunali alle scuole dell’infanzia paritarie di Bologna, andrebbe ricordato che, in base a una legge del 2000 voluta da Giovanni Berlinguer, queste scuole sono da considerarsi pubbliche come quelle comunali e statali. In tutta Europa le scuole pubbliche non statali di ispirazione laica o religiosa sono finanziate dallo Stato. In Italia ricevono modesti contributi, nonostante facciano risparmiare allo Stato circa sei miliardi di euro all’anno. A Bologna una scuola per l’infanzia paritaria costa al Comune 600 euro per bambino l’anno, quella comunale costa 6.900 euro. Basta con le guerre ideologiche!

Luca

A nessuno giova la guerra tra scuola pubblica e paritaria. Al di là del fatto che entrambe svolgono un ruolo pubblico, lo sforzo comune da fare è battersi per migliorare tutta la scuola, senza distinzioni.

Pubblicato il 16 maggio 2013 - Commenti (8)
15
mag

Nuovo Governo, primi brividi di sconforto

Carissimo don Antonio, in questi primi giorni del nuovo Governo sento brividi di sconforto nel mio cuore. Già il populismo avanza i suoi ricatti. Restituire l’Imu equivale a ridare tanto a chi ha già tanto, e poco o nulla a chi ha poco. Chi vive in affitto o chi non paga l’Imu perché ha una famiglia numerosa non riceverà alcun vantaggio dalla restituzione. Anzi, subirà inevitabili aumenti del costo dei servizi: mense e rette scolastiche, pasti e assistenza agli anziani... Perché, invece, non destinare quei quattro miliardi dell’Imu per far ripartire il lavoro e risolvere tanti problemi dei giovani e degli esodati? Un’attività produttiva è un volano che mette in moto un grande indotto. Lo Stato deve concentrare i suoi sforzi su un obiettivo di crescita, senza disperdere le risorse in tanti rivoli improduttivi. E poi, i ricchi che riceveranno tantissimo dalla restituzione dell’Imu, non consumeranno più di quanto già fanno. È facile, invece, che usino quei soldi per un week end all’estero, alla faccia del calo dei consumi interni! Con rispetto e solidarietà per il coraggio con cui sa affrontare tanti problemi cruciali della nostra società, le faccio i miei auguri per un impegno sempre più proficuo.

Loredana R.

Certo, questo Governo è frutto di un’emergenza, per l’impossibilità che una sola forza politica ha di guidare il Paese. In tempi normali, nessuno avrebbe mai pensato a mettere assieme forze che da vent’anni si sono contrastate, superando spesso e volentieri il regolare confronto, con insulti e delegittimazioni, quasi fossero nemici e non semplici avversari con idee diverse. Ma ora viviamo tempi eccezionali e si richiederebbe una dose altrettanto eccezionale di consapevolezza e responsabilità per salvare il Paese e dare speranza a tanti cittadini ormai allo stremo, in tutti i sensi. Eppure, già emergono nel Governo inutili impuntature su Imu e altro. Ognuno, con l’occhio ai sondaggi, guarda ai vantaggi elettorali che potrà trarre da ogni decisione. O anche dal far cadere, ancora una volta, il Governo. Siamo in perenne campagna elettorale, sordi agli accorati appelli del presidente Napolitano.

Pubblicato il 15 maggio 2013 - Commenti (2)
09
mag

Future mamme: troppo garantismo

Vorrei rispondere alla mamma che le ha scritto sulla sua situazione di donna incinta con un contratto non a tempo indeterminato (FC n. 16/2013). Come donna condivido il sentimento di rabbia e frustrazione per l’abuso di potere esercitato dai datori di lavoro. Come dipendente di una grande azienda dove, invece, sono le future mamme ad abusare dello stato di “donne incinte” e “puerpere” per i benefici che lo Stato riconosce loro, sono dalla parte dei datori di lavoro. Spesso si guarda solo ai diritti delle donne e non a quelli delle aziende che, in questo periodo di crisi, devono sopportare i costi della scelta affrettata di una dipendente ad avere un nuovo figlio. Viviamo in un Paese troppo garantista verso le donne, che pretendono, tra l’altro, la “parità” con l’uomo. Non ho mai provato la gioia d’essere madre, ma mi chiedo se sia giusto abusare della maternità “per farla pagare ai maschi”.

Laura

Cara Laura, faccio fatica a ritrovarmi nel tuo linguaggio. Anzi, non mi pare vero che una donna possa avere un concetto di maternità così poco rispettoso. Il lavoro è per l’uomo, non è l’uomo servo del lavoro. La vita è il bene più prezioso che abbiamo, e tutto deve ruotare, con armonia, attorno a essa. Il risentimento è cattivo consigliere.

Pubblicato il 09 maggio 2013 - Commenti (9)
06
mag

Una cuccia o un tetto?

Caro don Antonio, abbiamo appena rinnovato l’abbonamento. Siamo contente d’averlo fatto, perché la rivista ci comunica cose che altrimenti non avremmo occasione di sapere. Ma vorremmo farle un appunto: sono già due numeri che vediamo nell’ultima pagina di copertina una pubblicità per dare “duemila cucce ai cani”. Ha visto il telegiornale ieri sera? Una famiglia sul lastrico per aver perduto il lavoro, e il capofamiglia che tenta il suicidio viene salvato per miracolo. Beh! Non si dovrebbero ospitare queste pubblicità quando ci sono altri problemi molto più gravi di questi “trovatelli”. Siamo francescane, amiamo gli animali, ma molto più le persone che ora hanno bisogno di un tetto dove stare. Scusi queste parole, ma anche noi come piccola comunità cerchiamo di alleviare le sofferenze di coloro che bussano ogni giorno alla nostra porta. E siamo sicure che anche voi fate lo stesso. Pace e bene!

Suore francescane

Care sorelle, leggendo Famiglia Cristiana, vi siete soffermate sulla pubblicità delle cucce ai cani, ma non avevate bisogno di ascoltare la Tv per scoprire le povertà e le sofferenze di chi non ha un lavoro o delle famiglie disperate che non ce la fanno più. Bastava sfogliare lo stesso numero della rivista per comprendere il brutto momento che stiamo attraversando, tra vecchie e nuove povertà. Da tempo, e con forza, sollecitiamo chi ha responsabilità politiche a farsi carico dei più poveri e delle tante emergenze del Paese. Aver ospitato quella pubblicità non ci ha distolto dall’attenzione ai veri problemi della gente.

Pubblicato il 06 maggio 2013 - Commenti (1)
30
apr

Se noi preti fossimo esempio di povertà

Ho letto su Famiglia Cristiana (n. 16/2013) l’intervento di don Mazzi sulla Chiesa povera. Il cardinale Biffi sosteneva l’esatto contrario: la Chiesa deve essere ricca. E portava a dimostrazione la differenza tra il Battista e Gesù: questi era chiamato Signore, non vestiva peli di cammello ed era invitato a cena da personaggi di riguardo. Certo, Gesù non era ricco. Credo che il cardinale volesse mettere l’accento su una questione ancora oggi dibattuta. A mio parere, c’è un equivoco di fondo: lo sfoggio di ori, auto con autista e abiti lussuosi da parte degli alti prelati non è una bella testimonianza, specialmente per chi non crede. Ma parlare di svendere quadri, candelabri, mobili d’epoca... mi sembra fuorviante. Gli oggetti devozionali dei secoli passati non sono responsabili né della crisi né della fame nel mondo, come non lo è il Guercino conservato nella mia parrocchia. Sono stati donati per fini devozionali e devono mantenere la loro funzione, anche se confezionati con ori e pietre preziose. Utilizzarli per altri motivi sarebbe sacrilego. Per aiutare i poveri la Chiesa si liberi piuttosto di certe operazioni finanziarie, o venda beni che non hanno nulla a che vedere con la fede. Allo stesso modo, per ripianare il debito, lo Stato non può mettere all’asta gli oggetti preziosi dei musei per venderli ad americani o cinesi: si farebbe un torto alla nazione e si scatenerebbe la rivoluzione.

Marco

In concomitanza con la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, avete pubblicato un pezzo di don Mazzi che darà un notevole contributo alla crescita delle vocazioni! C’è da giurare che, grazie a quell’articolo, i seminari saranno presto presi d’assalto da giovani che non vedono l’ora di entrare nella “casta” di coloro che se la spassano fra gli ori delle chiese, gli agi delle case canoniche e tanti altri privilegi. Che si vuole di più dalla vita? Ma don Mazzi dove vive? Ma davvero conosce la vita dei preti? Non sa che quasi tutti i preti fanno da sacrestani, si cucinano da soli, stirano, lavano panni e pavimenti, e se si ammalano è un dramma? Lo sa che significa stare in una parrocchia per quarant’anni, quasi dimenticati, senza andare per salotti televisivi e senza una vacanza di una sola ora al mese? Ho una foto con lui a Cortina d’Ampezzo, dove passeggiava con i Vip (io ero di passaggio con i miei giovani per una gita): quel soggiorno gliel’hanno regalato o l’ha pagato di suo? E i poveri? Vendere, poi, i calici: a chi? Ai rigattieri? In questa crisi, tante famiglie vengono a bussare alle porte delle parrocchie e nessuno se ne torna indietro senza aiuto. E con i magri fondi della Caritas, spesso mettiamo mano al nostro portafoglio, senza far tante storie. E per un prete che invita a rubare, si fa giustizia sommaria di tutti? Ma che Vangelo è questo di don Mazzi, non nuovo a mostrarsi primo della classe e dar pagelle a tutti i confratelli? Anche questa mia lettera è brutta, certo. E non merita di essere ospitata. Ma Famiglia Cristiana non batte ciglio su quella di don Mazzi. E speriamo che mi si dica che non ho capito lo spirito della nota, e che ho interpretato male. E ti pareva? Con ossequi.

Don Gino

Caro don Antonio ti scrivo due righe e se troverai tempo mi risponderai a titolo personale, visto che hai avuto la bontà di pubblicare già due mie e-mail sulla rivista. Mi chiedo: chi siamo noi cristiani? Fino al giorno prima che fosse eletto papa Francesco, sentivo tutti (anch’io tra questi) criticare la gerarchia per il lusso che è in netto contrasto con il Vangelo. Ora, invece, mi tocca sentire critiche per le rinunce che ha fatto papa Francesco. Nella mia famiglia, come in tantissime altre, si è aperto il cuore quando abbiamo sentito parole che aspettavamo da tanto tempo. E che dobbiamo fare nostre per non “tradire” il Vangelo.

Guido B.

Non sono il difensore d’ufficio di don Mazzi e avrei potuto far rispondere direttamente a lui alle contestazioni mosse al suo intervento su Famiglia Cristiana (n. 16/2013) dal titolo “Che bello se tutti noi preti fossimo esempio di povertà”. Ma non vorrei che la polemica si riducesse a una questione personale, di accuse e controaccuse rispetto a stili di vita, comparsate televisive e frequentazioni di Vip, e perdessimo di vista il vero tema del dibattito. Al di là delle provocazioni e dei paradossi, don Mazzi da sempre è sulla stessa onda di papa Francesco che, appena eletto, ha detto: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri». Possiamo disquisire quanto vogliamo su quale sia il significato della povertà, ma la sobrietà negli stili di vita e la concreta vicinanza ai poveri sono nel cuore del Vangelo. Credo che don Gino sia vicino a don Mazzi più di quanto non immagini. In fondo, al netto dei paradossi, entrambi vogliono una Chiesa povera.

Pubblicato il 30 aprile 2013 - Commenti (16)
29
apr

Misericordia della Chiesa e giudizi umani

Sono un lettore da quando sono nato. Famiglia Cristiana è sempre stata presente in casa mia. Ora ho cinquantadue anni, sposato con tre figli, tutti “bravi ragazzi” per fortuna. Assieme a mia moglie Emanuela stiamo cercando di educarli al meglio, fra l’altro insegnando loro il valore della “verginità”. Parola non più in uso, anzi fuori moda oggi. Non mi considero un “vecchio cattolico”, cerco di stare al passo con la vita moderna. E dialogare con le nuove generazioni, sempre nel rispetto della dottrina cattolica. Ma c’è un “ma”: Famiglia Cristiana, che dovrebbe difendere questi valori, dà spazio a una storia dal titolo “Così papa Bergoglio ha benedetto il nostro Raffaele” (n. 14/2013), dove si racconta la storia di Marco e Sara e del loro piccolo che portano le offerte al Papa durante le celebrazioni pasquali in San Pietro. Niente di strano, anzi evviva, è un inno alla vita e alla famiglia... Ma poi leggo: «Quando abbiamo scoperto di aspettare Raffaele, io e Sara non eravamo ancora sposati». Poi si è regolarizzata la questione, c’è stato il matrimonio – bene aggiungo io –, ma farli diventare “eroi” o modello di “sacra famiglia” mi è sembrato eccessivo. Si dà l’idea che la Chiesa sia favorevole ai rapporti prematrimoniali! Non voglio far polemiche, ma i giornali cattolici non possono ignorare i valori. La scelta della coppia per un articolo così importante andava ponderata meglio.

Giovanni C.

Neanch’io voglio far polemiche,ma questa tua lettera, caro Giovanni, mi amareggia. Primo perché ti fai giudice di quella giovane coppia, senza conoscerne la storia e il cammino di crescita cristiana. Con lo stesso criterio, per te non si salverebbe nessuno nella Chiesa. Neppure un santo come Agostino di Ippona, di cui dovresti conoscere il passato prima della conversione. Il Vangelo ci insegna a non giudicare per non essere giudicati. E guai a ritenersi giusti, disprezzando gli altri. Dio legge nel cuore, difficile poterlo ingannare. Come ci mostra papa Francesco, Dio è così misericordioso che anche quando ci giudica ci ama. E non si stanca mai di perdonarci. La perfezione cristiana è una meta, non un dato acquisito in partenza. I conti si fanno alla fine.

Pubblicato il 29 aprile 2013 - Commenti (0)
24
apr

I miei fratelli e l'odore dei soldi

Circa due anni fa è mancato mio padre. Nell’ora finale, accanto a noi figli c’era il suo badante peruviano. Quest’uomo si è sempre comportato bene, anche in seguito con mia madre. La sera del decesso, l’ho visto piangere. In questi mesi, però, ho sentito spesso mio fratello insultarlo per il colore della pelle. E mia sorella gli controllava il cibo. Tenga presente che stava con mia madre notte e giorno. I miei fratelli conoscono solo l’odore dei soldi, non hanno amici né affetti. Capita che maltrattino mia madre ottantenne, che non riesce a farsi rispettare come un tempo. Ora, senza preavviso, hanno licenziato il badante, gettandolo nella disperazione perché gli è scaduto il permesso di soggiorno. Come posso credere ancora nella famiglia?

Marinella - Torino

L’odore dei soldi può tramutarsi in lezzo insopportabile. L’avidità e l’egoismo riempiono la casa di beni, ma svuotano il cuore di umanità. Gli amici e gli affetti non si comprano col denaro. E il destino degli avari e degli sfruttatori è languire nell’abbandono, dimenticati da tutti. «Chi semina vento raccoglie tempesta». Ma la famiglia è altra cosa. E tu dove sei?

Pubblicato il 24 aprile 2013 - Commenti (2)

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Don Sciortino risponde

Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

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